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26 Gennaio 2018 ore 09:40 - NEWS Parti comuni |
La legge 11 dicembre 2012, n. 220 è intitolata Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici. Con quest'atto normativo il Legislatore ha apportato delle modifiche al codice civile, nonché introdotto alcune norme nuove riguardanti, per l'appunto, il condominio negli edifici.
È stata chiamata riforma del condominio ed è entrata in vigore il 18 giugno 2013, ossia sei mesi dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, come la stessa legge prevedeva.
Che cos'è cambiato? Partiamo da questo presupposto: molto di più si poteva fare!
Le modifiche al codice civile, nella maggior parte dei casi, sono state semplici recepimenti degli orientamenti giurisprudenziali in materia condominiale. Su tutte, si pensi alle norme dettate con riferimento al distacco dall'impianto di riscaldamento, ovvero, all'invalidità delle deliberazioni assembleari.
La legge, inoltre, è stata l'occasione per meglio specificare alcuni obblighi e attribuzioni dell' amministratore condominiale, nonché l'uniformazione della disciplina di alcune innovazioni, ovvero la disciplina particolareggiata di alcune forme di utilizzazione individuale delle parti comuni.
Poco, quasi nulla, è stato fatto in relazione alla disciplina del recupero dei crediti condominiali, anzi, le norme riguardanti la responsabilità dei condòmini adempienti in relazione alle morosità altrui sono state per ora parzialmente disattese.
Ci sono voluti molti anni perché le norme sul condominio, ormai da almeno un trentennio chiaramente inadeguate al contesto sociale, venissero modificate.
La fretta nel farlo ha portato a modiche parziali e decisamente migliorabili (gli stessi relatori della legge l'hanno detto al momento dell'approvazione). È passata già una legislatura dall'approvazione, speriamo non ne passino molte altre senza interventi sostanziali e per certi versi urgenti. Si pensi alle norme dettate in materia di supercondominio, ovvero alla pasticciata ripartizione delle competenze a deliberare riguardante nudo proprietario e usufruttuario.
L'art. 1117 c.c. non ha subito molte modifiche, ma quei pochi cambiamenti introdotti dalla legge n. 220 sono stati certamente utili a chiarire il contesto applicativo delle norme condominiali.
È sparito dalla norma il riferimento ai piani o porzioni di piano, sostituito dal riferimento alle unità immobiliari anche con diritto a godimento periodico (cosiddetta multiproprietà).
Questa norma, unitamente al disposto del successivo art. 1117-bis porta a concludere per l'applicabilità – questa volta ex lege e non solo per giurisprudenza – delle norme dettate in materia di condominio negli edifici non solamente ai cosiddetti condominii verticali, ma anche a tutte quelle ipotesi di condominio che si sviluppa in orizzontale (es. villette a schiera, ecc.).
La riforma del condominio ha poi previsto un'articolata e per certi versi inutilmente gravosa disciplina delle modificazione delle destinazioni d'uso delle cose comuni (art. 1117-ter c.c.).
Si tratta di un procedimento deliberativo molto più formalizzato e richiedente quorum deliberativi molto ampi (quattro quinti dei condòmini e dei millesimi), che per certi versi finisce per sovrapporsi alla disciplina delle innovazioni, rischiando di creare delle interferenze tra norme in grado di portare con sé confusione e incertezza
Proprio sulle innovazioni l'intervento del Legislatore è stato utile per armonizzare le disposizioni normative che nel corso degli anni avevano previsto delle deroghe alle alte maggioranze previste dal codice civile in materia di innovazioni delle parti comuni.
Attualmente, molti degli interventi innovativi di carattere tecnologico (es. impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili a uso comune) e sociale (es. eliminazione delle barriere architettoniche) trovano la loro disciplina deliberativa nel secondo comma dell'art. 1120 c.c. a mente del quale per la loro deliberazione serve il voto favorevole della maggioranza dei presenti alla riunione che rappresenti almeno la metà del valore millesimale dell'edificio.
Sempre in relazione alle parti comuni è stato introdotta – per alcuni finalmente – un'apposita norma in relazione alla loro videosorveglianza (art. 1122-ter c.c.), nonché delle disposizioni inerenti all'installazione sulle parti private e comuni di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 1122-bis c.c.). Si tratta di disposizioni che – come ha sottolineato la prima giurisprudenza – in materia pongono in capo all'assemblea condominiale un potere prescrittivo dell'uso, ma mai autorizzativo (Trib. Milano 7 ottobre 2014, n. 11707).
La riforma del condominio ha completamente riscritto l'art. 1129 c.c., integrato il successivo 1130 e introdotto nelle disposizioni di attuazione l'art. 71-bis.
Il risultato? Nelle intenzioni, maggiori obblighi, maggiori responsabilità e maggiore professionalità dell'amministratore. Nella realtà, questo almeno ci pare di poter dire a qualche anno dall'entrata in vigore della legge n. 220, le intenzioni del Legislatore hanno portato per lo più un aggravamento delle responsabilità dell'amministratore senza un effettivo bilanciamento in relazione ai poteri gestionali per adempiere con maggiore efficacia al proprio incarico.
Andiamo per ordine. Tra gli obblighi, quello più significativo riguarda sicuramente l'obbligo di apertura (ove non vi sia) e utilizzazione di uno specifico conto corrente intestato a ogni condominio. All'amministratore, poi, è imposto di agire entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio per il recupero dei crediti condominiali, a meno che l'assemblea non dilati questo lasso temporale. Obblighi di carattere informativo sono previsti sempre dall'art. 1129 c.c.; si pensi alla comunicazione preventiva del compenso richiesto, ovvero all'indicazione dei propri dati in parti comuni facilmente accessibili a terzi, ovvero, ancora l'obbligo di informare i condòmini delle modalità di consultazione dei registri condominiali.
È stato innalzato il numero dei condòmini oltre il quale la figura dell'amministratore è obbligatoria (otto e non più quattro) e sono state meglio specificate, in via esemplificativa, le gravi irregolarità che possono portare alla revoca.
Quanto alle attribuzioni, proprio quella della tenuta e messa a disposizione dei registri è una delle principali novità, accanto a una serie di compiti nella sostanza già esistenti in base ad altre disposizioni di legge (es. adempimenti fiscali), ovvero desumibili dal complesso delle norme condominiali (es. rilascio attestazione stato dei versamenti).
La vera novità in materia di attribuzioni, se così la si vuol chiamare, è la fissazione di un termine per la presentazione all'assemblea dei rendiconto di gestione: 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio;,con previsione di grave irregolarità che può portare alla revoca giudiziale nel caso di inosservanza del detto termine. Se lo stesso sia ordinatorio o perentorio a tutt'oggi non è dato dirsi con certezza.
La legge n. 220 del 2012 ha poi introdotto requisiti per l'assunzione per gli incarichi.
Si tratta di requisiti di onorabilità individuati dall'art. 71-bis disp. att. c.c. e di professionalità, prescritti sempre dalla stessa norma e poi precisati – in relazione agli obblighi formativi – dal decreto ministeriale n. 140 del 2014.
L'art. 1130 ai numeri 6 e 7 c.c. prevede l'istituzione e la tenuta di quattro registi:
a) il registro di anagrafe condominiale;
b) il registro dei verbali con allegato regolamento condominiale;
c) il registro di nomina e revoca dell'amministratore;
d) il registro di contabilità.
Si tratta di disposizioni riguardanti la figura dell'amministratore, ossia, è l'amministratore sia pur con la collaborazione dei condòmini (per quanto riguarda l'anagrafe condominiale) a dover tenere questi registri, la cui funzione primaria è consentire la semplice consultazione da parte dei condòmini degli atti condominiali maggiormente significativi.
Rispetto all'anagrafe condominiale è stato introdotto un correttivo dal D.L. n. 145/2013, il decreto destinazione Italia, volto a precisare esattamente a quali parti dell'edificio (oggi quelle comuni) si riferisse la raccolta dei dati inerenti alle condizioni di sicurezza.
La legge n. 220 del 2012 ha cambiato qualcosa in merito alla composizione dell'assemblea. Adesso si fa riferimento agli aventi diritto a partecipare alla riunione e non più semplicemente ai condòmini.
L'assemblea, come previsto dall'art. 70 disp. att. c.c., diventa l'organismo irrogatore delle sanzioni previste in relazione alla violazione del regolamento condominiali. Sanzioni aggiornate a importi che per i casi di recidiva possono arrivare fino a € 800,00.
In virtù di quell'opera di recepimento degli indirizzi giurisprudenziali sviluppatisi negli anni, si è sostanzialmente recepito il principio espresso in merito alla individuazione delle deliberazioni nulle e annullabili, precisando che tale ultimo vizio riguarda anche la procedura di convocazione dell'assemblea (art. 66 disp. att. c.c.).
L'art. 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile ha previsto un'articolata e per certi versi macchinosa disciplina di composizione dell'assemblea del supercondominio composto da più di sessanta partecipanti.
Novità, infine, anche in relazione al contenuto del regolamento condominiale, che a norma del quinto comma dell'art. 1138 c.c., non può vietare di possedere o detenere animali domestici. Divieto che, secondo i più, si applica in relazione ai regolamenti assembleari, ma non a quelli contrattuali.
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