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Ogni immobile posseduto dal contribuente produce generalmente un reddito che concorre alla formazione di quello complessivo da assoggettare a IRPEF.
Il reddito relativo a tali immobili dovrà necessariamente essere indicato nella dichiarazione dei redditi. Esso è costituito, a seconda dei casi, dalla rendita catastale rivalutata o dal canone d'affitto qualora l’immobile sia stato concesso in locazione.
Occorre, infine, tenere distinto il caso in cui l’immobile sia destinato ad abitazione principale da quello in cui esso è stato dato in affitto oppure è semplicemente a disposizione del proprietario che vive altrove.
Una volta entrati in possesso dell'immobile, questo produce un reddito che deve essere dichiarato.
Prima di addentrarci nel merito di quella che è la posizione fiscale di chi risulta proprietario di un immobile divenuto abitazione principale occorre darne una definizione.
Ai fini IRPEF è tale quella in cui il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado) hanno stabilito la residenza anagrafica.
Per quanto concerne la tassazione IRPEF occorre subito specificare che è vero che anche l'abitazione principale concorre alla formazione del reddito complessivo, tuttavia il contribuente titolare di tale immobile beneficia di una deduzione fiscale.
Di cosa si tratta?
Per deduzione fiscale intendiamo una riduzione del reddito complessivo che verrà abbattuto della rendita catastale dell’immobile e delle sue pertinenze rapportata alla quota di possesso dell’immobile e al periodo dell’anno nel quale l'immobile ha costituito abitazione principale del contribuente.
Da quanto evidenziato possiamo concludere che l’abitazione principale e le sue pertinenze non hanno effetti diretti sull’IRPEF poiché il reddito da essi prodotto (la rendita catastale) viene neutralizzato a seguito della deduzione di pari importo che viene riconosciuta.
La deduzione spetta, infine, anche nel caso in cui si trasferisce la propria dimora abituale per il ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, purché la casa non venga locata.
Nel caso in cui l’immobile posseduto venga dato in locazione e dunque non costituisca abitazione principale per il titolare si possono verificare due situazioni differenti.
Il locatore può scegliere di non far cumulare i canoni derivanti dal contratto di affitto con gli altri suoi redditi sul cui totale andrà calcolata l’IRPEF.
Opterà in questa ipotesi per il regime fiscale della cedolare secca.
Quando si parla di cedolare secca si intende un regime facoltativo e sostitutivo che si sostanzia nel pagamento di un'imposta alternativa all'IRPEF e alle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell'immobile).
A seconda del tipo di contratto sottoscritto, l'aliquota dell'imposta sarà pari al 21% per i contratti a canone libero o al 10% per i contratti a canone concordato.
Se si sceglie questo regime, non andranno pagate l'imposta di registro e l'imposta di bollo.
Attenzione: la scelta della cedolare secca comporta da parte di chi se ne avvale la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell'opzione, l'aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall'Istat dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell'anno precedente.
Questa opzione non esclude il pagamento dell’IMU sulla seconda casa.
Quando non è possibile o non si desidera scegliere il regime fiscale della cedolare secca, il reddito del fabbricato locato sarà costituito dall'importo maggiore fra:
Questo valore viene dunque assoggettato ad Irpef.
È importante sottolineare da ultimo che, nel caso in cui l'immobile viene concesso in affitto, nella dichiarazione dei redditi deve essere indicato il canone di locazione, anche se non è stato percepito effettivamente per morosità dell’inquilino.
Soffermiamoci ora su una terza ipotesi, ovvero quella per cui la casa posseduta dal contribuente (ovvero la sua seconda casa) non sia stata concessa in locazione.
L'immobile resta dunque a disposizione del suo titolare. Possono prospettarsi due differenti ipotesi.
Se esso si trova nello stesso Comune in cui è situata l’abitazione principale del contribuente le imposte da pagare sono pari al 50% della rendita catastale rivalutata del 5% aumentato di un terzo. La seconda casa contribuirà alla formazione del reddito imponibile Irpef del proprietario solamente per una quota parte del suo reddito fondiario.
Cambiano le cose qualora la casa non affittata si trovi in un Comune diverso da quello dell’abitazione principale del contribuente poiché l’unica imposta dovuta su tale seconda casa è l’IMU, l'imposta municipale unica, in un’ottica di alternanza tra IMU e Irpef.
Dalla cessione a titolo oneroso di un immobile può derivare una plusvalenza, ossia una differenza positiva tra l'incasso della vendita percepito nell'anno e il prezzo di acquisto dell'immobile ceduto.
Questo valore, se deriva da una cessione a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni è considerato come uno dei redditi appartenenti alla categoria redditi diversi e come tale va tassato con le normali aliquote IRPEF.
Esso concorre a formare il reddito imponibile.
Chi vende un bene immobile può richiedere al notaio, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 26%.
Si tratta in sostanza di un sistema alternativo a quello ordinario su richiesta del venditore e previa dichiarazione resa dal notaio.
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