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Il regolamento condominiale è quel documento che consente di disciplinare aspetti importanti della vita del condominio. Esso contiene importanti disposizioni alle quali fare riferimento per prevenire spiacevoli contrasti tra condomini.
In particolare, come stabilito dall'articolo 1138 del codice civile che costituisce normativa di riferimento in materia, il regolamento del condominio deve contenere norme relative a:
Più in generale, in esso vengono affrontate tutte quelle questioni afferenti le relazioni tra condomini, al fine di evitare inutili liti.
Ricordiamo che il regolamento condominiale è obbligatorio solo in presenza di almeno 10 condomini e deve essere approvato dall'assemblea condominiale con maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 codice civile, come vedremo più avanti.
Può succedere che con il trascorrere del tempo le esigenze dei condomini possano modificare, a seguito del sopraggiungere di nuove situazioni. In tal caso si rendere necessaria la revisione del regolamento.
In questa sede vedremo come si debba procedere per rimettere mano a un regolamento già in vigore da tempo. Quali sono le regole per poter modificare una clausola o l'intero regolamento?
È necessaria l'unanimità dei condomini o è sufficiente una maggioranza?
Al fine di poter entrare nel merito del discorso è necessario partire da alcune considerazioni preliminari. Occorre infatti innanzitutto soffermarsi sulla natura giuridica del regolamento e delle clausole in esso contenute.
Per comprendere in quali casi possa parlarsi di regolamentocontrattuale, facciamo riferimento a quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 17694 del 14 agosto 2017.
Secondo la Corte Suprema solo in due casi il regolamento condominiale ha natura di contratto:
- quando vengono limitati dei diritti di condomini sulle loro singole proprietà o in relazione alle parti comuni;
- quando si conferiscano a taluni condomini maggiori diritti rispetto ad altri.
Il fatto che in queste due fattispecie il regolamento abbia natura contrattuale sta a significare che per la sua formazione è necessario il consenso di tutti i condomini.
Alla stessa conclusione si deve giungere nel momento in cui il regolamento di condominio contenga solo talune clausole aventi natura contrattuale.
Nel caso invece in cui il regolamento si limiti a disciplinare le modalità di utilizzo e godimento delle parti comuni, la ripartizione delle spese, la tutela del decoro dell'edificio, ad esso si dovrà riconoscere natura assembleare. Significa che in tal caso non è richiesta l'unanimità dei consensi ma è sufficiente la maggioranza dell'assemblea.
Come stabilito dalle sentenze della Corte di Cassazione numero 8216/2005 e 21289/2004, in queste ipotesi ci si limita a regolamentare degli aspetti meramente organizzativi relativi alla compagine condominiale e non si richiede l'unanimità. Trattasi, insomma, di regolamento cosiddetto ordinario o assembleare e non di regolamento contrattuale.
Vedremo in seguito come l'individuazione della tipologia di regolamento sia determinante al fine di stabilire le modalità per poter effettuare la revisione del regolamento.
Al di là di quella che è la differenza teorica tra le due tipologie di regolamento dovuta alle disposizioni in esso contenute, soffermiamoci ora su quella che è la procedura per poter addivenire alla formazione del regolamento e alla sua successiva revisione.
Come si forma un regolamento condominiale? Spesso è il costruttore dello stabile, per prassi consolidata, al termine dei lavori di edificazione, a provvedere alla redazione del documento, per il tramite di persona competente. Al momento del rogito notarile i singoli acquirenti dovranno accettare il documento in ogni sua parte, mediante sottoscrizione dello stesso.
Il regolamento viene infatti allegato all'atto di compravendita stipulato da ciascun condomino.
Nell'ipotesi descritta dalla legge all'articolo 1138 codice civile, il regolamento viene votato dall'assemblea a maggioranza degli intervenuti, poiché essi rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio. Una volta approvato, il regolamento deve essere allegato al registro di cui al numero 7) dell'articolo 1130 codice civile (ossia il registro dei verbali di assemblee).
In questo caso il regolamento si forma successivamente alla costruzione dell'edificio.
Può succedere infatti che l'edificio in origine non abbia 10 condomini ma solo in prosieguo, a seguito magari di frazionamenti, si raggiunga il numero minimo affinché sia obbligatoria la presenza di un regolamento.
Nel corso della vita condominiale può rendersi necessario apportare delle modifiche al regolamento condominiale o solo ad alcune delle sue clausole. Qual è la maggioranza necessaria per la modifica che può riguardare una o più clausole oppure l'intero regolamento? Quali sono le modalità per dare avvio alla revisione?
Partiamo con l'individuare il soggetto a cui spetta l'iniziativa per poter dare attuazione alla revisione.
Il comma 2 dell'articolo 1138 codice civile afferma che ciascun condomino ha la facoltà di prendere l'iniziativa in merito alla formazione di un regolamento o alla revisione di quello già esistente.
Il condomino potrà avanzare una semplice richiesta all'amministratore dello stabile, affinché venga convocata l'assemblea deliberante, oppure potrà direttamente convocare l'assemblea dando le adeguate specifiche in ordine alle modifiche da apportare.
Il condomino non è l'unico a potersi attivate per procedere alla revisione del regolamento.
Esso potrà essere modificato su iniziativa dell'amministratore il quale, in qualità di gestore della vita condominiale potrà reputare necessaria la variazione di alcune delle disposizioni.
Ad esempio potrà essere opportuno inserire delle sanzioni, riscrivere delle clausole di non chiara interpretazione che necessitano di una modifica.
Si ricorda che le norme del regolamento condominiale non devono in alcun modo ledere i diritti di ciascun condomino risultanti dagli atti di acquisto e dalle convenzioni e non possono in alcun modo modificare norme ritenute dalla legge inderogabili. Le norme del regolamento non possono impedire il possesso o la detenzione di animali domestici.
Nel caso si proceda con la revisione del regolamento condominiale è necessario adottare la forma scritta in presenza di regolamento contrattuale, come affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza 30/12/99 n. 943.
La differenza tra regolamento condominiale contrattuale e assembleare è una differenza di contenuto. Come stabilito dalla Corte Suprema con la sopracitata sentenza a Sezioni Unite, le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall'originario proprietario dell'edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l'uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare.
Ne consegue che, ed è questo l'aspetto che più ci interessa, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall'unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una decisione dell'assemblea, adottata con la maggioranza degli intervenuti che rappresentino la metà dei millesimi dell'edificio.
Dunque a determinare la contrattualità dei regolamenti (e le connesse modalità di revisione) sono esclusivamente le clausole volte a limitare i diritti dei condomini. Si pensi al divieto di poter utilizzare la propria unità immobiliare come studio radiologico o altro. Lo stesso in caso di clausole che attribuiscano maggiori diritti a taluni condomini.
Da quanto sopra esposto emerge che un regolamento predisposto dal costruttore, dal proprietario originario o comunque dai condomini all'unanimità, non necessariamente è un regolamento contrattuale in quanto non sarà tale se si limiterà unicamente a disciplinare l'uso delle parti comuni. In tal caso continuerà a trovare applicazione quanto stabilito dall'articolo 1138 codice civile, in base al quale per la revisione sarà sufficiente la maggioranza dei partecipanti.
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