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Viste le tante incertezze che stanno accompagnando l'entrata in vigore dell' Imposta Municipale Unica e trovandoci ormai in prossimità della scadenza per il pagamento della prima rata, prevista per il 18 giugno, il Ministero dell'Economia ha pensato bene di pubblicare la circolare n. 3/DF dello scorso 18 maggio, contenente alcune note esplicative relative alla nuova imposta e al suo campo di applicazione.
Esse riguardano, in particolar modo, il regime di prima casa che è stato reso più restrittivo, rispetto a quello previsto dall'ICI.
Infatti, con la vecchia Ici, il concetto di prima casa poteva essere esteso alle unità immobiliari concesse in comodato d'uso ai figli.
In questo modo, un padre proprietario di tre immobili, poteva concederne due in comodato d'uso ai propri figli, che li utilizzavano come prima abitazione, e godere in tal modo dell'esenzione dall'imposta per tutte e tre le case.
Con il nuovo, regime, invece, non è possibile considerare gli immobili concessi in comodato d'uso come prima abitazione, pertanto il padre dell'esempio precedente pagherà l'Imu con aliquota agevolata per la casa in cui abita e con aliquota più alta per quelle in cui abitano i figli.
Questo perché la legge stabilisce chiaramente che per prima abitazione si intende quella nella quale il proprietario stabilisce la propria residenza e quella del proprio nucleo familiare. Quindi, se qualche componente di questo nucleo familiare decide di spostarsi in un altro immobile, per esso non sarà prevista alcuna agevolazione.
Certamente questa restrizione si è resa necessaria per combattere l'elusione molto diffusa con l'Ici.
Infatti, sin dalla sua prima pubblicazione nel decreto Salva Italia, si è capito che questa legge doveva servire ad evitare i cosiddetti furbetti.
Un trucchetto diffuso, ad esempio, era quello di dare in comodato ad uno dei figli una seconda casa al mare o in montagna, per evitare il pagamento dell'imposta.
Però in questo modo si è finito per penalizzare quei proprietari che veramente danno in comodato d'uso ai figli una casa, per la quale, pertanto, non percepiscono alcun canone d'affitto, ma sono costretti a pagare nello stesso modo di coloro che usufruiscono di un reddito da locazione.
Per aiutare un figlio, quindi, ad andare a vivere da solo, senza per questo subire un danno fiscale, un genitore potrebbe scegliere la soluzione della donazione dell'immobile.
Appare chiaro, quindi, che per godere dell'agevolazione per un immobile devono sussistere, oltre alla proprietà anche la residenza e la dimora e di conseguenza, ciascun proprietario potrà godere dello sconto su di un solo immobile.
Eppure, come emerge dalla lettura del documento, esiste un caso in cui è possibile godere dell'agevolazione su due distinti immobili. È questo il caso in cui due coniugi risiedano o abbiano dimora abituale in due comuni diversi, ad esempio per esigenze di lavoro.
Se però i due coniugi risiedono in immobili diversi, ma ubicati nello stesso comune, non è possibile usufruire dell'agevolazione, e quindi l'aliquota base dello 0,4% sarà valida solo per uno degli immobili, mentre per l'altro bisognerà considerare l'aliquota base dello 0,76%.
La circolare, però, cita a titolo di esempio il caso di coniugi residenti in comuni diversi, non limitando la fattispecie solo a questo caso, ma rendendo possibile l'eventualità anche di altri motivi, senza specificare che tali motivi debbano essere dettagliati o giustificati.
Per cui ritengo che anche questa interpretazione possa dare adito a facilità di elusione.
Il Governo ha stimato che saranno circa il 24% delle abitazioni (più o meno una casa su quattro) a rimanere esenti dal pagamento dell'imposta. Questo per effetto delle detrazioni.Infatti, considerando la detrazione di 200 euro per la prima casa, saranno sicuramente esenti tutte quelle case che hanno una rendita catastale molto bassa e per le quali bisognerebbe pagare un importo inferiore a 200 euro.
A maggior ragione se il proprietario potrà usufruire anche dell'ulteriore detrazione di 50 euro per ogni figlio di età inferiore a 26 anni residente con lui.
A queste possibilità va aggiunto poi il fatto che è stato concesso ai comuni un margine di intervento sulle aliquote base tale da potervi apportare non solo un aumento, ma anche un'eventuale riduzione.
Tale fattispecie, tuttavia, appare poco probabile, vista la situazione economica disastrata dei comuni, che devono fare i conti con tagli alle entrate.
Ad ogni modo il margine di intervento dei Comuni è possibile anche sulla detrazione prima casa, che può aumentare rispetto ai 200 euro fissati e può essere estesa anche a casi di immobili meritevoli di particolare tutela.
Non è possibile invece intervenire sulla detrazione di 50 euro per ogni figlio.
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