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Per demolizione parziale si intende quella relativa alle sole opere realizzate abusivamente, quando evidentemente non tutta la costruzione è abusiva.
Precisamente, ai sensi dell'art. 34, d.p.r. 380/2001, dedicato agli Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, il comune ne ordina la rimozione o demolizione entro un congruo termine a cura e spese del responsabili dell'abuso; se, trascorso tale termine l'ordine non viene eseguito, alla rimozione o demolizione provvederà il comune a spese dei responsabili.
Se dall'ordine di demolizione relativo a quelle sole parti può derivare danno per quelle lecite la demolizione non va effettuata.
Dispone infatti sempre l'art. 34, co.2, d.p.r. 380/2001 che Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il comune irroga una sanzione pari al doppio del costo di produzione... della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
In luogo della sanzione reale, cioè direttamente riferita all'immobile, si avrà dunque una sanzione pecuniaria.
È spesso precisato che la previsione di cui all'art. 34 riguarda soltanto le opere eseguite in parziale difformità rispetto al titolo e non quelle eseguite in assenza di titolo (v. ad es. Tar Campania n. 4902/2009).
Secondo molte sentenze il giudizio circa la fattibilità della demolizione deve corrispondere a elementi oggettivi.
Deve cioè verificare la impossibilità tecnica di eseguire la demolizione senza danneggiare il resto della costruzione, quella conforme; tale pregiudizio spesso è riferito alla stabilità dell'immobile nel suo complesso (v. ad esempio C.d.S. n. 1912/2013).
Ma, come si sa se dalla demolizione parziale può derivare danno per le parti legali del manufatto?
Evidentemente con una verifica di fattibilità dell'operazione.
E quando si deve effettuare tale verifica? Secondo alcuni al momento in cui è irrogata al privato la sanzione della demolizione e non quando, in seguito all'inadempimento del privato all'ordine del comune, quest'ultimo andrà a sostituirsi per effettuare direttamente la demolizione.
Effettivamente sembra avere poco senso l'ordine di una sanzione la cui validità è subordinata a duna verifica effettuata solo dopo, cioè in caso di inadempimento del privato alla detta ingiunzione.
La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1056/2015 ha deciso in tal senso, uniformandosi peraltro a un orientamento che la stessa sentenza definisce consolidato.
In particolare, la detta sentenza richiama la precedente dello stesso Consiglio di Stato n. 5368/2013, che testualmente afferma che la giurisprudenza dopo alcune oscillazioni, si è attestata sull'orientamento, che questo collegio condivide, secondo cui la valutazione sulla reale fattibilità, pratica e giuridica, della demolizione debba essere effettuata al momento dell'irrogazione della sanzione, in quanto la tesi che vuol differita al procedimento di esecuzione d'ufficio la valutazione di tale fattibilità finisce col tradursi nell'illogico assunto che sia legittimo ingiungere al privato un'attività demolitoria che l'amministrazione stessa potrebbe a posteriori avvedersi non esserle possibile eseguire d'ufficio in via sostitutiva.
Altre decisioni sono dello stesso avviso: la n. 1469 del 2013 ha sancito che la valutazione tecnica dell'impossibilità di demolire operata dal comune appartiene necessariamente, sul piano logico e cronologico, alla fase precedente l'ordine di demolizione rivolto al privato (v. anche C.d.S. n. 1469/2010); tale sentenza in particolare specifica di non condividere l'opposto orientamento per cui l'ordine di demolizione sarebbe una semplice diffida e che la decisione sul se far demolire o far pagare sarebbe rinviabile alla scadenza del termine dato nell'ordine.
Motiva inoltre la detta sentenza che l'ordine di pagare una sanzione che effettua la pubblica amministrazione volge sempre al fine di ripristinare la legalità;esso rientra sempre nella stessa struttura della norma che prevede l'ordine di demolizione: dunque, la sanzione pecuniaria potrà essere comminata solo nei casi prescritti, cioè, secondo la sentenza, se risulterà l'impossibilità di demolire; e tale valutazione andrà effettuata prima dell'emanazione dell'ordine demolitorio.
Come si evince, in realtà gli orientamenti non sono così univoci: ad esempio, lo stesso Consiglio di Stato ha ritenuto valida l'ordinanza di demolizione emanata prima della valutazione di fattibilità, sancendo che detto giudizio dell'amministrazione deve pervenire nella fase esecutiva del procedimento, distinta dall'ordinanza di demolizione, dunque solo nella fase successiva alla rilevazione dell'inottemperanza (v. C.d.S. n. 2001/2013).
Per quanto riguarda le decisioni di primo grado, la giurisprudenza è piuttosto variegata: ad esempio, i Tribunali Amministrativi Regionali in certi casi statuiscono che il pregiudizio per la parte restante dell'edificio debba essere valutato dal privato, e non dalla pubblica amministrazione, non potendosi addossare al pubblico le risorse di detta operazione; operazione che deve essere stimolata dal privato mediante un'istanza (v. Tar Napoli n. 5317/2013): ciò vuol dire, dunque, che se manca l'iniziativa del privato in tal senso, non potrà incolparsi di alcunchè la p.a..
Altre sentenze decidono poi che l'assenza di giudizio di fattibilità non rende illegitttimo l'ordine di demolizione, o anche che l'anzidetto giudizio debba necessariamente assumersi dopo che il privato non ha rispettato l'ordine (v. tra tante Tar Palermo n. 211/2015), nella fase dell'esecuzione (v. Tar Napoli, n. 4474/2014).
Molte altre sentenze affermano che tra i criteri per la decisione circa la sanzione pecuniaria debbano esserci anche quelli relativi all'entità degli abusi commessi e alla possibilità di sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria (tra tante, v. Tar Palermo n. 2468/2014 e Tar Bologna n. 733/2012).
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