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Impugnare una delibera dell'assemblea condominiale vuol dire contestare una decisione assunta da quel consesso. Impugnare una delibera riguardante ripartizioni spese condominiali, vuol dire chiedere ad un giudice di valutare se l'operato dell'assemblea è stato corretto, insomma se si poteva fare ricorso a quel criterio di ripartizione delle spese.
L'impugnazione delle delibere condominiali è disciplinata dall'art. 1137 del Codice civile.
Esso riguarda specificamente la contestazione delle delibere contrarie alla Legge o al regolamento di condominio (cioè quelle che dottrina e giurisprudenza qualificano come annullabili) rispetto alle quali il condòmino può chiedere l'annullamento all'Autorità Giudiziaria:
- entro trenta giorni dalla loro adozione se l'impugnante era presente alla riunione e ha votato contro la decisione contestata, ovvero si è astenuto;
- entro trenta giorni dalla comunicazione del verbale nel caso di assenza al momento della decisione sulla specifica delibera oggetto di contestazione.
In questo secondo caso, sulla base della più recente giurisprudenza in materia (Cass. 14 dicembre 2016 n. 25791), qualora non sia stata possibile la consegna del verbale al destinatario (ovvero a un suo addetto), la notifica dello stesso ha da considerarsi perfezionata non con l'immissione dell'avviso di giacenza del plico nella cassetta postale, ma trascorsi dieci giorni da questo adempimento, in analogia alla notificazione degli atti giudiziari, così come previsto dalla legge n. 890/1982.
Contro le deliberazioni nulle non sono previsti limiti di tempo per l'impugnazione (Cass. SS.UU. 8 marzo 2005 n. 4806). Come vedremo più avanti le delibere riguardanti spese condominiali possono essere tanto nulle, quanto annullabili.
Quanto alla forma dell'atto di impugnazione della delibera condominiale, si ritiene che lo stesso debba assumere la forma della citazione (Cass. SS.UU. 14 aprile 2011 n. 8491).
L'impugnazione giudiziale della delibera condominiale è obbligatoriamente preceduta dall'esperimento di un tentativo di mediazione (art. 71-quater disp. att. c.c. e art. 5 d.lgs n. 28/2010), anche se resta nel potere del condòmino quello di agire direttamente in via cautelare per ottenere la sospensione del provvedimento assembleare contestato (art. 5 d.lgs n. 28/2010).
In generale l'impugnazione non sospende l'efficacia della delibera che resta pienamente valida fino all'annullamento o comunque alla sua sospensione, ove richiesta (art. 1137 c.c.). Tale excursus vale per ogni delibera, cioè anche per quelle aventi a oggetto la ripartizione delle spese.
Quali adempimenti gravano sull'amministratore quando riceve al proprio domicilio l'atto d'impugnazione di una delibera assembleare?
Risposta: nominare un avvocato.
Senza necessità di preventiva autorizzazione assembleare a farlo e quindi a stare in giudizio? Sì, non è necessario.
Rappresenta un pacifico principio quello in ragione del quale in tema di impugnazione delle delibere dell'assemblea di condominio, l'amministratore ha facoltà di resistere all'impugnazione e potendo anche appellarsi contro la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o successiva ratifica dell'assemblea. Ciò in quanto l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dell'amministratore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1130 n.1 e 1131 c.c. (si vedano in tal senso Cass. n. 1451 del 2014; Cass. n. 27292 del 2005; Cass. 23 aprile 2015, n. 8309).
Si badi: è facoltà, non obbligo, dunque, nulla vieta che, ricevuta comunicazione dell'atto d'impugnazione, l'amministratore possa rivolgersi all'assemblea affinché sia la stessa a decidere sulla costituzione in giudizio e quindi, ad esempio, sulla scelta dell'avvocato difensore.
Tutto ciò ha valore anche con specifico riferimento alle delibere riguardanti spese condominiali.
Impugnare una delibera riguardante le ripartizioni spese condominiali, si diceva in principio, vuol dire contestare la scelta dell'assemblea in merito all'adozione di un particolare criterio di ripartizione delle spese.
A seconda di quanto è stato deciso dall'assemblea, la deliberazione riguardante la ripartizione delle spese può essere considerata:
- annullabile,d ove si sia sbagliato nella individuazione del criterio di ripartizione da applicare (es. art. 1124 c.c. piuttosto che art. 1123, primo comma, c.c.);
- nulla, se deroga ai criteri di ripartizione delle spese esistenti incidendo così sui diritti dei singoli condòmini.
Questa, almeno, è la bipartizione delineata dalla giurisprudenza (su tutte Cass. SS.UU. 8 marzo 2005 n. 4806, apparentemente contraria Cass. 20 dicembre 2018 n. 33039).
Ad ogni buon conto, nell'uno e nell'altro caso, il potere dell'Autorità Giudiziaria è limitato alla valutazione della legittimità (o meno) della delibera, ma non è sostitutivo del potere deliberativo dell'assemblea.
In buona sostanza, il giudice adito potrà affermare l'illegittimità della delibera per applicazione di un criterio errato, ovvero la nullità per deroga non consentita dei criteri di legge o convenzionali, ma la decisione corretta, riguardante le spese condominiali, dovrà successivamente essere assunta dalla medesima assemblea.
Un esempio classico di contestazione di delibere riguardanti la ripartizione delle spese è quella inerente ai lavori di manutenzione dei balconi.
Ove si considerino i balconi dei beni in totale proprietà individuale e non condominiale, allora ogni decisione in merito alla loro manutenzione e conseguentemente tutte le delibere riguardanti la ripartizione delle spese delle opere su questi manufatti debbono essere considerate radicalmente nulle.
L'assemblea di condominio, infatti, non ha il potere di deliberare in merito alla manutenzione di parti dell'edificio in proprietà esclusiva, a meno che tale potere non gli sia espressamente conferito dal titolare del diritto, ovvero, sia previsto da una convenzione tra tutti i condòmini (es. regolamento contrattuale).
Qualora parte dei balconi fosse da considerarsi condominiale (si pensi ai decori presenti sulla parte frontale e sul cielino del balcone aggettante, elementi considerati condominiali, si veda Cass. 30 luglio 2004, n. 14576), allora la relativa spesa, salvo diversa convenzione, andrebbe ripartita tra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà.
I casi più frequenti di impugnazione delle delibere riguardanti lavori di manutenzione riguardano:
Quanto ai criteri di ripartizione delle spese condominiali è utile rammentare che:
È possibile impugnare una decisione assunta nell'ambito di un cosiddetto condominio minimo?
Sembra una domanda sui generis eppure la giurisprudenza si è soffermata sull'argomento.
La risposta è positiva, le decisioni assunte in seno a un condominio minimo, ossia quello al quale partecipano due sole persone, sono contestabili come qualunque altra decisione.
In particolare, è stato affermato che la decisione di nomina di un amministratore assunta con solo voto favorevole di uno dei presenti è annullabile (Trib. Roma 15 marzo 2012 n. 5415), mentre non può qualificarsi come delibera e va considerata una non delibera e quindi insanabilmente nulla la decisione presa da uno solo dei partecipanti al condominio minimo (Cass. n. 7929/2017).
Rispetto a questa particolare fattispecie, vale quanto detto in principio in relazione al tempistica e forma dell'impugnazione, ivi comprese le considerazioni sulla mediazione.
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