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I procedimenti di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, alla pari di qualunque altra azione legale riguardante gli artt. 1117-1139 c.c. e 61-72 disp. att. c.c. è soggetta al preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.
Questa, in breve sintesi, la decisione resa dal Tribunale di Padova con decreto datato 24 febbraio 2015, al termine di un procedimento in camera di consiglio attivato per ottenere la revoca giudiziale di un amministratore di condominio.
La decisione del collegio padovano non ha mancato di sollevare perplessità e contestazioni fra gli addetti ai lavori; la pronuncia, stringatamente motivata, pone le sue basi su una lettura delle norme che, qualora dovesse trovare conferme, inchioderebbe l'intero contenzioso condominiale al preventivo esperimento della procedura di conciliazione, anche nelle ipotesi in cui ciò non è generalmente obbligatorio.
È utile comprendere perché il decreto del Tribunale di Padova sia criticabile.
L'amministratore di condominio, dice l'art. 1129 c.c., può essere revocato:
a) dall'assemblea, in qualunque momento;
b) dall'Autorità Giudiziaria, nei casi indicati dall'undicesimo e dodicesimo comma dell'art. 1129 c.c. e così sintetizzabili:
b1) per mancata apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale;
b2) per gravi irregolarità fiscali;
b3) per non aver informato l'assemblea di provvedimenti amministrativi o giudiziari esorbitanti le proprie funzioni;
b4) per gravi irregolarità nella gestione di cui l'art. 1129, dodicesimo comma, c.c. propone un'elencazione esemplificativa.
Le ipotesi di revoca giudiziale di cui alla lettere b1) e b2) devono essere precedute da un tentativo di revoca assembleare. Negli altri casi, ciascun condomino può agire in giudizio senza preventivo passaggio assembleare. La giurisprudenza è unanimemente orientata nel senso di ricondurre il procedimento di revoca giudiziale (al pari di quello di nomina giudiziale) nell'alveo dei procedimenti di volontaria giurisdizione (cfr. Cass. SS.UU. 29 ottobre 2004 n. 20957).
Il d.lgs n. 28/2010 ha introdotto nel nostro ordinamento il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie civili e commerciali; in pratica prima di andare in causa bisogna rivolgersi a un organismo di mediazione abilitato altrimenti la domanda giudiziale è improcedibile.
L'art. 5, primo comma, prevedeva che anche le controversie condominiali fossero soggette a questo tentativo. Utilizziamo il verbo imperfetto perché quella norma fu dichiarata incostituzionale nel 2012.
L'obbligatorietà della mediazione è stata re-introdotta nel 2013 con l'aggiunta del comma 1-bis dell'art. 5 d.lgs. n. 28/2010. In ogni caso, afferma il quarto comma del medesimo articolo, la procedura di mediazione non si applica:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
f) nei procedimenti in camera di consiglio;
g) nell'azione civile esercitata nel processo penale.
Tra i procedimenti in camera di consiglio vanno annoverati quelli di volontaria giurisdizione.
Il Tribunale di Padova, nel suindicato decreto, ha ritenuto che per combinato disp. Artt. 71 quater e 64 disp. att. c.c., la controversia rientra tra quelle soggette all'obbligo della mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010.
Si tratta di un ragionamento scarnamente motivato e comunque non condivisibile. È vero che l'art. 71-quater disp. att. c.c. fa riferimento a tutte le norme dettate in materia di condominio negli edifici per indentificare le materie soggette al tentativo di mediazione. Ciò, però, non fa venire meno il carattere speciale della disciplina di cui al d.lgs. n. 28/2010. Qualora poi si dovesse considerare l'art. 71-quater disp. att. c.c. norma speciale successiva al decreto n. 28, non può non farsi notare che il comma 1-bis del d.lgs. n. 28/2010 è stato approvato successivamente all'entrata in vigore della riforma del condominio.
Come dire: siccome il comma 1-bis disciplina le materie soggette al tentativo obbligatorio di mediazione e siccome il comma quarto dell'art. 5 specifica chiaramente che il comma 1-bis non si applica ai procedimenti sopraelencati, ne dovrebbe discendere che anche i procedimenti in camera di consiglio aventi a oggetto la materia condominiale non debbano essere considerati soggetti al preventivo esperimento del tentativo di mediazione.
Resta poi il fatto che il d.lgs. n. 28/2010 riguarda le controversie, mentre il procedimento di revoca dell'amministratore condominiale non ha comunque natura contenziosa.
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