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Una delle maggiori cause di degrado degli edifici storici è costituita dall'umidità di risalita, generalmente proveniente dalle fondazioni non adeguatamente isolate dall'umidità del terreno o addirittura da una falda acquifera superficiale: nelle murature molto porose (come quelle di mattoni pieni o pietre come il tufo e l'arenaria) l'acqua tende infatti a risalire per capillarità, causando gravi danni alle finiture superficiali, e in particolare agli intonaci e ai giunti di malta.
Il degrado più rilevante è dovuto ai sali solubili, che cristallizzandosi nel punto più alto raggiunto dall'umidità di risalita, e grazie alla ripetizione di numerosi cicli di imbibizione e successiva evaporazione, formano efflorescenze e sub- efflorescenze saline. Le efflorescenze appaiono in superficie come chiazze generalmente di colore biancastro, mentre le sub-efflorescenze restano nascoste tra la muratura e lo strato di intonaco oppure nelle lesioni e cavità di un materiale poroso.
Le forme di degrado (catalogate secondo il lessico Normal) associate a tali fenomeni sono rispettivamente la disgregazione e polverizzazione dell'intonaco e dei giunti di malta nel caso di efflorescenze; rigonfiamenti, distacchi, scagliatura e fessurazione in corrispondenza delle sub-efflorescenze.
Inoltre, se trascurata oppure se - peggio ancora - trattata in modo errato (ad esempio applicando tinteggiature superficiali completamente impermeabili e non traspiranti), l'umidità di risalita può imbibire le murature fino ad altezze notevoli (in alcuni casi anche cinque o sei metri), riducendo drasticamente il comfort ambientale delle stanze interessate.
Ovviamente il fenomeno è più diffuso in zone molto umide o con forte presenza di acqua, tra cui Venezia.
Risulta quindi fondamentale difendere le murature con opportuni provvedimenti, soprattutto nel caso di edifici con intonaci decorati, affreschi o finiture superficiali particolarmente pregiate (rivestimenti lapidei, mosaici, eccetera).
Spesso il più efficace è proprio la creazione di barriere chimiche all'umidità mediante la semplice iniezione all'interno della muratura di opportuni prodotti assolutamente impermeabili all'acqua e non traspiranti.
Valido il metodo fai da te Grandisol
Il metodo di lavorazione non è particolarmente complesso, e sul mercato si trovano numerose aziende (tra cui la DAR.DE.CA. Costruzioni) in grado di offrire un trattamento a regola d'arte.
Per prima cosa, è necessario pulire accuratamente il piede della muratura, rimuovendo qualsiasi traccia di deposito superficiale pulverulento, patine biologiche o infestazioni di muffe e licheni, e ovviamente gli eventuali intonaci ammalorati preesistenti.
Successivamente, lungo tutto il perimetro dell'edificio, e se necessario anche nei muri interni, vengono praticate due file di fori di piccolo diametro (14-16 mm) a una distanza di circa 15 cm l'uno dall'altro e disposti in modo sfalsato, come si nota nella figura in alto a sinistra.
La profondità dei fori è direttamente proporzionale allo spessore del muro.
A questo punto, in ogni foro si inserisce un ugello collegato a un compressore munito di manometri: l'iniezione del prodotto va infatti eseguita a una pressione compresa, a seconda della tipologia e porosità della parete, tra 0,5 e 0,8 atmosfere e soprattutto fino a rifiuto, cioè fino a quando la muratura non ne risulterà completamente impregnata.
Non è quindi possibile stabilire a priori la quantità di prodotto necessaria: iniettarne troppo poco renderebbe infatti l'operazione completamente inutile, perché lascerebbe degli interstizi attraverso cui l'acqua potrebbe penetrare ugualmente.
Per formare una barriera chimica i composti più adatti sono delle soluzioni acquose di silani e silossani, atossici, impermeabili e non traspiranti, in grado di aderire perfettamente alle microcavità del materiale che costituisce la muratura.
In commercio esistono numerosi prodotti già pronti, come ad esempio il Mapestop dell'Azienda Mapei: una parete di 40 cm di spessore richiede indicativamente 8-9 kg di soluzione (pari a 0,4-0,6 kg di prodotto non diluito) per ogni metro lineare di barriera chimica.
Una volta iniettata la soluzione e rimossi gli ugelli, è possibile completare il lavoro stuccando i fori con una malta simile a quella dei giunti di allettamento, e deumidificando la muratura ad esempio con un intonaco macro-poroso.
Tuttavia per essere efficace, una barriera chimica contro l'umidità di risalita deve essere continua, senza cioè interrompersi in corrispondenza di porte, finestre o altre soluzioni di continuità, perché altrimenti l'acqua potrebbe ugualmente trovare un varco e penetrare nella muratura, peggiorando notevolmente il problema in alcuni punti ben localizzati (e cioè in corrispondenza delle interruzioni nella barriera).
Appare perciò consigliabile iniettare il prodotto anche vicino agli stipiti e sull'architrave dei vani di porte e finestre.
Inoltre, i migliori risultati si ottengono in muri dalla tessitura regolare, cioè con corsi di mattoni e/o conci di pietra ordinati e ben paralleli tra loro, e soprattutto non particolarmente porosi.
Infatti, in murature molto irregolari, ad esempio formate da vecchi mattoni di recupero o perfino mezzi coppi e sassi (come se ne vedono molti negli edifici storici specialmente rurali), oppure di ciottoli e pietrame disposto secondo la tecnica dell'opus incertum, o ancora di materiali molto porosi come il tufo e l'arenaria, la barriera chimica potrebbe risultare inefficace o estremamente costosa per l'altissima quantità di prodotto richiesto.
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