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Lo scorso mese di agosto ha visto rincorrersi diverse voci di riapertura di un Condono Edilizio in Campania. Leggendo i titoli di quotidiani e siti Internet sembrava facile immaginare una nuova possibilità di sanare opere edilizie realizzate abusivamente e non passibili di una semplice sanatoria.
Questo ha giustamente allarmato le associazioni ambientaliste, considerando che stiamo parlando della Regione con il record di abusi edilizi e in cui la camorra trova terreno fertile per i propri affari proprio nell'ambito della cementificazione selvaggia.
Esaminando invece più attentamente i contenuti del provvedimento legislativo a cui i media facevano riferimento, emerge che la situazione è un po' diversa. Non si è trattato, infatti di un nuovo condono, ma della riapertura dei termini per l'esame delle pratiche dei vecchi condoni.
Vediamo più nel dettaglio come è andata la vicenda.
La legge Regionale n. 16 del 2014, collegata alla legge di Stabilità della Regione Campania, in virtù dell'approvazione di un maxi emendamento, ha semplicemente prorogato i termini entro cui le amministrazioni comunali possono esaminare le pratiche di condono ancora giacenti, relative alle leggi n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994.
La proroga sposta infatti tali termini dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2015.
Si tratta di pratiche giacenti da anni presso i comuni, per il cui sblocco viene, tra l'altro, prevista una procedura semplificata.
Nelle zone sottoposte a vincoli che non comportino l'inedificabilità assoluta, per il rilascio del permesso in sanatoria non è previsto il parere favorevole delle soprintendenze preposte alla tutela dello stesso vincolo.
Infatti la legge 47 dell'85 stabiliva che la sanatoria non potesse essere concessa a quegli immobili sottoposti a vincoli comportante l'inedificabilità assoluta imposti prima della loro realizzazione, e per questi immobili la sanatoria continua tuttora a non essere possibile.
Per quanto riguarda invece la cosiddetta zona rossa del Vesuvio, continua ad esserci il divieto assoluto di realizzare nuove costruzioni e di ampliare quelli esistenti.
Sono consentiti invece, gli interventi di adeguamento sismico e di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici esistenti.
Analizzati quindi i contenuti del maxiemendamento approvato questa estate, pur condividendo in maniera assoluta la necessità di contrastare con ogni mezzo l'abusivismo edilizio e il consumo eccessivo di suolo, soprattutto in aree protette, non si capisce però fino in fondo la polemica portata avanti dagli ambientalisti.
Verdi e Legambiente in primis, infatti, hanno gridato attraverso i mezzi di stampa, ad una nuova cementificazione e al pericolo di regolarizzare milioni di metri cubi realizzati in questi ultimi anni, grazie a questo nuovo condono edilizio.
Invece, come abbiamo visto, innanzitutto non è stato messo in atto alcun nuovo condono.
In secondo luogo ad essere regolarizzate (sempre se le istanze saranno approvate) saranno solo gli abusi realizzati entro le date fissate dai condoni dell'85 e del '94, quindi più di venti anni fa.
L'unica cosa sulla quale mi sento di concordare è il pericolo, che si mette in atto ogni qual volta in Italia si incomincia a vociferare della possibilità di nuovi condoni: la sola voce è in grado di scatenare un meccanismo perverso di rincorsa all'intervento senza autorizzazione che, tanto potrà essere condonato.
Niente di meglio, quindi, per scongiurare questo pericolo, che presentare le notizie per quel che sono realmente e non diffondere voci infondate di nuovi condoni.
A mettere a tacere le polemiche degli ultimi mesi ci ha pensato una recente decisione del Consiglio dei Ministri con la quale è stata impugnata la legge regionale campana che proroga i termini per l'esame delle pratiche dei vecchi condoni.
La motivazione è che le disposizioni in materia di condono delizio riguardano un aspetto di competenza della legislazione nazionale relativa alla tutela ambientale del territorio, aspetto che quindi non può essere disciplinato da una norma locale.
In particolare il Governo lamenta il mancato rispetto dell'articolo 117 della Costituzione.
Dall'altro lato, invece, i sostenitori della legge campana fanno riferimento alla vicenda della legge regionale n. 10/2004, relativa all'ultimo condono, dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, che avrebbe creato un clima di incertezza presso i comuni i quali hanno, di conseguenza, allungato i tempi di istruttoria delle pratiche, molte delle quali sono rimaste inevase.
Per la conclusione definitiva della vicenda, quindi, si attende ora la pronuncia della Corte Costituzionale.
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