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Il conto corrente, così come definito dall'art. 1823 del codice civile, è quel contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse.
Il conto corrente condominiale, quindi, altro non è che quel contratto sottoscritto dall'amministratore con un Istituto di credito.
Si badi: ai sensi dell'art. 1129, settimo comma, c.c. l'amministratore del condominio è obbligato, si vedrà in seguito pena la revoca anche giudiziale, ad aprire e utilizzare un conto corrente (bancario postale) intestato a ogni specifico condominio che amministra.
La norma si applica tanto agli amministratori interni, quanto a quelli esterni.
Che cosa vuol dire che l'amministratore è obbligato a utilizzare il conto corrente condominiale?
Secondo quanto specificato dall'art. 1129 c.c., il mandatario della compagine è tenuto a far transitare dal conto corrente tutte le somme a qualsiasi titolo ricevute dai condòmini o da terzi, nonché quelle erogate per conto del condominio.
La norma, pedissequamente applicata, prevede questo risvolto pratico.
Tizio, Caio, Sempronio, Mevio e Filano, ossia tutti i condòmini dell'edificio Alfa, un piccolo condominio, si presentano dall'amministratore e versano la propria quota mensile.
L'amministratore deve prendere quelle somme e versarle sul conto corrente condominiale.
Dopo di che potrà utilizzarle in favore dalla compagine, eventualmente anche prelevandole per effettuare pagamenti in contanti (si pensi a piccole spese postali, ecc.). Prima di allora, però, a rigore di norma, nessun pagamento potrà essere effettuato, pena l'inadempimento del precetto normativo.
Così, ad esempio, se i condòmini versano all'amministratore in contanti e lo stesso giorno si presenta all'ufficio dell'amministratore l'impresa di pulizie per reclamare il pagamento mensile, egli non potrà effettuare il pagamento con quelle somme, ma eventualmente con altre presenti sul conto e in caso negativo dovrà chiedere all'impresa di passare dall'ufficio un altro giorno per l'adempimento.
Entro quanto tempo, dal ricevimento delle somme in contanti, l'amministratore è tenuto a versarle sul conto corrente condominiale?
In assenza di specifiche indicazioni legislative e nel silenzio di delibere e/o regolamento condominiale, ad avviso di chi scrive, bisogna rispondere: nel più breve tempo possibile o comunque entro la data di registrazione dei versamenti sul registro di contabilità, ossia entro trenta giorni dal ricevimento.
Si badi: l'obbligo di aprire e utilizzare un conto corrente intestato al condominio grava sull'amministratore, sia esso interno (cioè scelto tra i condòmini) o esterno, in assenza di questa figura i condòmini non hanno alcun obbligo in tal senso, nemmeno quando fanno eseguire lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio.
I costi di gestione del conto corrente condominiale, in assenza di diversa convenzione (leggasi accordi tra tutti i condòmini), devono essere ripartiti secondo i millesimi di proprietà, trattandosi di servizio reso nell'interesse comune (art. 1123, primo comma, c.c.).
L'amministratore, si è detto, è obbligato ad aprire e utilizzare un conto corrente condominiale.
Quali sono i suoi poteri in questo senso? Essi discendono direttamente dalla legge oppure necessitano di un input assembleare?
Al riguardo, già prima dell'entrata in vigore della riforma del condominio (legge n. 220 del 2012), ossia quando tale adempimento non era obbligatorio, per la Corte di Cassazione l'apertura del conto corrente non era soggetta a specifiche autorizzazioni assembleari, atto che invece sarebbe necessario, dicono i giudici, per l'apertura di una linea di credito bancaria (Cass. 10 maggio 2012, n. 7162).
È bene tenere a mente questa sentenza e citarla a quegli istituti di credito che non si accontentano della deliberazione di nomina dell'amministratore, ma richiedono altresì copia della decisione assembleare con la quale è stato deciso di scegliere proprio quell'istituto.
L'assemblea può deliberare a quale banca rivolgersi, ma nel suo silenzio questa scelta rientra nel potere discrezionale dell'amministratore e l'istituto di credito non può far altro che limitarsi a verificare la sussistenza del potere di rappresentanza dell'amministratore.
Ove la banca negasse l'apertura del conto per mancanza di delibera indicante l'istituto è possibile fare istanza all'ArbitroBancario Finanziario per la risoluzione della controversia.
Sul conto corrente del condominio, come detto, affluiscono tutte le somme inerenti la compagine. Non solo quelle dei condòmini, ma anche quelle versate da terzi.
Si pensi all'indennizzo di un'assicurazione, al pagamento di un risarcimento o ancora ai canoni di locazione di un locale comune, ecc.
Data questa situazione, ci si è domandati, e il quesito ha avuto anche risposte giudiziarie, se le somme presenti sul conto corrente condominiale potessero essere oggetto di pignoramento.
Motivo dei dubbi è la natura delle obbligazioni condominiali. Solidale, è vero, ma con beneficio di escussione preventiva dei condòmini morosi.
Insomma ci si è chiesti: ma se bisogna per prima cosa agire contro gli inadempimenti (art. 63, secondo comma, disp. att. c.c.), è lecito il pignoramento del conto corrente condominiale?
Bisogna agire o bisognerebbe? Il condizionale è d'obbligo dopo i primi interventi giurisprudenziali sulla materia del pignoramento del conto corrente condominiale.
Così, ad esempio, il Tribunale di Reggio Emilia, chiamato a pronunciarsi sull'argomento ha avuto modo di affermare che per quanto sia diffusa in seno alla giurisprudenza la tesi della sostanziale assenza di qualunque soggettività e/o autonomia patrimoniale in capo al condominio è innegabile che le norme introdotte nel codice civile dalla legge n. 220/2012, facendo riferimento al patrimonio del condominio, abbiano data una sterzata (Trib. Reggio Emilia ord. 16 maggio 2014).
Insomma, per il Tribunale di Reggio Emilia, condominio e condòmini sono entità giuridiche differenti e siccome è il condominio ad aver contrattato, è questo a rispondere, primariamente, delle proprie obbligazioni con il proprio patrimonio. Dunque, il conto corrente intestato al condominio è pignorabile. Sulla stessa lunghezza si sono espressi i Tribunali di Taranto e Milano.
Chi e in che modo può avere accesso alla documentazione inerente il conto corrente condominiale?
Sul punto la legge è chiara come sulle modalità di utilizzazione del conto: i condòmini possono chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica inerente il rapporto di conto corrente. La richiesta deve pervenire all'istituto bancario per il tramite dell'amministratore.
In buona sostanza, per il codice civile l'amministratore di condominio è l'unico soggetto deputato, per conto della compagine, a intrattenere rapporti con l'Istituto bancario.
Che cosa succede se l'amministratore non risponde alle richieste dei condòmini?
Questi hanno diritto, in tal caso, a interfacciarsi direttamente con l'Istituto di credito?
Secondo l'Arbitro Bancario Finanziario, sì (ABF decisione n. 7960 del 16 settembre 2016).
La vicenda che ha portato a questa decisione è pressappoco la seguente: dei condòmini chiedono ripetutamente l'estratto del conto corrente condominiale al proprio amministratore che non glielo consegna. Da qui la richiesta alla banca che lo nega: la documentazione vi può essere consegnata solo per il tramite dell'amministratore.
L'Arbitro bancario non si è trovato d'accordo con l'uso dell'avverbio “solo”.
È vero, dicono dall'Autorità, la norma specifica che la documentazione dev'essere consegnata per il tramite dell'amministratore, ma tale indicazione non può andare a coincidere con l'esclusiva competenza di questa figura. Se così fosse, in caso di inadempimento del mandatario, i condòmini, cioè i titolari del conto, vedrebbero frustrato il loro diritto a conoscere la situazione economica del condominio.
L'accesso alla documentazione avviene a spese del condomino.
Ciò vuol dire che sono a suo carico:
- i costi praticati dall'Istituto di credito in relazione alla richiesta;
- i compensi richiesti dall'amministratore dove approvati dall'assemblea al momento della nomina/conferma.
Si è detto che l'apertura e utilizzazione del conto corrente sono imposti dalla legge: l'amministratore deve aprire il conto e utilizzarlo senza che sia a ciò autorizzato dall'assemblea.
Non solo: il mancato adempimento ai predetti obblighi comporta la possibilità per i condòmini – singolarmente considerati – di ottenerne la revoca, se del caso anche per via giudiziale.
Al riguardo bisogna guardare all'undicesimo comma dell'art. 1129 c.c.; che cosa dice la norma?
Si legge nell'articolo che in caso di inadempimento rispetto all'obbligo di apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale, i condòmini (come si accennava anche singolarmente) possono domandare la convocazione di un'assemblea per la revoca dell'amministratore.
Ove la stessa non deliberi in merito o comunque non vi provveda, c'è la possibilità di agire in giudizio per la revoca da parte dell'Autorità Giudiziaria.
Si badi: sebbene in alcune pronunce (riguardanti la tempistica di presentazione del rendiconto) si sia stabilito che il mancato rispetto del termine prescritto dalla legge comporti l'automatica revoca giudiziale, non sono mancate critiche e pronunce contrarie a questa impostazione tese a specificare che la legge (art. 1129, undicesimo comma, c.c.) dà facoltà all'Autorità Giudiziaria (si legge può revocare, non deve revocare), sicché la situazione va valutata caso per caso.
Come dire: la mancata apertura del conto corrente potrebbe anche semplicemente essere considerata un tardivo adempimento che però non ha comportato alcun effettivo danno al condominio e comunque nessuna irregolarità tale da giustificare la revoca.
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