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Disturbo della quiete pubblica in condominio per testimonianza di un passante

Condòmino rumoroso condannato per disturbo della quiete pubblica in base alla testimonianza resa da un passante che percorreva una strada esterna al condominio.
Pubblicato il

Condanna per disturbo della quiete pubblica in condominio


Disturbo sonno delle persone in condominioQuante volte abbiamo sentito parlare di disturbo della quiete pubblica e del riposo delle persone all'interno del condominio?

Tutti sappiamo, anche per esperienza personale, che il rumore è uno dei problemi più assillanti nella convivenza in condominio.

Qualche volta il disturbatore finisce in tribunale e per giunta dal giudice penale, come nel caso in parola.

Il contenzioso in materia è infatti assai numeroso, tra le ultime sentenze vi è quella qui in commento, la n. 9361 depositata l'1 marzo 2018 della Corte di Cassazione, sezione III penale.

In tale sentenza la Corte ha confermato la condanna emessa dal Tribunale nei confronti di un condòmino per disturbo della quiete pubblica.

Il fatto contestato all'uomo consiste nell'avere disturbato il riposo dei condòmini con rumori, urla e schiamazzi emessi nella notte all'interno, appunto, di un condominio.

La bravata gli costa un'ammenda di 100 euro, per contestare la quale il condòmino ricorre in Cassazione.

Prima di procedere con l'analisi della sentenza, premettiamo alcuni cenni circa la figura di reato di disturbo della quiete pubblica.

Ricordiamo che gli illeciti penali, cioè i reati, sono solo quelli normativamente previsti.

Cioè, si può subire una condanna per reato di disturbo della quiete pubblica, perché ciò è previsto dal codice penale: tale tipo di condotta, alle condizioni previste del codice, o, detta in termini giuridici, qualora sussistano gli elementi costitutivi della fattispecie normativamente prevista, è un reato, appunto, la cui condanna spetta al giudice penale.

Insomma, la condanna penale non si subisce per aver disturbato il sonno delle persone, se quel disturbo non è sanzionato dall'ordinamento come reato.

Per completezza, aggiungiamo in sintesi che un discorso simile vale per gli illeciti amministrativi, mentre è diverso per gli illeciti civili, dove la responsabilità si fonda essenzialmente sulla previsione di cui all' art. 2043 del codice civile, secondo il quale:

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno art. 2043 c.c.


In tal caso, come si legge, il fatto che dà origine all'obbligo di risarcire il danno può essere qualunque; non è quindi individuato dalla norma: come si dice in termini tecnici, non è tipizzato.


Reato di disturbo della quiete pubblica


Distirbo della quiete pubblicaPrecisamente, la previsione normativa è all'art. 659 del codice penale, intitolato Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.) inserito nella sezione dedicata anche alle contravvenzioni concernenti la tranquillità pubblica, secondo cui:

Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a 309 euro.

Si applica l'ammenda da 103 euro a 516 euro a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità (art. 659 c.p.)


Dunque, essenzialmente, elementi costitutivi del reato sono: la condotta indicata, il dolo o la colpa, e per quanto qui interessa, il disturbo alle occupazioni o al riposo delle persone.

Tale disturbo, secondo la giurisprudenza, come vedremo, deve risultare idoneo a colpire una quantità diffusa e indeterminata di persone, a prescindere da quanti se ne lamentino in concreto.


Motivo del ricorso in cassazione


Con un unico motivo di ricorso il condòmino contesta la sentenza di condanna del tribunale per non avere questo accertato il livello di tollerabilità dei rumori, ovvero l'idoneità degli stessi ad arrecare il disturbo della quiete pubblica, laddove, spiega infatti il ricorrente, l'illecito contestatogli è un reato di pericolo concreto, che cioè richiede la prova in concreto dell'idoneità al disturbo ad un numero indeterminato di persone.

Manca invece, secondo il ricorrente, l'analisi di elementi atti a dimostrare il pericolo concreto, quali la posizione della fonte sonora, in particolare se si trova in un posto isolato oppure densamente abitato, l'esistenza di eventuali rumori atti ad annullare o amplificare i rumori contestati, la costanza e l'intesità di questi ultimi.


Potenziale idoneità al disturbo


Nel rigettare il ricorso, la sentenza n. 9361 premette che il reato ascritto al ricorrente è univocamente considerato dalla giurisprudenza di legittimità come un reato di pericolo presunto: ciò significa che per l'integrazione del reato è sufficiente che le emissioni sonore siano qualificate come potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indeterminato di persone, in base al criterio della normale tollerabilità, e dunque, indipendentemente da quanti in concreto si possano lamentare (cita sul punto vari precedenti).


Interesse tutelato dall'art. 659 c.p.: la pubblica quiete


In questo caso, spiega la Corte, l'interesse tutelato dalla norma codicistica è quello della pubblica quiete: perché quindi si possa dire che si è verificata la fattispecie sanzionata dalla norma in parola, deve risultare dagli accertamenti una diffusività dei rumori tale da essere potenzialmente atti a colpire la collettività.

Rumore in condominio

E per collettività, aggiunge la Corte, bisogna intendere anche il gruppo di coloro i quali

si trovino nell'ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l'entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 - dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 23329001) (Cass. 9361/2018).



Non necessità della consulenza tecnica


La Corte esclude, citando anche un precedente, la necessità dell'accertamento della fattispecie criminosa, in particolare del superamento della soglia di tollerabilità, mediante perizia o consulenza tecnica, ove siano presenti elementi probatori di diversa natura da cui il giudice può trarre la conclusione circa la sussistenza di un fenomeno atto a integrare la fattispecie di cui all'art. 659 c.p., occorrendo comunque che sia accertata la diffusa capacitàoffensiva del rumore nel caso concreto; tali elementi possono essere rappresentati dalle dichiarazioni di coloro che riferiscono caratteristiche ed effetti dei rumori.

Nella specie, l'elemento probatorio era stato fornito dalla dichiarazione di un appuntato che aveva percepito il rumore nel mentre percorreva la strada posta all'esterno del condominio dal cui interno provenivano, appunto, urla e rumori di vetri o altri oggetti rotti.

L'appuntato aveva poi chiamato le forze dell'ordine.

Dalla testimonianza resa dall'appuntato il tribunale aveva desunto l'idoneità dei rumori prodotti, percepibili dall'esterno dell'edificio condominiale da cui provenivano, ad arrecare disturbo al riposo a un numero indeterminato delle persone all'interno dell'edificio condominiale stesso, cioè i condòmini residenti o altre persone che comunque si trovavano all'interno dell'immobile e non solo agli occupanti degli immobili posti nelle immediate vicinanze del condòmino rumoroso.

Il fatto poi che il tutto sia stato compiuto di notte non aiuta certo la posizione del ricorrente, anzi, si aggiunge all'intensità delle emissioni sonore: in quel momento, insomma, senza ogni dubbio le persone erano al riposo.

Dunque, la Corte di Cassazione, che non può effettuare una nuova valutazione dei fatti, ma deve valutare la legittimità della sentenza impugnata, conferma nel caso di specie la sentenza del tribunale, rigetta dunque il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Condòmino e disturbo della quiete: la condanna da una testimonianza
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