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In tema di proprietà, spese e responsabilità per le terrazze a livello negli edifici in condominio, quali sono le norme di riferimento?
La terrazza a livello dev'essere considerata alla stregua di un lastrico solare oppure è soggetta a una regolamentazione specifica?
La Corte di Cassazione quando si è occupata di danni da infiltrazioni causati da cattiva manutenzione del terrazzo di uso e proprietà esclusiva d'un singolo condomino ha propeso per la prima soluzione.
Cercando pronunce giurisprudenziali sull'argomento, una delle ultime rese in materia è la sentenza n. 14196 del 27 giugno 2011. Il risultato cui sono giunti gli ermellini in quell'occasione non si è discostato dai precedenti pronunciamenti in materia.
Come dire: terrazzo a livello e lastrico solare pari sono. Le ragioni portate a supporto di tale presa di posizione dalla Suprema Corte, nella sentenza citata come in altri precedenti, paiono meritevoli di condivisione.
Secondo gli ermellini il terrazzo a livello, che funge da copertura per altri appartamenti ubicati nell'edificio, deve essere equiparato al lastrico solare di uso o proprietà esclusiva con conseguente applicazione, ai fini della ripartizione delle spese degli interventi manutentivi dell'art. 1126 c.c.
Perché si è arrivati a questa decisione?
Il tutto ha preso inizio da una causa intentata dal proprietario dell'appartamento sottostante a una terrazza a livello, rivolta contro il proprietario e utilizzatore esclusivo di quest'ultima.
Il convenuto chiamava in causa il condominio asserendo che fungendo la terrazza da copertura dell'edificio la responsabilità per i danni occorsi al suo vicino dovesse essere addebitata alla compagine con conseguente applicazione dell'art.1126 c.c. ai fini della ripartizione delle spese.
Mentre in primo grado il Tribunale adito condannava la convenuta nella sua qualità di proprietaria del lastrico, il giudice di secondo grado ribaltava questa decisione e riconosceva responsabile del danno il condominio con conseguente applicazione dell'art. 1126 c.c. ai fini della ripartizione delle spese. Il condominio, quindi, ricorreva in Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 14196, ha rigettato il ricorso confermando la giustezza del principio di diritto cui si era rifatto il giudice della pronuncia impugnata, in quanto tale principio rappresentava il consolidato orientamento della Cassazione in materia di equiparazione tra terrazzo a livello e lastrico solare.
L'equiparazione sta nell'identità di funzione; poiché il lastrico solare dell'edificio svolge funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all'obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare dell'uso esclusivo; pertanto dei danni cagionati all'appartamento sottostante per le infiltrazioni d'acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione secondo le proporzioni stabilite dall'art. 1126 c.c., vale a dire i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo (Cass. S.U. 29-4-1997 n. 3672; Cass. 11-9-1998 n. 9009; Cass. 17-1-2003 n. 642; Cass. 13-3-2007 n. 5848, con la precisazione che tale orientamento trova applicazione anche nell'ipotesi, […], di terrazza a livello che assolve alla stessa funzione del lastrico solare, Cass. 17-10-2001 n. 12682); di qui quindi l'erroneità del richiamo del ricorrente principale all'art. 2051 c.c. ai fini di individuare i soggetti responsabili dei danni arrecati dal lastrico solare o dalla terrazza a livello all'appartamento sottostante (Cass. 27 giugno 2011 n. 14196).
Riportare integralmente questo principio di diritto è utile perché le pronunce della Cassazione, pur non avendo la stessa efficacia di una legge, rappresentano la loro concreta applicazione e interpretazione.
Se il principio è espresso più volte e sempre allo stesso modo, esso per quanto soggetto a variazioni (molto difficili allorquando sia espresso dalle Sezioni Unite, ma non è questo il caso), rappresenta una sorta di stella polare cui i giudici guardano nella risoluzione di casi analoghi.
Non sempre le spese per il risarcimento del danno proveniente dal terrazzo a livello devono essere poste a carico di tutti i condòmini, ai sensi dell'art. 1126 c.c.
In alcune ipotesi, infatti, esse andranno sostenute del solo condomino proprietario di tale parte di edificio; ciò accadrà allorquando vi sia una sua precisa responsabilità nella causazione del danno.
Insomma l'uguaglianza di funzione svolta da terrazzo a livello e lastrico solare, non fa venire meno gli obblighi di custodia del proprietario del primo; un esempio, come spesso accade, aiuterà a comprendere questa distinzione.
Durante un violento acquazzone il sig. Tizio rientrato a casa dopo un periodo fuori città la trova parzialmente allagata. La causa del fatto, come gli è stato possibile verificare immediatamente, stava nel cattivo funzionamento del pluviale del terrazzino a livello adiacente a quello di sua proprietà, di proprietà di Caio; infatti, una volta scavalcato il muretto divisorio e liberato lo scolo intasato, il deflusso dell'acqua è tornato normale.
In questo modo Tizio è potuto rientrare a casa e, ahilui, ha dovuto raccogliere parecchia acqua e dopo contare i danni. Pavimenti rovinati, mobili in legno intaccati dalla troppa acqua e danni anche ai tappeti.
In questo caso, quali sono i diritti dello sfortunato proprietario dell'appartamento?
La risposta al quesito sta nell'art. 2051 c.c. che disciplina la responsabilità per il danno da cose in custodia, a mente del quale ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
La giurisprudenza ha chiarito che la norma in esame prevede un'ipotesi di responsabilità obiettiva, ossia non v'è bisogno di accertare che il fatto dannoso si sia verificato per specifica volontà del custode o per sua negligenza nella custodia del bene dal quale proviene.
Unico modo per andare esenti da responsabilità è la dimostrazione dell'avvenimento di un caso fortuito, ossia di un evento imprevedibile ed estraneo dalla sfera di intervento del custode e che sia di per sé capace di causare il danno lamentato (cfr. in tal senso, tra le tante, Cass. 7 aprile 2010 n. 3229; Cass. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. 5 dicembre 2003, n. 28811; Cass. 28 giugno 2012 n. 10860).
Tirando le fila del discorso dal punto di vista dell'onere della prova, ove vi sia rapporto di custodia, la responsabilità ex art. 2051 c.c. al danneggiato spetterà di provare solamente che c'è stato un danno e che questo è provenuto dalla cosa del custode (così detto nesso causale) senza necessità di dimostrare il dolo o la colpa del custode stesso; quest'ultimo potrà liberarsi dalla responsabilità solamente dimostrando l'accadimento di un fattore fortuito, cioè estraneo alla sua sfera d'intervento.
In definitiva Tizio potrà agire contro Caio per ottenere il risarcimento del danno provando il fatto dannoso (ossia l'occlusione del pluviale), il danno e il nesso tra i due fatti.
Caio potrà liberarsi dalla responsabilità provando il caso fortuito che in questo caso può essere individuato nell'occlusione dovuta a fattori assolutamente imprevedibili (es. caduta di fogliame dai piani superiori contestualmente alla pioggia).
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