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Il primo riferimento normativo in tema di distanze legali tra edifici è rappresentato dal Codice Civile che, dall'art 873 all'art. 907 disciplina la distanza dai confini, pur prevedendo qualche specifica deroga sulle distanze dai confini.
I piani regolatori, i vincoli ambientali, i Regolamenti edilizi locali, le norme di sicurezza sugli impianti e anche il codice della strada, possono aumentare le distanze minime imposte dalla Legge, ma non diminuirle (Cass., SS.UU., 19 maggio 2016, n. 10318).
Distanze minime codice civile - Foto Getty Images
Altro importante riferimento normativo, in materia di distanze tra fabbricati è il dm 1444 1968.
Ai sensi della citata normativa, occorre rispettare le seguenti distanze:
Al fine di evitare di trovarsi in spiacevoli contenziosi o di dover ripristinare lo stato dei luoghi ante costruzione per mancato rispetto delle distanze e anche risarcire il danno, occorre quindi conoscere quale sia la normativa di riferimento, come applicarla e quali sono le tutele previste.
Le distanze tra i fabbricati e i confini delle proprietà sono regolati dal Codice Civile, in primis, e da norme tecniche di attuazione di piani regolatori generali e da regolamenti edilizi comunali. Tali provvedimenti, come più volte affermato dalla giurisprudenza, hanno natura integrativa, rispetto alle norme codicistiche (Cass., 2 febbraio 2022, n. 3241).
Tra le norme integrative del codice civile sono comprese anche le normative in materia antisismica.
Al riguardo, è stato infatti affermato che in caso di costruzioni eseguite senza il rispetto delle disposizioni ancorché non integrative del codice civile sulle distanze per prevenire pericoli e danni da movimenti tellurici, occorre provvedere a eliminare lo stato di pericolo.
Allorquando non sia possibile eliminare la situazione di pericolo mediante l'impiego di postumi idonei rimedi, è prevista la completa demolizione dell'opera.
Prima di soffermarsi sulle specifiche distanze che il codice civile prevede, è utile precisare il concetto di costruzione.
Il termine costruzione non si esaurisce semplicemente in quello di edificio, manufatto costituito da muri perimetrali, ma per la giurisprudenza essa è costituita da qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo.
In particolare, rientrano nella nozione di costruzione tutti quei manufatti che si elevano dal piano di campagna e che, in ragione della consistenza e della stabile incorporazione al suolo, sono suscettibili di dar luogo a intercapedini potenzialmente pregiudizievoli.
Non rileva, ai fini dell'inquadramento della nozione di costruzione, la funzione eventualmente accessoria dell'opera rispetto ad altro immobile.
Ciò che rileva è la dimensione o lo scopo puramente ornamentale e decorativo, e infatti:
Sulla base di tali presupposti argomentativi, devono ritenersi facenti parte delle costruzioni anche i balconi (Cass., 24 marzo 1993, n. 3533) e la scala esterna in muratura (Cass., 26 maggio 1998, n. 5222).
In altri termini, gli sporti o gli aggetti in un edificio non sono considerati costruzione allorquando hanno una funzione meramente decorativa e non hanno alcun compito strutturale.
Con sentenze succedutesi nel corso degli anni, la Cassazione ha stabilito che devono intendersi come costruzioni manufatti quali:
In linea generale, non rientrano nella definizione di costruzione, rilevante ai fini del computo delle distanze legali, le opere completamente realizzate nel sottosuolo, né i manufatti che non si elevino in misura apprezzabile oltre il livello del suolo.
Allo stesso modo non rientrano in tale concetto:
In materia di rispetto delle distanze legali delle costruzioni rispetto al confine, la nozione di fondi finitimi è diversa da quella di fondi meramente "vicini".
Per fondi finitimi si intendono quelli che hanno in comune, in tutto o in parte, la linea di confine, ossia quelli le cui linee di confine, a prescindere dall'essere o meno parallele, se fatte avanzare idealmente l'una verso l'altra, vengono a incontrarsi almeno per un segmento.
Ne consegue che non possono essere invocate le norme sul rispetto delle distanze laddove i fondi abbiano in comune soltanto uno spigolo o i cui spigoli si fronteggino pur rimanendo distanti (Cass., 6 febbraio 2009, n. 3036).
Per calcolare le distanze tra edifici ha risposto la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che le distanze devono essere misurate in modo lineare e non radiale, ovvero occorre considerare la distanza rappresentata dal minimo distacco delle facciate di un fabbricato da quelle dei fabbricati che lo fronteggiano (Cass., n. 10580/2019).
Come rilevata, in tale calcolo devono essere considerati gli sporti purché non siano meramente ornamentali, ma rilevanti ai fini strutturali.
Nel computo, dunque, si deve tenere conto dei balconi, atteso che costituiscono un corpo di fabbrica (Cass., 17 settembre 2021, n. 25191).
Esistono, però, delle eccezioni anche alle distanze minime previste dalla legge o riconosciute dalla giurisprudenza nazionale, negli anni.
Sul punto, ovverosia sulla possibilità di derogare lamisura distanze tra fabbricati, si è espressa più volte la giurisprudenza che negli anni ha riconosciuto ai proprietari di terreni confinanti la possibilità di stabilire tra loro un accordo per ridurre la distanza minima.
È bene tuttavia chiarire che si può derogare alla distanza minima se il regolamento edilizio locale non abbia fissato le distanze minime.
Le distanze minime, infatti, previste dai regolamenti locali non sono utilmente derogabili, a differenza di quelle generali previste dal codice civile, per effetto di pattuizioni tra i confinanti (Cass., 6 novembre 2020, n. 24827).
La giurisprudenza, al riguardo, ha più volte affermato che:
In tema di distanze legali alle costruzioni le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi, essendo dettate - contrariamente e quelle del codice civile - a tutela dell'interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non sono derogabili dai privati. Ne consegue l'invalidità - anche nei rapporti interni - delle convenzioni stipulate fra proprietari confinanti le quali si rivelino in contrasto con le norme urbanistiche in materia di distanze, salva peraltro rimanendo la possibilità – per questi ultimi – di accordarsi sulla ripartizione tra i rispettivi fondi del distacco da osservare (Cass., 4 febbraio 2004, 2117; Cass., 22 marzo 2005, n. 6170; Cass., 23 aprile 2010, n. 9751; Cass., 18 ottobre 2018, n. 26270).
Se due fabbricati costruiti da oltre venti anni, hanno una distanza inferiore a quella fissata dalla Legge e i proprietari non hanno mai opposto alcuna obiezione, può scattare il diritto all'usucapione, ovvero, il diritto o il possesso protratto per un lungo periodo di tempo si trasforma in diritto o proprietà vera (Cass., 8 settembre 2014, n. 18888).
Tale diritto è regolato dagli articoli 1158 e seguenti del codice civile e deve essere fatto valere in giudizio con una sentenza.
L'art. 841 del codice civile afferma che in qualsiasi momento si ha il diritto di recintare la propria proprietà, mediante ad esempio muri di confine.
In particolare, i muri di confine rappresentano delimitazioni della proprietà privata e si presumono comuni ai proprietari di due fondi confinanti quando i muri sorgono sul suolo comune a entrambi e dividono le proprietà.
Ne consegue che se il muro è eretto nella proprietà di un solo soggetto, questi ne è il proprietario. Ancora è di un solo proprietario il muro che presenta sporgenze, cornicioni, mensole e simili, vani che si addentrano oltre la metà della grossezza del muro. In questo caso il muro di confine si presume del proprietario dalla cui parte questi tendono.
Tali muri di confine devono rispettare la distanza minima di tre metri prevista dall'art. 873 c.c. se ha una altezza superiore a tre metri, salvo che i regolamenti locali non prevedano norme differenti.
Ne consegue che, ai sensi dell'art. 878 c.c., il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'art. 873 c.c.
Ciò precisato, vediamo alcuni casi specifici:
Il Codice Civile stabilisce alcune prove che si possono portare a sostegno del fatto di essere l'unico proprietario del muro, come per esempio la presenza da un lato del muro di cornicioni, mensole, ecc.
In merito alle distanze in caso di alberi e piante, l'art. 892 c.c. stabilisce che occorre osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, dagli usi locali.
In assenza di qualsivoglia disposizione, occorre rispettare le seguenti distanze:
Piantando nuovi alberi bisogna rispettare una distanza che va da 1 metro a 3 metri, a seconda delle dimensioni delle piante, se cioè queste sono di alto, medio fusto o di altezza inferiore a 2,50 metri.
In particolare:
Se le piante sono più basse di un muro di recinzione nessuna distanza deve essere rispettata. (art. 892 c.c.).
Anche per le piante si può applicare il diritto di usucapione. Se muoiono però non è possibile rimpiazzarli.
È possibile pretendere il taglio delle radici o dei rami che invadono il terreno o lo spazio dell'altro confinante.
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