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Il 18 giugno 2015 saranno passati due anni esatti dall'entrata in vigore delle nuove regole sul condominio negli edifici.
La legge n. 220/2012, quella ai più nota come riforma del condominio, è entrata in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, cioè il 18 giugno 2013.
La riforma ha fatto molto discutere: le norme condominiali, infatti, erano rimaste quelle del 1942 (anno di entrata in vigore del codice civile). Molto in questi lunghi anni era stato fatto dall'opera della giurisprudenza (Tribunali, Cassazione, ecc.)
La materia condominiale, più di altre, si reggeva sulle sentenze, spesso in contraddizione tra loro, tant'è che non sono stati rari gli interventi delle Sezioni Unite, cioè della massima espressione della Corte di Cassazione avente la funzione di garantire l'uniforme interpretazione e applicazione della legge.
Molte regole erano state create proprio dalla giurisprudenza: si pensi all'obbligo di apertura del conto corrente condominiale, alla catalogazione delle cause d'invalidità delle delibere, ai poteri dell'amministratore in materia di cause condominiali, ecc..
La riforma, approvata sul finire della XVI Legislatura, è stata dai più criticata: secondo la maggior parte dei commentatori le nuove regole sul condominio non avrebbero risolto i problemi in materia, anche in considerazione del fatto che molte delle nuove norme s'erano limitate a trasformare in legge i principi giurisprudenziali elaborati nel corso di un settantennio. Molti, quasi tutti, poi, lamentavano la mancata regolamentazione della figura giuridica del condominio e la scarna disciplina riguardante la natura (solidale o parziaria) dei debiti condominiali.
In effetti le norme che riguardano molte delle attribuzioni dell'amministratore, l'apertura del conto corrente condominiale, le cause d'invalidità delle delibere e ancora altri aspetti (si pensi alla possibilità per le società di capitali di assumere l'incarico di amministratore) sono frutto del semplice recepimento dei principi elaborati dalla giurisprudenza.
Poche le novità: si pensi ad anagrafe condominiale e requisiti di onorabilità e professionalità degli amministratori condominiali su tutte.
In sintesi: la riforma del condominio ha deluso i più. Nel frattempo sono passati quasi due anni e sono iniziate ad arrivare le prime sentenze sulle nuove regole del condominio. Qui di seguito approfondiremo le più significative: pignorabilità del conto corrente condominiale, formazione professionale degli amministratori e forma d'impugnazione delle delibere condominiali, senza dimenticare qualche sussulto originale, quale, ad esempio, quello sulle materie soggette alla mediazione.
Tra le nuove regole sul condominio, quella riguardante il conto corrente condominiale non è stata una vera e propria novità (la giurisprudenza l'aveva sostanzialmente stabilita già in passato), ma ha comunque rappresentato un'innovazione importante in materia in relazione all'esigenza di maggiore trasparenza nella gestione condominiale.
In breve: l'amministratore di condominio ha l'obbligo di aprire se non esiste e utilizzare un conto corrente specificamente dedicato al condominio amministrato facendovi transitare tutte le somme in entrata e in uscita. Un condomino gli versa una somma? L'amministratore deve farla transitare sul conto corrente condominiale. L'amministratore deve pagare un fornitore? Di quel pagamento deve restare traccia sul quel conto.
La novità di maggiore rilevanza rispetto a questo tema è stata rappresentata da un aspetto che le nuove regole sul condominio non avevano affrontato direttamente: la pignorabilità del conto corrente condominiale.
Nel 2014 le prime pronunce giurisprudenziali in materia (cfr. Trib. Reggio Emilia 16 maggio 2014 e Trib. Milano ord. 27 maggio 2014) hanno evidenziato che le somme presenti sul conto corrente possono essere pignorate se la compagine ha un debito verso un proprio fornitore.
Queste decisioni hanno fatto discutere, e non poco, dato che le norme dettate in materia di debiti condominiali (cfr. art. 63, terzo comma, disp. att. c.c.) lasciavano intendere che in casi di azioni contro il condominio, i primi a doverne pagare le conseguenze dovessero essere i condòmini morosi. Per questi Tribunali non è per forza così, dato che le nuove regole sul condominio, si legge nei provvedimenti succitati, prevedono una sostanziale autonomia patrimoniale tra condominio e condòmini. Come dire: va bene l'azione contro i morosi ma anche il condominio può essere chiamato a rispondere dei propri debiti. Questa situazione rappresenta il classico esempio della lacunosità della riforma del condominio rispetto a un argomento molto importante, che, ne siamo certi, avrà come conseguenza un aumento del contenzioso.
Le nuove regole sul condominio prevedevano in modo succinto e sibillino che gli aspiranti amministratori condominiali dovessero frequentare dei corsi di formazione iniziale e quelli già in attività dei corsi di formazione periodica. La legge (art. 71-bis disp. att. c.c.) ha altresì previsto l'obbligatoria ricorrenza di alcuni requisiti di onorabilità e culturali.
Le norme sulla formazione iniziale e periodica hanno trovato una concreta applicazione grazie al d.m. n. 140/2014, emanato a settembre del 2014. Queste norme, come altre in materia condominiale, altro non hanno fatto se non aumentare la confusione in una materia così delicata quale quella della formazione professionale.
Il regolamento sulla formazione degli amministratori è poco chiaro e privo di un sistema di controlli che ne garantisca la corretta applicazione; per molti degli addetti ai lavori sembra essere stato pensato più per salvaguardare delle rendite acquisite che per garantire la reale preparazione degli amministratori.
Non è mancato chi ne ha chiesto l'immediata modifica anche se approvato da poco. Il Ministero ha fornito, peraltro a mezzo stampa (come dire: valore legale di quelle risposte pari a zero), delle risposte dai più considerate vaghe e per nulla soddisfacenti.
Sempre rispetto agli amministratori condominiali si segnala il ginepraio d'interpretazioni proposte sulla norma riguardante la loro conferma in carica (art. 1129 c.c.); ancora non si segnalano sentenze in materia, ma siamo certi che non tarderanno ad arrivare pronunce anche contrastanti tra di loro.
Tra le nuove regole sul condominio, quella dettata in materia di forma dell'atto introduttivo di giudici d'impugnazione delle delibere condominiale (art. 1137 c.c.) ha portato a una tra le prime sentenze sulla riforma del condominio.
Per il Tribunale di Cremona e quello di Milano, i primi di cui s'è avuta notizia (cfr. Trib. Cremona 23 gennaio 2014 n. 37 e Trib. Milano 21 ottobre 2013) per iniziare queste cause è possibile introdurle solamente utilizzando l'atto di citazione e non più anche il ricorso, come avveniva in passato.
Il Tribunale di Padova (decreto del 24 febbraio 2015), sempre in materia di contenzioso condominiale, ha stabilito che ogni controversia condominiale, anche quelle che a livello generale non sarebbero sottoposte al tentativo di mediazione per la particolarità del procedimento attivato (nel caso di specie procedimento in camera di consiglio) devono passare davanti a un organismo di mediazione prima di arrivare nelle aule di giustizia.
Si tratta di un provvedimento che sta sollevando molte perplessità, in quanto la ratio del d.lgs n. 28/2010 e quella di cui all'art. 71-quater disp. att. c.c. (che regolamenta alcuni aspetti della mediazione condominiale) paiono essere di senso opposto a quello indicato dal Tribunale veneto.
In definitiva, a poco meno di due anni dall'entrata in vigore delle nuove regole sul condominio, sono più d'una le problematiche sollevate dalla loro applicazione pratica. Di certo non un risultato incoraggiante.
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