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Chi fa eseguire i lavori edili nel proprio appartamento assume la veste di committente in relazione al contratto quasi sempre di appalto, nei residui casi d'opera, che s'instaura con l'appaltatore, oppure, il prestatore d'opera nei casi residui.
Il proprietario committente, salvo casi particolari dei quali parleremo anche qui di seguito, è poi responsabile verso terzi dei danni derivanti dalla sua proprietà. Si tratta della responsabilità per danni da cose in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c.
Chiaramente, laddove la responsabilità possa ascriversi a condotta dell'appaltatore, questo potrà essere chiamato in causa per manlevare il proprietario/committente; in talune ipotesi potrebbe addirittura trattarsi di esclusiva responsabilità dell'appaltatore. Ipotesi residuale è, poi, quella della esclusiva responsabilità del committente, di cui si dirà dopo.
Il caso più comune, tuttavia, e quello che riassumiamo come topica delle tante situazioni comuni: il mio è stato danneggiato da una perdita d'acqua durante lavori eseguiti da una ditta edile in un appartamento un piano sopra il mio.
Le infiltrazioni hanno causato danni a due stanze con forte fioritura di muffa alle pareti e soffitto ed ancora deterioramento degli infissi presenti nella zona delle infiltrazioni nonché danni alcuni oggetti e arredi. In questa situazione chi è responsabile? L'impresa? Il proprietario? E se l'assicurazione risarcisce solo in parte il danno?
Il custode di un bene è responsabile dei danni che da questo dovessero derivare a terzi.
Si tratta, come dice la Cassazione ormai da qualche anno, di una ipotesi di responsabilità oggettiva: il custode paga perché è tale non perché ha colpe (Cass. 20 maggio 2009 n. 11695).
Chi è il custode? Anche qui ci giunge in soccorso l'opera interpretatrice della giurisprudenza. Secondo la Cassazione è custode chi esercita potere effettivo, dinamico ed esclusivo sulla cosa, dovendo con ciò intendere una potestà di fatto che consente l'esclusione di ogni altro soggetto (ad es. Cass. 20 novembre 2009 n. 24530).
A dire il vero non è escludibile una responsabilità concorrente, laddove lo specifico caso potesse lasciare intendere una presenza di più soggetti annoverabili in tale categoria; ipotesi quest'ultima, che va valutata caso per caso e che proprio nei danni da lavori edili in appartamento può trovare una rappresentazione concreta.
Nel caso dei danni per lavori in appartamento, magari proprio dei danni da infiltrazioni, si può ipotizzare un concorso di colpa tra appaltatore e proprietario.
Si pensi all'appaltatore, cioè alla ditta edile che esegue i lavori, che restituisce le chiavi dell'appartamento al proprietario al termine della giornata, o che non avendo le chiavi chiude la porta andando via. In questi casi, la custodia è in capo al primo fino a che ha la sua disponibilità, ma verso terzi il responsabile per il periodo successivo e magari per l'aggravamento del danno diviene il secondo. Circostanze e ipotesi che, giova ripeterlo, vanno valutate caso per caso.
Se verso l'esterno, nei casi di danni derivanti da lavori edili in appartamento è sempre responsabile, salvo particolari casi, il proprietario (committente), nei rapporti interni, difficilmente l'appaltatore (ditta edile) potrà andare esente da colpe.
La sua è una responsabilità di natura contrattuale verso il committente derivante direttamente dall'assunzione dell'obbligo di eseguire un'opera con gestione a proprio rischio (art. 1655 c.c.).
Errare nella esecuzione vuol dire essere inadempiente e dover pagare i danni.
È certamente un errore essere la causa di infiltrazioni in proprietà altrui, ovvero cagionare altro genere di danni, da lesioni dell'intonaco a distacchi di quadri dalle pareti per le eccessive vibrazioni, ecc. Tecnicamente quella dell'impresa è una responsabilità verso terzi ai sensi dell'art. 2051 c.c. se essa ha la custodia del cantiere, ovvero ai sensi dell'art. 2049 del medesimo codice.
Si badi: scorrendo la casistica giurisprudenziale, si evince che l'appaltatore è da ritenersi unico responsabile verso terzi dei danni cagionati in occasione della esecuzione delle opere, con una corresponsabilità del proprietario solamente in caso di omessa vigilanza ovvero di scelta erronea nell'affidamento dei lavori a impresa non adatta (così dette culpa in vigilando e culpa in eligendo, Cass. 25 gennaio 2016 n. 1234).
Ciò porterebbe a dover mettere in dubbio quanto fin qui detto in relazione alla responsabilità del custode. Ad avviso di chi scrive, in linea generale e di principio non può escludersi che il proprietario di una cosa non sia responsabile dei danni da essa derivanti anche se in occasioni di lavori in appartamento: è la casistica concreta che può lasciare concludere in un modo o nell'altro. Si pensi solo al fatto che molto spesso i cantieri vedono la presenza di un direttore dei lavori che, come rappresentante tecnico del committente, sicuramente valuta e controlla l'operato dell'impresa.
Esiste poi una ipotesi, anche questa da valutarsi in concreto, che esclude a monte la responsabilità dell'appaltatore.
Si tratta del caso questo debba essere considerato un semplice esecutore di ordini del committente, in quanto tale privo di autonomia; in gergo tecnico si fa ricorso al brocardo latino nudus minister per descrivere questa particolare condizione (Cass. 17 febbraio 2012, n. 2363).
Resta comunque il fatto che l'esclusione di responsabilità non si estende a quei casi in cui l'ordine è tale da risultare palesemente errato: in tal caso la ditta edile ha diritto di rifiutare di eseguirlo, senza andare incontro a responsabilità.
Se i lavori edili causano danni in altri appartamenti, dunque, la situazione può essere così descritta:
- si valuta la posizione del proprietario/committente, perché in quanto tale egli è custode del bene e potrebbe essere ritenuto responsabile, a meno che la custodia non sia passata esclusivamente nella sfera dell'appaltatore;
- si valuta la posizione della ditta edile esecutrice dei lavori, in quanto custode o padrona nell'accezione di cui all'art. 2049 c.c.;
- si chiedono i danni a chi appare essere il responsabile quindi ad uno o a entrambi i soggetti.
Se viene chiamata in garanzia un'assicurazione questa interviene in favore dell'assicurato, non del danneggiato, sicché laddove il risarcimento non dovesse essere considerato sufficiente egli avrebbe diritto a trattenerlo in acconto, potendo proseguire nell'azione.
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