Parti comuni dell'edificio e regolamento condominiale assembleare

In tema di condominio, se sussiste incertezza sulla condominialità o meno di alcune parti dell'edificio, la soluzione non può essere data dal regolamento assembleare.
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Parti comuni del condominio


Il condominio, lo dice la parola stessa, altro non è che una forma di comunione (forzosa) tra più persone (i condomini) proprietarie di unità immobiliari tra loro distinte su delle parti di un edificio o comunque su beni, servizi ed impianti in comune tra di esse.

CondominioLa definizione così allargata tiene conto delle novità introdotte dalla così detta riforma del condominio, la quale, con l'introduzione nel codice civile dell'art. 1117-bis, ha allargato l'applicazione della normativa sui condomini anche ai così detti condominii orizzontali ed a tutte quelle fattispecie assimilabili.

In questo contesto, come dice l'art. 1117 c.c., sono parti comuni (salvo diversa indicazione del titolo) tutti quei beni, servizi ed impianti elencati nella medesima norma.

Per titolo devono intendersi gli atti d'acquisto (meglio il primo atto d'acquisto) ed il regolamento condominiale di natura contrattuale (trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari per essere opponibile a terzi).

Si fa riferimento al primo atto d'acquisto poiché, com'ha detto in più occasioni la Suprema Corte di Cassazione, Il condominio sorge ipso iure et facto, e senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano, aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio (così Cass. 4 ottobre 2004, n. 19829).

Insomma è al momento della prima cessione che i beni di cui all'art. 1117 c.c. cadono in condominio tra i primi due condominii e poi, via via, tra tutti gli altri.

Regolamento condominialeSi badi: quelle elencate dall'art. 1117 c.c. non sono le uniche parti comuni. Com'è stato più volte affermato, infatti, l'elencazione di cui alla norma testé citata non è tassativa ma meramente esemplificativa dei beni da considerare oggetto di comunione e non pregiudica nemmeno la possibilità che un bene ivi elencato possa non essere considerato condominiale; ciò vuol dire che la valutazione della condominialità di un bene può essere superata se la cosa, per obbiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile così come beni non elencati in quella norma possono essere considerati comuni perché funzionalmente destinati al godimento strumentale di tutti.

Per portare un esempio pratico di questo concetto si pensi al sottotetto di un edificio in condominio che nemmeno dopo la riforma del condominio può essere considerato a priori condominiale oppure no.

È evidente che una norma aperta, com'è l'art. 1117 c.c., possa creare dei problemi attuativi di non poco conto che spesso possono sfociare in un contenzioso finalizzato all'esatta individuazione delle parti comuni.


Regolamento assembleare


In casi di dubbi e contrasti, però, è inutile pensare di risolvere il problema inserendo nel regolamento condominiale assembleare l'elencazione di beni, impianti e servizi che devono considerasi di proprietà comune.

Una simile clausola (sia essa frutto di una prima approvazione del regolamento, sia essa aggiunta in seguito ad una sua revisione) dovrebbe essere considerata nulla perché il regolamento assembleare non può in alcun modo menomare i diritti dei condomini sulle cose comuni e di proprietà esclusiva che devono essere considerate tali solamente in ragione dei criteri di valutazione sopra indicati.

In una causa risolta dal Tribunale di Brescia, relativa proprio ad un caso come quello appena citato, il giudice adito ha affermato che la deliberazione assembleare che non tenga conto dei criteri succitati è inefficace nei confronti del condomino dissenziente, per nullità radicale deducibile senza limitazioni di tempo e non meramente annullabile su impugnazione da proporsi entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 commi secondo e terzo c.c. (Cass. 19.11.1992 n. 12375).

In questo contesto, prosegue il giudice adito, esaminate in particolare le doglianze di parte attrice, si evidenza che l'art. l del Regolamento Condominiale effettivamente stabilisce ed attribuisce proprietà condominiali indipendentemente dall'eventuale effettiva proprietà dei singoli condomini.

Pertanto, anche senza dover esaminare i singoli atti di provenienza, si rileva come il Regolamento Condominiale non possa sostituirsi ai criteri legali per l'attribuzione dei diritti di proprietà individuale. Infatti, ai sensi dell'art. 1138 c.c. le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti soggettivi di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. (Trib. Brescia 21 gennaio 2012 n. 163).

Come dire: ciò che è di proprietà comune o esclusiva resta tale per sempre, salvo diverso accordo tra tutti gli interessati.

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