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Ma davvero il cittadino non può fare nulla, a parte la danza della non-pioggia, per prevenire i danni causati dalle alluvioni o dalla pioggia o in genere causati dalla mancata manutenzione del territorio? Salvo poi contarli, quei danni, una volta che accadono le tragedie? E lì vai con i discorsi triti e ritriti su ciò che si poteva fare e non si è fatto, dove sentiremo sempre le solite cose, rassegnati a vedere sempre le solite cose, cioè un Paese colabrodo, che quando piove crolla, innonda, devasta, uccide.
La risposta offerta dal diritto è un'altra: ci sono altri strumenti, oltre alla danza della non-pioggia.
Una delle tutele possibili è quella di costringere qualcuno a fare qualcosa. Si chiamano obbligazioni di facere.
La tutela (con i dovuti limiti), vale anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.
È oramai pacifico, per costante orientamento della Suprema Corte (v. per il caso specifico della gestione delle acque, tra tante, Cass. S.U. n. 26108/2007, Cass. n. 14771/2009, Cass. S.U. n. 5926/2011), il principio per cui l'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un facere. (Cass. S.U. n. 26108/2007).
In tal caso la condanna trova fondamento nella responsabilità ex art. 2051 c.c., per il quale ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
Inoltre, nel caso in cui un edificio, albero o altra cosa possa essere minaccia di danno grave e prossimo per la cosa oggetto del diritto, è possibile rivolgersi al giudice perché questi adotti i provedimenti atti ad evitare il pericolo; si parla in questo caso di azione di danno temuto, prevista dall'art. 1172 c.c..
Possono legittimamente esperire l'azione i proprietari, i titolari di diritti reali di godimento (quale ad es. l'usufruttuario) o i possessori. L'azione, comportante solitamente una condanna ad un facere, è esperibile anche nei confronti della Pubblica Amministrazione (v. Cass. n. 39/2001). Il bene protetto dalla norma è la proprietà, ma non è esclusa la tutela del bene salute, ove il danno alla salute sia conseguenza della menomazione delle facoltà di godimento dell'immobile, il quale, secondo l'art. 832 c.c., deve essere pieno ed esclusivo. In tal senso hanno deciso la sentenza della Corte di Cassazione n. 1778/2007 e più di recente l'ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 4 novembre 2014.
Allora, verificatisi i presupposti previsti dall'art. 1172 c.c., è possibile rivolgersi al Tribunale perché vengano adottati i provvedimenti più adatti a seconda del caso concreto. Nel particolare caso delle acque piovane, si è di recente espresso il giudice civile con ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 4 novembre 2014. Nel caso deciso dal Tribunale di Catanzaro alcuni proprietari di immobili avevano chiesto, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., l'adozione dei provvedimenti indifferibili e urgenti finalizzati a salvaguardare la loro incolumità, stante il rischio di eventi alluvionali dipendenti dalla non corretta manutenzione delle strade e delle aree limitrofe, sotto l'aspetto della regimentazione delle acque meteoriche.
Nella detta sentenza viene innanzitutto confermata la competenza del giudice civile ed esclusa quella del Tribunale delle Acque Pubbliche; ciò in quanto le acque piovane non rientrano nella definizione di cui all'art. 1 del R.D. 11.12.1933, n. 1775, per il quale sono acque pubbliche soltanto le acque sorgenti, fluenti o lacuali idonee a soddisfare un pubblico e generale interesse; ed anche perché dette acque vanno a confluire in fognatura, la cui struttura non rientra nell'elenco delle opere idrauliche per cui secondo l'art. 140, R.D. 1775/1933 sussiste la competenza del Tribunale delle Acque Pubbliche (sul punto si erano già espressi altri provvedimenti, tra cui Cass. n. 5607/1998).
Viene poi ammesso l'utilizzo, per la tutela del diritto in questione, dell'azione cautelare ex art. 700 c.p.c.: alla luce del principio del potere di qualificazione giuridica del giudice, viene spiegato in sentenza, è chiaro che la volontà della parte era quella di esperire l'azione dei cui all'art. 1172 c.c., cioè quella di danno temuto (così si era già espressa la sentenza della Corte di Cassazione n. 5719/1998).
Alla luce della consulenza tecnica d'ufficio, viene accertato nel giudizio che effettivamente i territori sono ad alto rischio; che detto rischio non è causato anche dalle costruzioni dei ricorrenti (testualmente si afferma che Avendo mantenuto inalterato lo stato dei luoghi, gli stessi non possono essere causa dí anomali flussi di acqua piovana); vengono inoltre indicate le azioni che scongiurerebbero i danni paventati. Il giudizio si conclude così con la condanna dell'ente all'esecuzione immediata delle azioni indicate nella relazione tecnica d'ufficio.
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