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Tizio cita in giudizio Caio chiedendo al giudice che sia ordinata la rimozione del cancelletto posto da Caio, a danno, secondo Tizio, del diritto di servitù del proprio fondo su quello di Caio. Caio si difende asserendo invece che non c'è alcuna servitù, ma soltanto un diritto personale, cioè solo un diritto di passo concesso a persone specifiche, cioè Tizio, cui erano state anche date le chiavi del cancelletto.
Alla fine, il giudice del primo grado riterrà esservi una servitù prediale, mentre il giudice dell'appello vi ravvederà un diritto personale di passaggio. In Cassazione, sentenza n. 21356 del 9 ottobre 2014, la pronuncia dell'appello verrà cassata, vediamo perché.
Le servitù sono definite come un'utilità ricavata da un fondo a vantaggio di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
Perché vi sia servitù è essenziale la presenza di (almeno) due fondi (normalmente) contigui, con proprietari differenti (per il brocardo nemini res sua servit, per il quale all'interno della stessa proprietà non può esservi rapporto di servitù).
Il nostro sistema giuridico non prevede servitù cosiddette personali, cioè del tutto avulse dal fondo ed intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo, besì del singolo proprietario (Cass. 190/1999).
Dal momento che i diritti reali di godimento, categoria a cui appartiene la servitù, sono un numero limitato e che quindi non possono essere che quelli previsti dal codice (cosiddetta tipicità dei diritti reali), come dobbiamo qualificare il caso sopradescritto?
In questi casi potremmo avere, invece delle servitù, delle obbligazioni personali, che le parti possono liberamente costituire. Nel nostro ordinamento vige infatti la possibilità per i privati di determinare liberamente il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono liberamente costituire modificare o estinguere rapporti giuridici tra di loro.
Infatti, in base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c., è consentito alle parti di sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti reali su cose altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori. Pertanto, invece di prevedere l'imposizione di un peso su un fondo (servente) per l'utilità di un altro (dominante), in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una qualitas fundi, le parti ben possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria (Cass. 11-2-2014 n. 3091; Cass. 4-2- 2010 n. 2651; Cass. 29-8-1991 n. 9232) (Cass. n. 21356/2014).
La distinzione fondamentale è che nell'obbligo personale manca la qualità essenziale delle servitù, cioè l'asservimento al fondo; al carattere reale (da res, cosa) delle servitù è collegata un'altra loro qualità, cioè il fatto che la servitù segue il destino del fondo: da qui il carattere dell'accessorietà e dell'ambularietà: può cambiare il proprietario, ma la servitù resterà diversamente dall'obbligo, personale, valevole solo nei confronti della o delle persone indivuate.
Ovviamente solo tali persone potranno far valere tale diritto, spettante solo a loro, appunto.
Ne consegue che alla morte, o al trasferimento del bene tra vivi, quell'obbligo personale cesserà di esistere, a meno che non intervenga un atto ad hoc.
Va da sè che la diversa individuazione comporterà effetti giuridici molto differenti e che duque possa facilmente sorgere un contenzioso.
Ciò che rileva nell'esatta individuazione della fattispecie giuridica è la ricostruzione della reale volontà delle parti.
Se ad esempio, l'utilizzo nell'atto costitutivo di espressioni come a favore della proprietà, proprietari del fondo dominante, per sè ed aventi causa (quindi anche per gli eredi, laddove in caso di dirittto personale ci sarebbe bisogno di un atto ad hoc), sembrano mal conciliarsi con l'idea di un diritto di passaggio di natura meramente obbligatoria, previsto esclusivamente per un vantaggio di determinate persone, ed appaiono piuttosto evocare l'idea di un peso imposto su un fondo (servente) per l'utilità o la maggiore comodità di un altro fondo (dominante) (Cass. n. 21356/2014).
Così ha deciso il Giudice delle Leggi nella sentenza in commento, rinvenendo in tali espressioni poste in sostituzione di altre poste in precedenti rogiti e volti a regolare lo stesso rapporto, che invece menzionavano le persone e non il fondo, la volontà delle parti di costituire una servitù prediale al posto di ciò che prima era solo un obbligo personale. Nel caso specifico il diritto reale è stato costituito sulle ceneri dell'obbligazione personale.
L'interpretazione della volontà delle parti può anche portare ad escludere la conversione del negozio nullo (la conversione del contratto nullo è la possibilià che il codice prevede che un contratto nullo possa produrre gli effeti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e forma qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità) (art. 1424) nel caso in cui l'atto non sia idoneo a costituire una servitù, ma potrebbe esserlo a costituire un diritto personale, ai sensi dell'art. 1424, dal momento che appunto l'accordo raggiunto verbalmente era nel senso di una servitù e non nel senso di un diritto personale (Cass. 23145/2006).
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