Il condominio nel cui ambito coesistono piani, o porzioni di essi, può accadere che si presenti la necessità di dover agire per la salvaguardia di entrambe le proprietà.
Il condominio negli edifici è una comunione forzosa nel cui ambito coesistono piani, o porzioni di essi, di proprietà esclusiva (le unità immobiliari) e parti di proprietà comune ai titolari dei primi.
Può accadere che nel corso del tempo si presenti la necessità di dover agire per la salvaguardia di entrambe le proprietà.
Quando la questione riguarda una parte di proprietà esclusiva, l'unico soggetto legittimato ad agire è il proprietario dell'unità immobiliare.
Si pensi al condomino che lamenta immissioni moleste da parte di uno dei suoi vicini, il quale, non riuscendo a risolvere la situazione in via bonaria, decida di agire in sede giudiziaria attraverso la cosiddetta azione inibitoria ex art. 844 c.c. e quella risarcitoria classica basta sull'art. 2043 c.c.
Sempre in relazione alle parti di proprietà esclusiva, si faccia riferimento a quel condomino che vistosi occupare una parte del suo giardino, non recintato, proponga un'azione di regolamento dei confini, oppure ancora un'azione di rivendicazione od una negatoria (artt. 948-951 c.c.).Può anche accadere che il condomino tema che possa verificarsi un danno alla sua abitazione a seguito di un'opera di altro condomino sulla sua proprietà o a causa della trascuratezza dello stesso nella manutenzione e riparazione della sua parte d'immobile.
Queste sono le così dette azioni di denuncia di nuova opera o di danno temuto (artt. 1171-1172 c.c.) chiamate azioni conservative e che se riguardano la proprietà esclusiva vedono sempre come unico legittimato (attivo e passivo) il condomino titolare della stessa.
Che cosa accade se, invece, le medesime azioni debbono essere proposte o magari vengono azionate contro il condominio per questioni attinenti le parti comuni dello stabile?
La domanda, è evidente, riguarda la legittimazione attiva e passiva a stare in giudizio e più nello specifico la legittimazione a stare in giudizio dell'amministratore di condominio.
È naturale, d'altronde, che in presenza di un legale rappresentante dei condomini ci si chieda quali siano i limiti delle sue attribuzioni, anche in relazione alle azioni giudiziarie.
Il codice civile, lo si dice eufemisticamente, non dà un grosso aiuto per l'inquadramento e risoluzione della vicenda.
Come accade spesso, allora, è necessario valutare quale sia l'orientamento giurisprudenziale in materia.
La legittimazione passiva, a dire di certa giurisprudenza non ha limiti, seppure la presa di posizione non è pacifica ed è atteso un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite (cfr. Cass. n. 2568/09).
La legittimazione attiva, invece, è delimitata a quelle che sono le attribuzioni dell'amministratore e quindi ai sensi dell'art. 1130 n. 4 c.c. ai soli atti conservativi.
Di tanto è convinta la Corte di Cassazione che in più occasione ha avuto modo di affermare che le azioni reali nei confronti dei terzi a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio tendono a statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi e pertanto, esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall'amministratore del condominio; infatti, mentre secondo dall'art. 1131, comma 2, c.c. la legittimazione passiva è attribuita all'amministratore con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni, l'art. 1130 n. 4 c.c. ne limita la legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell'edificio, come confermato da quelle norme (come ad es. l'art. 460 c.c.) che, nel menzionare gli atti conservativi, escludono che fra di essi siano comprese le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono.
Pertanto, non rientra fra le attribuzioni dell'amministratore l'azione di natura reale con cui i condomini di un edificio chiedano l'accertamento della contitolarità del diritto reale d'uso regolarmente costituito con atto pubblico dal venditore-costruttore su un'area di cui lo stesso costruttore-venditore si sia riservato la proprietà.
(così Cass. 24 novembre 2004 n. 24764).
Come dire:
se non v'è una deliberazione assembleare di promozione della lite, l'amministratore non potrà agire autonomamente salvo che non si tratti di azione per denuncia di nuova opera o di danno temuto.