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Negli ultimi anni il tema dell'efficienza energetica di un edificio è diventato assai rilevante da un duplice punto di vista: economico e ambientale.
Infatti, dal punto di vista economico un edificio ad alta efficienza energetica offre molti vantaggi: risulta più appetibile sul mercato immobiliare e soprattutto ha bassi costi di gestione, dovuti principalmente all'assenza di notevoli dispersioni termiche.
Dal punto vista ambientale, invece, un edificio a basso fabbisogno energetico contribuisce a ridurre notevolmente le dispersioni di anidride carbonica nell'atmosfera, provenienti in gran parte dal riscaldamento invernale e dal condizionamento estivo degli edifici.
Tuttavia il patrimonio edilizio italiano è in generale abbastanza obsoleto, e perciò la riqualificazione energetica di una tipica villetta a schiera, palazzina o edificio condominiale risulta abbastanza complessa per la presenza di numerosi ponti termici, una delle maggiori fonti di dispersioni di qualsiasi normale edificio.
Si verifica un ponte termico quando un materiale con basse prestazioni termiche (cioè buon conduttore di calore) non adeguatamente isolato attraversa una parete da parte a parte: in questo modo, nei mesi invernali il calore interno si disperde all'esterno, abbassando notevolmente l'efficienza energetica dell'involucro di un edificio.
Sono tipici esempi di ponti termici (individuabili assai facilmente con una termocamera) i pilastri, le travi e le solette di cemento armato non adeguatamente isolati, le strutture portanti in acciaio non coibentate, gli evidenti cambi di spessore delle pareti (ad esempio in corrispondenza dei termosifoni incassati sotto alle finestre), il nodo tra un sottotetto non riscaldato e i piani inferiori abitati, e infine l'attacco a terra di un edificio.
Purtroppo, intervenire sui ponti termici in maniera risolutiva risulta estremamente difficile, perché la loro presenza deriva spesso da veri e propri errori di progettazione: isolare un pilastro passante o una soletta in cemento armato è infatti costoso e invasivo.
Fortunatamente l'isolamento a cappotto esterno costituisce una soluzione alternativa decisamente efficace e assai più accessibile, in grado non solo di ridurre le dispersioni dei ponti termici, ma di coibentare efficacemente una muratura poco isolata.
Generalmente, un cappotto esterno è costituito da vari strati, e più precisamente, dall'interno (cioè a diretto contatto con la muratura) verso l'esterno:
- pannelli di materiale isolante (il cui spessore varia in funzione della zona climatica e del livello di efficienza energetica desiderata), fissati al supporto con appositi prodotti collanti o tasselli in materiali a bassa trasmittanza termica;
- un prodotto rasante;
- una reticella porta-intonaco in plastica, fibra di vetro o acciaio inox;
- una finitura superficiale, generalmente consistente in un intonaco a civile.
Un ottimo esempio di questa tecnologia è il sistema Mapetherm dell'Azienda Mapei, disponibile in varie versioni che differiscono principalmente per il materiale isolante utilizzato (polistirene espanso, lana minerale o sughero) e garantiscono permeabilità al vapore acqueo, resistenza alle intemperie e soprattutto all'umidità, stabilità meccanica e resistenza al fuoco.
Quando invece non si può intervenire sull'involucro esterno, come ad esempio nel caso di appartamenti in un condominio o in edifici plurifamigliari, una buona alternativa consiste nella realizzazione di un cappotto termico interno, che tuttavia presenta alcuni svantaggi intrinseci, tra cui:
- riduce la superficie delle stanze, perché lo strato isolante viene ovviamente applicato in corrispondenza del lato interno delle murature;
- presuppone il completo svuotamento delle stanze per la posa in opera;
- è meno efficiente rispetto a un cappotto esterno eseguito a regola d'arte, perché l'isolamento di un solo appartamento in un edificio condominiale non riesce a eliminare completamente le dispersioni e i ponti termici;
- richiede una cura maggiore nell'assicurare una ventilazione regolare dei locali, per non creare umidità di condensa con conseguente formazione di muffa e perdita di efficienza del materiale isolante.
Dal punto di vista costruttivo, il cappotto interno si trova in due diverse versioni:
- come rivestimento interno per le pareti perimetrali, come ad esempio la Controparete W623 di Knauf, formata da una barriera al vapore, lastre di materiale isolante mantenute in posizione da una struttura metallica di sostegno e un rivestimento di finitura in pannelli di cartongesso;
- come controsoffitto, formato da una struttura metallica di sostegno (generalmente in alluminio) agganciata all'intradosso del solaio, una finitura di pannelli di cartongesso o pannelli fonoassorbenti, e intercapedine riempita in lastre di materiale isolante.
Come per tutti i sistemi costruttivi e i procedimenti edilizi, anche la realizzazione di un buon isolamento a cappotto (sia interno che esterno) richiede molta cura e il rispetto di alcune regole dell'arte.
Per prima cosa, è necessario valutare sia l'esistenza di eventuali vincoli sull'edificio, sia lo stato di conservazione generale. Infatti in caso di edifici vincolati o comunque di pregio storico, artistico e testimoniale la realizzazione di un cappotto esterno potrebbe non essere ammessa dai regolamenti edilizi vigenti, mentre in murature in zone particolarmente umide o soggette a umidità di risalita capillare essa risulta fortemente sconsigliata perché, impregnando di umidità il materiale isolante, potrebbe addirittura aggravare (e non eliminare o comunque ridurre fortemente) le dispersioni termiche già esistenti.
Inoltre, è ovviamente consigliabile scegliere prodotti di aziende note e sperimentate e affidarne la posa in opera a maestranze esperte.
I materiali devono infatti poter garantire ottime prestazioni isolanti, resistenza agli agenti atmosferici (soprattutto nel caso in cui l'intonaco esterno cominci a manifestare lesioni, rigonfiamenti e distacchi) ed essere adeguati alla propria funzione, cioè non creare essi stessi ponti termici aggiuntivi.
Molto importante è poi la progettazione preliminare, non solo per quel che riguarda lo spessore dei pannelli isolanti (scelti e calcolati dal termotecnico in funzione della diversa esposizione di ciascuna parete dell'edificio, delle normative vigenti e della zona climatica di riferimento), ma anche per la scelta del fissaggio dei pannelli al supporto, che normalmente avviene tramite tasselli, la cui forma, numero e materiale variano in funzione della tipologia di muratura.
Nella posa in opera, particolare cura e attenzione richiedono invece il taglio e il fissaggio delle lastre, soprattutto in corrispondenza degli spigoli dell'edificio o di sporti come davanzali, pensiline e balconi: una giunzione non perfetta tra i vari elementi consente infatti il passaggio di aria fredda con conseguente creazione di dispersioni e ponti termici.
Anche l'esecuzione dell'intonaco di finitura è di fondamentale importanza, perché, avendo soprattutto una funzione protettiva, l'uso di materiali scadenti e una posa in opera non a regola d'arte potrebbero causarne il precoce degrado, compromettendo l'efficienza dello strato isolante.
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