Secondo la Cassazione la presenza di una sanatoria riguardante l'installazione di condizionatori, non salva dalla contestazione di alterazione del decoro architettonico.
Innovazioni in condominio e decoro
Secondo quanto disposto dall'art. 1120, c.c. al quarto comma, devono essere considerate vietate quelle innovazioni che alternativamente o cumulativamente recano pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico oppure quelle che non causando tali conseguenze, finiscano per rendere alcune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un singolo condomino.
Uno dei limiti alle innovazioni e alle costruzioni di opere è il decoro architettonico, concetto piuttosto vago, sul quale la giurisprudenza è vasta. La sentenza in commento si aggiunge alle altre trattando due questioni: una attiene proprio al concetto di decoro, mentre l'altra attiene al rapporto tra provvedimento amministrativo e rapporti privatistici.
Dopo avere perso nei precedenti due gradi di giudizio, un condomino conveniva nuovamente il proprio condominio in grado di legittimità per chiedere la pronuncia sul quesito di diritto che recita pressappoco così: nell'ambito di un giudizio di merito non possono essere considerate vietate, in relazione all'alterazione del decoro architettonico menzionato dall'art. 1120 c.c., le innovazioni apportate da uno dei comproprietari, senza che sia verificata l'oggettiva importanza, il peso e gravità delle modifiche realizzate, sempre tenendo presente l'effettiva idoneità delle stesse modificazioni a causare un danno economicamente valutabile: ciò a maggiore ragione laddove le innovazioni siano stata sanate in via amministrativa?
Il quesito contiene in realtà due interrogativi: il primo afferisce al concetto di decoro architettonico, il secondo afferisce invece al rapporto tra provvedimento amministrativo e decoro architettonico.
La Suprema Corte, nel pronunciarsi, ha seguito l'ordine dell'esposizione dei motivi del ricorrente; partendo dal riferimento al concetto di decoro architettonico, e premettendo che l'edificio aveva una struttura e delle linee architettoniche tipiche delle strutture residenziali ed era inserito in un contesto protetto a livello paesaggistico, ha finito per condividere quanto affermato nel giudizio di merito, ossia che dalla documentazione fotografica presente negli atti di causa era evidente la lesione al decoro architettonico dell'edificio causata sia dalle dimensioni delle due apparecchiature, sia dalla loro collocazione prossima alla gronda del tetto, di cui rompevano la continuità.
Nella sentenza della corte d'appello di Roma, oggetto dell'impugnazione in Cassazione, si legge nella pronuncia n. 20985 in esame, è stata fatta corretta applicazione dell'art. 1120 c.c.; infatti, partendo dal presupposto che costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico dell'edificio in condominio, e come tale dev'essere considerata vietata, non solo quell'intervento innovativo che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quello che si riflette negativamente sull'aspetto armonico di esso, senza che su queste valutazioni possa incidere il pregio estetico dello stabile rispetto al quale è lamentata la violazione del decoro. Tali valutazioni devono essere fatte nell'ambito dei giudizi di merito e la Cassazione non può dir nulla se la decisione è adeguatamente motivata (cfr. Cass., sent. n. 10350 del 2011 e Cass. n. 20985/2014).
Provvedimento amministrativo e decoro architettonico
Riguardo ai rapporti tra provvedimento amministrativo e decoro architettonico, già la Corte di merito dichiarò che la avvenuta concessione della sanatoria in via amministrativa fosse irrilevante. In grado di legittimità la Corte conferma l'assunto specificando che i rapporti tra l'esecutore delle opere e la pubblica autorità investita della tutela urbanistica non possono interferire negativamente sulle posizioni soggettive attribuite agli altri condomini dall'art. 1120 c.c., comma 2, per la preservazione del decoro architettonico dell'edificio.
In considerazione di ciò ed in ragione di quanto stabilito dal succitato art. 1120 c.c., per accertare la legittimità dell'innovazione realizzata dal proprietario di un'unità immobiliare, eseguita dal proprietario di un piano o di una porzione di piano, in corrispondenza della sua proprietà esclusiva, è irrilevante che l'autorità preposta alla indicata tutela abbia autorizzato l'opera (cfr. Cass., S.U., sent. n. 2552 del 1975).
Davanti all'eventualità che pur ottenuta la sanatoria amministrativa la nostra innovazione possa essere contestata dal condominio e poi condannata da una sentenza, con la conseguenza di dovere rimuovere l'opera nonostante le tante energie spese, da un punto di vista pratico, è senza dubbio consigliabile mirare ad una soluzione della vicenda in via stragiudiziale; l'eventuale accordo consentirà di soddifare il proprio bisogno in armonia con la volontà degli altri condomini mantenendo sereni i rapporti di vicinato. Si tratterà di una decisione condivisa e non imposta da un terzo.
Peraltro, oggi il tentativo di mediazione in materia condominiale è obbligatorio.
L'accordo potrebbe essere peraltro raggiunto, ancora più opportunamente, in assemblea condominiale – con il consenso di tutti i partecipanti al condominio – la sede fisiologica della volontà condominiale; tanto più in una circostanza come quella in commento, ove la costruzione di un bene di proprietà individuale sulle parti comuni senza preventiva discussione può indisporre gli altri condomini (in sentenza si afferma che i condizionatori davano l'impressione visiva di essere aggrappati alla gronda del tetto, e ciò faceva sì che ne rompessero la continuità. Tali elementi che, assieme alla considerazione che evidenziava l'arbitrarietà dell'uso di un bene comune, qual è la sommità della facciata, in luogo della parte che delimita la singola unità immobiliare in corrispondenza dei balconi privati, determinava la violazione del precetto di cui all'art. 1102 c.c.).