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L'art. 1120 c.c. disciplina finalità e limiti delle innovazioni sulle cose comuni.
In particolare si dice che le innovazioni, deliberate con i quorum indicati dal quinto comma dell'art. 1136 c.c., sono quelle opere finalizzate al miglioramento ed al maggior godimento delle cose comuni o al migliore rendimento (in termini economici) delle stesse.
In ogni caso, specifica il secondo comma dell'art. 1120 c.c., sono da considerarsi sempre vietate quelle opere innovative che possano recare pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, alterarne il decoro o limitare l'uso delle cose comuni anche solamente con riguardo ad un condomino.
Non tutti gli interventi modificativi delle parti comuni deliberati dall'assemblea debbono essere considerati innovativi.
In tal senso la Cassazione ha avuto modo di specificare che per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602) (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Allo stesso modo non tutte le limitazioni discendenti da opere, nel senso appena specificato, sono tali da far ritenere l'innovazione vietata.
È questo il cuore di una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (la n. 20902 dell'8 ottobre 2010).
Nel caso di specie alcuni condomini, nella forma dell'innovazione suscettibile d'utilizzazione separata (art. 1121 c.c.) avevano deliberato l'installazione dell'ascensore nel vano scale.
Il condomino del piano terra riteneva che l'esecuzione di quest'intervento fosse lesiva dei suoi diritti sulle cose comuni in quanto gli avrebbe causato una notevole riduzione di luce ed aria oltre che serie difficoltà di passaggio per accedere al suo appartamento.
Vittorioso in primo grado, l'impugnante risultava soccombente in appello.
I giudici di legittimità sulla base di quanto emerso nel corso dei giudizi di merito hanno evidenziato che l'innovazione deliberata non era fortemente limitativa dei diritti dei singoli sulle parti comuni ed anzi seppur potessero ravvisarsi delle limitazioni le stesse dovevano ritenersi compensate dal vantaggio per tutti gli altri oltre che per lo stesso condomino del piano terra che se in futuro avesse deciso di partecipare all'uso dell'ascensore avrebbe tratto in dubbio vantaggio da quel bene.
In sostanza dicono dalla Cassazione, la limitazione, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120 c.c., comma 2, ove risulti che dalla stessa non derivi, sotto il profilo del minor godimento della cosa comune, alcun pregiudizio, non essendo necessariamente previsto che dalla innovazione debba derivare per il condomino dissenziente un vantaggio compensativo (Cass. 4/7/2001 n. 9033; vedi anche Cass. 29-4-1994 n. 4152);
da tali considerazioni consegue quindi sotto tale profilo la legittimità della delibera impugnata in quanto adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 c.c., comma 5 (richiamato dall'art. 1120 c.c.) e non lesiva dei diritti all'uso ed al godimento delle parti comuni da parte di ciascun condomino ai sensi dell'art. 1120 c.c., comma 2 (che prevede il divieto di innovazioni che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino), considerato che il concetto di inservibilità espresso nel citato articolo va interpretato come sensibile menomazione dell'utilità che il condomino ritraeva secondo l'originaria costituzione della comunione, con la conseguenza che pertanto devono ritenersi consentite quelle innovazioni che, recando utilità a tutti i condomini tranne uno, comportino per quest'ultimo un pregiudizio limitato e che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità (Cass. 21-10-1998 n. 10445) (così Cass. 8 ottobre 2010 n. 20902).
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