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Nel caso di contratto di locazione di un'unità immobiliare chi paga che cosa?
Detta in modo ancora più diretto: quali sono le spese che deve sostenere il locatore e quali quelle a carico del conduttore?
Possiamo dividere le spese in due categorie:
a) spese che riguardano le parti comuni (se l'immobile è ubicato in un edificio in condominio);
b) spese che riguardano direttamente l'unità immobiliare.
Andiamo per ordine.
Per le spese inerenti i costi di gestione del condominio, una grossa mano è data dall'art. 9, primo e secondo comma, legge n. 392/78, a mente del quale se non è diversamente stabilito dalle parti spetta al conduttore pagare interamente:
a) le spese riguardanti il servizio di pulizia;
b) quelle relative al funzionamento e all'ordinaria manutenzione dell'ascensore;
c) i costi inerenti la fornitura dell'acqua, dell'energia elettrica, del combustibile per il riscaldamento e quanto necessario per il condizionamento dell'aria;
d) il costo dello spurgo dei pozzi neri e delle latrine (nonché delle condotte fognarie condominiali);
e) in genere quanto dovuto per la fornitura di altri servizi comuni.
Rispetto al servizio di portierato, il secondo comma dell'art. 9 della legge n. 392/78 lo pone a carico del conduttore nella misura del 90 per cento, salvo accordi per il pagamento in misura inferiore.
Il servizio di pulizia scale? Lo paga il conduttore.
Luce, gas e acqua? Idem.
Le spese di rifacimento di un impianto o della facciata? Sono a carico del proprietario.
Il compenso dell'amministratore? Il caso è dubbio.
Anche se in giurisprudenza, nella dottrina e nella prassi non v'è unità di vedute, la linea più condivisibile, almeno a parere di chi scrive, è quella tracciata nel 1991 dalla Cassazione, secondo la quale i costi inerenti il compenso dell'amministratore e le spese da esso sostenute non rientrano tra le spese condominiali che l'art. 9 della legge n. 392 del 1978 pone a carico del conduttore dell'immobile e di conseguenza il loro mancato pagamento non è considerabile un inadempimento utile al proprietario ai fini della possibilità di domandare la risoluzione del contratto (Cass. 3 giugno 1991, n. 6216). È utile ricordare che rispetto al condominio l'unico responsabile (ossia la persona che se non paga può vedersi notificato un decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c.) è sempre e solo il proprietario; questa ripartizione degli oneri condominiali ha mera rilevanza interna al rapporto contrattuale.
Nel mese di maggio del 2014 le principali associazioni dei proprietari e degli inquilini hanno siglato un accordo, registrato presso l'Agenzia delle entrate, contenente indicazioni relative alla ripartizione delle spese tra inquilino e proprietario nell'ambito dei contratti di locazione. Questo accordo, è utile ricordarlo, ha valore vincolante solamente se richiamato dalle parti nel contratto.
Giuntagli la richiesta di pagamento il conduttore ha due mesi per pagare. Prima di farlo, però, ha diritto di ottenere l'indicazione specifica delle spese a lui riferibili, nonché il diritto di prendere visione ed estrarre copia dei documenti giustificativi di queste spese (cfr. artt. 9, terzo comma, l. n. 392/78 e 1130-bis, primo comma, c.c.).
Se si rompe una tubatura del bagno? Paga il proprietario.
Si rompe la caldaia a seguito di un violento temporale? Lo stesso.
Si rompe la tapparella in conseguenza del lungo e prolungato utilizzo? Paga il conduttore.
Quali sono le norme di riferimento, insomma quelle che ci consentono di dare queste risposte?
In primis c'è l'art. 1576 c.c., che impone al locatore di eseguire, in costanza di contratto, ogni riparazione che si rendesse necessaria, eccezion fatta per quelle di piccola manutenzione che devono essere eseguite dal conduttore.
In questo contesto l'art. 1609 del codice civile specifica che le riparazioni di piccola manutenzione cui deve far fronte l'inquilino, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito.
Quali siano le riparazioni dovute all'uso, alla vetustà o al caso fortuito, in mancanza di accordo tra le parti, lo stabiliscono gli usi locali.
Nel silenzio di questi ultimi, la decisione è rimessa al giudice che valuterà i fatti secondo il proprio prudente apprezzamento.
Il caso fortuito è un evento imprevisto ed imprevedibile a seguito del quale la cosa locata subisce un danno.
Il temporale di cui sopra ne rappresenta l‘esempio classico.
La vetustà, come si legge su un qualunque vocabolario, è la vecchiaia della cosa dalla quale discende la rottura e quindi la necessità di riparazione.
La valvola di una caldaia che si rompe a causa dell'età dell'impianto dovrà essere sostituita dal proprietario.
Non sempre gli effetti derivanti dalla vetustà, ai fini che ci occupano, sono facilmente distinguibili da quelli dovuti all'uso.
Un esempio.
Il rubinetto del lavandino della cucina può rompersi in quanto vecchio perché utilizzato per tantissimi anni.
Il secondo comma dell'art. 1609 c.c. specifica che in mancanza di determinazione delle spese riconducibili nell'alveo della vetustà, dell'uso o del caso fortuito si decide in base agli usi locali.
E se nemmeno gli usi locali affermano nulla?
In casi del genere, ad avviso di chi scrive, la spesa dev'essere posta a carico del conduttore il cui uso ha influito sulla vetustà. Come si diceva in precedenza, la valutazione ultima in assenza di criteri di riferimento spetta sempre al giudice adito per risolvere la controversia.
Chiaramente chi è in affitto da pochi mesi non può vedersi imputati costi per interventi manutentivi dovuti a questi motivi.
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