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L'aspetto delle coperture degli edifici tradizionali, e cioè la loro forma, il colore e i materiali costitutivi, sono uno degli elementi peculiari e caratterizzanti del paesaggio urbano e rurale, e in particolare dei centri storici.
Inoltre, hanno un elevato valore testimoniale, perché documentano tradizioni costruttive ormai obsolete e spesso cadute in disuso: la loro conservazione e tutela è perciò un preciso dovere culturale per tutti coloro che in varia veste (come proprietari, imprenditori edili o tecnici progettisti) sono chiamati a intervenire su esse.
In linea generale, a ciascuna regione italiana e tipologia costruttiva corrisponde una precisa forma e modello di copertura.
In particolare, per gli edifici molto piccoli (ad esempio pozzi, legnaie, pollai e porcili) o per le altane si preferivano le coperture a falda unica, mentre per fabbricati più complessi, come case, stalle e granai si utilizzavano i tetti a capanna, con due falde generalmente simmetriche (cioè con la stessa inclinazione) e le murature dei lati corti fornite di timpani triangolari, ovviamente non decorati.
Un tetto con tre o più falde è invece detto a padiglione: si tratta di soluzioni compositive già più complesse, perché si prestano molto bene anche a coprire edifici di forma decisamente irregolare e con vari corpi di fabbrica.
Nelle regioni meridionali troviamo invece i tetti piani a terrazza, mentre le coperture voltate (generalmente a botte) e le cupole sono riservate alle chiese o a edifici specialistici come castelli e grandi ville nobiliari, soprattutto se costruiti tra il XIX e il XX secolo, cioè durante l'epoca d'oro dell'Eclettismo e del Liberty: un tipico esempio di queste coperture, caratterizzate da torrette e cupole di aspetto fiabesco, è costituto dalla Rocchetta Mattei nei pressi di Bologna.
La pendenza dei tetti è invece influenzata soprattutto dal clima locale: se infatti negli edifici delle regioni meridionali troviamo i già ricordati tetti piani o con inclinazioni minime, nell'Italia centrale e nella pianura padana è consueta una pendenza di circa 30-35°, mentre in alcune località dell'arco alpino si arriva anche a 50-60°.
I materiali utilizzati per le coperture dipendono soprattutto dalla disponibilità locale. Anticamente infatti il trasporto dei materiali da costruzione avveniva per mezzo di carri trainati da buoi, e perciò era molto costoso: i materiali di importazione erano quindi riservati agli edifici più ricchi, mentre per l'edilizia minore (cioè le case dei ceti inferiori) si ripiegava su quanto reperibile in loco.
Nelle pianure o nelle regioni collinari, in zone cioè ricche di argilla, uno dei materiali principali nell'edilizia era costituito dai laterizi: mattoni per le murature e tegole di varia foggia per i manti di copertura.
La forma delle tegole e le caratteristiche del manto di copertura variano infatti secondo le tradizioni locali.
Nella pianura padana - e soprattutto a Bologna - i tetti sono ad esempio coperti dai coppi, tegole di forma troncoconica disposte in doppio strato: una fila di coppi (coppi rovesci) sistemati con la parte curva verso il basso, in modo da incanalare correttamente le acque piovane, e una fila sopra i primi (coppi dritti) con la parte curva verso l'alto, allo scopo di ricoprire gli interstizi tra i coppi rovesci.
Nell'Italia centrale, e in particolare in Umbria, Lazio e Toscana, i coppi rovesci sono invece sostituiti da tegole piatte con sottili alette laterali chiamate embrici: è un manto di copertura molto antico, essendo già attestato nelle domus di Pompei ed Ercolano.
Il colmo e i displuvi sono sempre protetti da una fila di grossi coppi detti coppesse, mentre nei compluvi è necessario disporre con molta attenzione una fila di embrici o coppi rovesci sopra una conversa in lamiera.
Nelle zone montane (e soprattutto in Piemonte e Valle d'Aosta), cioè dove l'argilla scarseggia, il materiale da costruzione più diffuso è la pietra, utilizzata non solo nei muri formati da sassi cavati dal greto dei torrenti o spaccati in apposite cave, ma anche sui tetti: a questo fine, vengono generalmente impiegate rocce con una struttura fortemente stratificata, come lo gneiss, la beola e la quarzite.
Le rocce vengono semplicemente spaccate con martello e scalpello, ottenendo lastre di forma irregolare chiamate lose, che successivamente sono disposte partendo dallo sporto di gronda e sovrapponendole parzialmente; le lose sui lati o in corrispondenza del colmo e dello sporto di gronda vengono accuratamente tagliate manualmente.
Il colmo e i compluvi sono invece formati da sottili lastre piatte grosso modo rettangolari. Naturalmente, anche in questo caso è necessario proteggere i displuvi con le converse.
In altre regioni particolarmente ricche di boschi, e specialmente in Trentino-Alto Adige, le lastre di pietra sono sostituite da sottili scandole lignee, generalmente di larice.
Tipiche dei masi (cioè delle abitazioni rurali delle zone montane) e delle malghe costruite quasi interamente in legno secondo la tecnica del blockbau, queste coperture, se eseguite a regola d'arte e sottoposte a regolare manutenzione, possono rimanere efficienti anche per più di un secolo.
Generalmente le scandole vengono disposte in tre strati sovrapposti. Nei tetti con maggiori pendenze, sono di piccole dimensioni e inchiodate direttamente al tavolato strutturale della copertura (oppure ai travetti negli edifici più poveri), mentre nelle falde meno inclinate si usano elementi di dimensioni maggiori, semplicemente appoggiati all'orditura di sostegno: in questi casi, per impedire che il vento danneggi il manto di copertura, è però necessario appesantirlo correttamente tramite correnti orizzontali di legno e grossi sassi disposti regolarmente.
In alcuni edifici molto pregiati, o su coperture dalla forma insolita come cupole o falde molto inclinate, è invece possibile osservare manti di copertura in lastre metalliche, generalmente piombo o rame.
In questi casi, le lastre venivano fissate (generalmente tramite chiodatura) a una struttura di supporto in legno; la giunzione laterale era invece eseguita accostando molto accuratamente i bordi delle lastre e successivamente ripiegandoli varie volte fino a formare un cordolo lievemente aggettante.
Nei paesi del Mezzogiorno e della Sicilia, sono infine molto diffusi i tetti piani, a volte praticabili: in questi casi, sono spesso dotati di un parapetto in muratura, e vengono pavimentati con materiali impermeabili. Le case tradizionali di questi luoghi appaiono perciò simili a piccoli dadi, come si nota molto bene nel borgo medievale di Erice.
Tuttavia, per evitare il ristagno delle acque piovane e la conseguente creazione di infiltrazioni, è sempre prevista una minima pendenza, generalmente non percepibile a un primo sguardo.
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