|
L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Questo quanto affermato dall'art. 1655 c.c.
Due le figure coinvolte nel contratto: l'appaltatore ed il committente.
Entrambi, nei limiti che individueremo qui appresso, hanno ben precise responsabilità in ordine alla corretta esecuzione dei lavori ed ai danni che possono derivare a terzi da errori nell'esecuzione.
Prima di capire di che cosa possa essere chiamato a rispondere, è necessario comprendere chi può essere considerato appaltatore.
Ciò perché la somiglianza di questa figura con quella del prestatore d'opera può indurre in confusione e quindi in errore sulla disciplina applicabile.
Si legge in una pronuncia della Cassazione che il contratto d'appalto ed il contratto d'opera si differenziano per il fatto che nel primo l'esecuzione dell'opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest'ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa (Cass. 21 maggio 2010 n. 12519).
Da questa presa di posizione, condivisa da dottrina e giurisprudenza, è possibile trarre la seguente conclusione: il prestatore d'opera è identificabile nell'operaio e/o nella ditta individuale che effettua il lavoro esclusivamente con il proprio lavoro o al massimo con piccoli aiuti.
L'appaltatore, invece, è rappresentato dall'impresa di medio grande dimensione; magari anche una ditta individuale che, però, ha assunto le dimensioni tali da far rientrare il lavoro individuale nell'ambito di una struttura organizzata.
Meno problemi, naturalmente, per la declinazione del significato della parola committente.
Il decreto legislativo n. 81/2008 (il così detto testo unico sulla sicurezza sul lavoro) all'art. 89, nel definire la nozione di committente ai fini della sicurezza, fornisce una definizione utile anche a livello generale.
Si legge alla lettera b) che il committente è quel soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione.
Insomma se Tizio si rivolge all'impresa Beta per la realizzazione di un intervento manutentivo della sua abitazione, il proprietario, ossia Tizio, è il committente e l'impresa Beta è l'appaltatore.
In questo contesto, al di là delle reciproche responsabilità (eseguire l'opera a regola d'arte e pagarne il prezzo), tanto l'appaltatore quanto il committente possono essere chiamati a rispondere dei danni che l'esecuzione dei lavori può avere provocato ad altre persone, i così detti terzi, ossia gli estranei rispetto allo specifico rapporto contrattuale.
In una recente sentenza il Tribunale di Roma, riprendendo il consolidato orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, ha avuto modo di affermare che gli ermellini, nell'affrontare la questione dell'eventuale corresponsabilità del condominio committente con l'appaltatore ha confermato il principio di diritto in base al quale di regola l'appaltatore risponde dei danni provocati a terzi durante l'esecuzione del contratto, attesa l'autonomia con cui egli svolge la sua attività nell'esecuzione dell'opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità e obbligandosi a fornire alla controparte l'opera o il servizio, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all'accertamento e alla verifica della corrispondenza dell'opera o del servizio affidato all'appaltatore con quanto costituisce l'oggetto del contratto.
Quindi in primis, vista la posizione assunta nell'ambito del contratto, è l'appaltatore ad essere chiamato a rispondere dei danni provocati dalla sua condotta.
Responsabilità dell'esecutore, però, non vuole dire impunità assoluta del committente.
Esso, infatti, è condannabile in via solidale quando a suo carico sono addebitabili specifiche violazioni del principio del neminem laedere riconducibili all'art. 2043 c.c. sia quando l'evento dannoso gli sia addebitabile a titolo di culpa in eligendo per essere stata l'opera affidata a impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche e organizzative per eseguirla correttamente sia, ancora, quando l'appaltatore, in base ai patti contrattuali o nel concreto svolgimento del contratto, sia stato un semplice esecutore di ordini del committente e privato della sua autonomia a tal punto da aver agito come nudus minister di questo, sia, infine, quando il committente si sia, di fatto, ingerito con singole e specifiche direttive nelle modalità di esecuzione del contratto o abbia concordato con l'appaltatore singole fasi o modalità esecutive dell'appalto (Cass., 17 febbraio 2012, n. 2363) (Trib. Roma 11 gennaio 2013 n. 609).
Insomma se il committente vuole andare esente da colpa è bene che lasci lavorare l'appaltatore, nominando un direttore dei lavori che per suo nome e conto possa valutare la bontà del lavoro della ditta incaricata.
|
||