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Si sente spesso parlare di volume tecnico o, in forma di sinonimo, di vano tecnologico; la legge non fornisce una descrizione puntuale di questa struttura.
La domanda, quindi, sorge spontanea: che cos'è un volume tecnico?
La questione è di non poco conto poiché la realizzazione del volume tecnico non incide sul computo della volumetria complessiva relativa all'immobile da costruire e/o ricostruire.
Come spesse accade nei casi di assenza di chiare definizioni legislative è necessario volgere lo sguardo all'opera dell'interprete ed in particolare della giurisprudenza.
In tal senso, nella più recente pronuncia del Consiglio di Stato (conforme ai precedenti) che si rintraccia sull'argomento, si legge che I volumi tecnici sono quei manufatti essenzialmente destinati ad ospitare impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzazione dell'immobile (ossia, ad esempio, gli impianti idrici, gli impianti termici, gli ascensori e i macchinari in genere), nel mentre non possono rientrare in tale nozione i volumi che assolvano ad una funzione diversa, sia pur necessaria al godimento dell'edificio stesso e delle sue singole porzioni di proprietà individuale (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 4 marzo 2008 n. 918 e, più recentemente, anche Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2011 n. 812) (C.d.S. 8 gennaio 2013 n. 32).
In questo contesto – è sempre il Consiglio di Stato a parlare - sono computabili ai fini della volumetria consentita - le soffitte, gli stenditori chiusi e quelli di sgombero, nonché il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma costituente in realtà, come nella specie, una mansarda in quanto dotato di rilevante altezza media rispetto al piano di gronda (cfr. Cons. St., Sez. V, 13 maggio 1997 n. 483) (così C.d.S. 4 marzo 2008 n. 918).
Insomma il volume tecnico deve servire solamente a fini strumentali connessi al posizionamento d'impianti utili alle parti di proprietà esclusiva o comune di un edificio, diversamente dev'essere considerato un vano, eventualmente non censibile.
Le vicende inerenti l'edificazione dei vani tecnici si intersecano con le norme legislative e regolamentari (leggasi regolamenti edilizi locali) dettate in tema di distanze tra le costruzioni.
Il codice civile, all'art. 873, specifica che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
In tema di distanza tra le costruzioni si applica il così detto principio della prevenzione: ciò vuol dire che la distanza normativa o regolamentare dev'essere misurata dall'edificio costruito per primo.
Insomma chi prima costruisce, salvo le norme sulle distanze dai confini, determina anche la concreta utilizzabilità del fondo altrui.
Che cosa deve intendersi per costruzione ai fini del calcolo delle distanze?
Secondo la Cassazione, che in materia è intervenuta più d'una volta, ai fini dell'osservanza delle distanze legali di cui agli artt. 873 e seguenti c.c., nonché di quelle prescritte dagli strumenti urbanistici o normativi che integrano la disciplina codicistica, deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall'uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione (Cass. 28 settembre 2007 n. 20574).
Secondo la definizione fornita dalla Corte di Cassazione non v'è dubbio che anche i volumi tecnici debbano essere considerati delle costruzioni, ergo: pure i vani tecnologici devono essere considerati ai fini del rispetto delle distanze tra le costruzioni.
Di tale affermazione contiene conferma una sentenza del Tribunale di Firenze, resa il 20 maggio 2014, nella causa sottesa si litigava in relazione alla distanza di un volume tecnico dal confine.
Il giudice toscano ha affermato che in assenza di una specifica regolamentazione locale sulle distanze dei volumi tecnici deve, quindi, trovare applicazione la disciplina generale prevista dall'art 873 cc che fissa in metri tre la distanza tra costruzioni su fondi finitimi.
Insomma il volume tecnico è una costruzione e deve rispettare le norme dettate in materia di distanze, pena la possibilità di chiederne la rimozione o l'arretramento a distanza di legge.
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