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La riforma del condominio entrata in vigore il 18 giugno del 2013, tra le varie cose, ha modificato l'art. 1137 c.c. eliminando dal testo della norma il riferimento al termine ricorso.
Il secondo comma dell'art. 1137 c.c., attualmente in vigore, recita:
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
Quanto alla richiesta di sospensione dell'efficacia della delibera (in sua assenza il deliberato è obbligatorio per tutti i condomini ai sensi dell'art. 1137, primo comma, c.c.) la legge n. 220/2012 ha chiarito, definitivamente, che essa ha natura cautelare e di conseguenza è assoggettata alle norme processuali che regolamentano questo genere di procedimenti.
È bene ricordare che ottenere la sospensiva della deliberazione condominiale, a differenza dei casi di procedimento per denuncia di nuova opera e danno temuto, non è considerata anticipatoria del giudizio di merito.
Ciò vuol dire che essa, come si capisce dal complesso normativo di cui all'art 1137 c.c. e dallo specifico richiamo all'art. 669-octies sesto comma, c.p.c. in esso contenuto, dovrà essere seguita dall'impugnazione nei termini di legge per non perdere valore.
Mentre sul procedimento cautelare non vi sono stati particolari problemi interpretativi, i dubbi sono sorti in relazione alla forma d'impugnazione delle deliberazioni.
L'eliminazione nel secondo comma dell'art. 1137 c.c. del termine ricorso non ha avuto la stessa lettura in sede di prima interpretazione.
In dottrina, difatti, non è mancato chi non ha visto alcun cambiamento rispetto ai principi espressi dalle Sezioni Unite nel 2011 per il fatto che nell'art. 1137 c.c. non vi fosse il riferimento al termine ricorso.Detta più semplicemente: secondo i fautori di questa teoria la mancanza del termine ricorso nell'art. 1137 c.c., stante il dictum della Cassazione, non impedisce di iniziare il giudizio con un ricorso.
Chi scrive s'è detto fin da subito sostenitore della tesi opposta: l'eliminazione del termine ricorso doveva essere nel senso di eliminazione della possibilità di utilizzare questa forma d'introduzione del giudizio.
In giurisprudenza si iniziano ad annotare le prime decisioni contrarie alla prima lettura della norma.
In particolare, il Tribunale di Cremona, con la sentenza n. 37 resa il 23 gennaio 2014, ha dichiarato inammissibile l'impugnazione di una deliberazione condominiale proposta con ricorso.
In sostanza il giudice lombardo afferma che se è vero che nel 2011, nella vigenza della vecchia legge, le Sezioni Unite avevano salvato l'azione introdotta con ricorso in virtù del così detto principio di conservazione degli atti anche in considerazione del fatto che la parola ricorso fosse contenuta nell'art. 1137 c.c., oggi non è più così.
In questo nuovo contesto normativo, specifica il Tribunale di Cremona, non può operare il principio di conservazione degli atti processuali (poiché l'atto non può, comunque, raggiungere lo scopo cui è destinato, ex art. 156 ultimo comma, c.p.c., pena la completa abdicazione dal generalissimo principio di congruità delle forme allo scopo o della strumentalità delle forme che costituisce la stessa ratio della disciplina che il codice di rito dedica – per usare le stesse parole usate dal legislatore nell'intitolare il Capo I del Titolo dedicato agli atti processuali – alle forme degli atti e dei provvedimenti), né può operare il meccanismo sanante di cui all'art. 164, comma 2, c.p.c. (poiché esso è regolato espressamente nei soli casi di introduzione del giudizio con citazione e poiché manca totalmente l'indicazione di una udienza di comparizione, e non solo l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163 di cui al primo comma dell'articolo in questione (Trib. Cremona 23 gennaio 2014 n. 37).
Il giudice adito, nella sentenza in esame, ha altresì specificato che la sua non è la prima presa di posizione in tal senso, rimandando ad altra pronuncia, resa dal Tribunale di Milano, in data 21.10.2013.
In questo contesto, quindi, è bene provvedere ad impugnare una delibera assembleare mediante atto di citazione lasciando da parte la vecchia prassi che consentiva l'utilizzo di una forma atipica di ricorso.
Un'annotazioe finale sui soggetti legittimati ad impugnare: la legge n. 220/2012 ha inserito specificamente nell'art. 1137 c.c. il riferimento agli astenuti che, nella vigenza della precedente legislazione, erano equiparati ai dissenzienti grazie da un consolidato orientamento giurisprudenziale espresso dalla Suprema Corte di Cassazione (si veda tra le tante Cass. 21298/07).
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