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Quando si amplia o si costruisce un edificio, una pertinenza o qualsiasi altra struttura sul proprio terreno occorre rispettare alcune distanze legali da:
Tali distanze sono generalmente stabilite dai regolamenti edilizi e dagli strumenti di pianificazione urbanistica (Piano Regolatore Generale, Piano di Fabbricazione, piani particolareggiati, eccetera) di ogni comune e possono variare in base alle caratteristiche di ciascuna zona in cui è diviso il territorio.
Esistono tuttavia alcune distanze minime, assunte come inderogabili, prescritte dal Codice Civile:
Ma come fare per le strutture che non rientrano in queste categorie, tra cui ad esempio le piccole piscine o una vasca interrata?
In questi casi occorre ragionare per analogia e soprattutto affidarsi alla giurisprudenza delle sentenze del TAR o della Corte di Cassazione.
Per prima cosa occorre stabilire se una piscina sotto terra è assimilabile a un vero e proprio edificio oppure a una cisterna, perché in caso di risposta affermativa per la sua costruzione si dovrà rispettare la distanza minima stabilita.
Dal punto di vista puramente intuitivo la risposta sembrerebbe affermativa, perché una piscina interrata è effettivamente funzionalmente simile a una cisterna di raccolta per l'acqua piovana e perciò dovrebbe osservare i due metri dai confini del lotto prescritti dall'articolo 889 del Codice Civile.
Tuttavia, la giurisprudenza sembra smentire quest'ipotesi: è al riguardo risulta infatti particolarmente rilevante la sentenza del TAR della Campania 3520/2015, con cui si stabilisce che il rispetto delle distanze legali non si applica alle piscine interrate perché non idonee alla creazione di dannose intercapedini in grado di pregiudicare la salubrità dell'ambiente collocato tra gli edifici circostanti.
Questa sentenza esclude dunque l'equiparazione tra piscine da giardino interrate ed edifici, con conseguente necessità di rispettare le distanze previste dall'articolo 873 del Codice Civile.
Non chiarisce invece se, dal punto di vista giuridico e legale, la costruzione di una piscina interrata richiede una distanza minima di almeno due metri dai confini del lotto: in altre parole, se alle piscine interrate si applicano le prescrizioni previste per pozzi e cisterne.
Una ricerca mirata per chiarire tale dubbio ha purtroppo dato esito negativo, perché sembra che l'argomento non sia mai stato oggetto di sentenze specifiche.
Ritengo però consigliabile, a titolo di prudenza, rispettare ugualmente quanto prescritto dall'articolo 889 del Codice Civile soprattutto per motivi tecnici.
Le piscine da interrare richiedono infatti l'esecuzione di uno scavo preliminare e il successivo getto di fondo e pareti in cemento armato: poiché si tratta di opere che potrebbero avere ripercussioni sugli edifici adiacenti con la creazione di lesioni e cedimenti (e conseguenti richieste di risarcimento dei danni), il rispetto di una congrua distanza scongiura ogni rischio.
E le piscine seminterrate o fuori terra, cioè emergenti da piano di campagna, devono rispettare le distanze tra fabbricati?
Anche in questo caso la risposta è articolata.
Per prima cosa bisogna infatti stabilire se la piscina è temporanea oppure definitiva.
Per stabilire la necessità o meno di rispettare le distanze minime dai confini del lotto e dagli altri edifici la giurisprudenza considera proprio questo criterio.
Una piscina interrata è ovviamente un'opera permanente, perché richiede un'alterazione irreversibile dell'originario stato dei luoghi, mentre una piscina fuori terra può essere fissa o smontabile.
Invece, secondo un'interpretazione consolidata, ma purtroppo non univocamente condivisa, le piscine smontabili, facilmente rimovibili a fine stagione e la cui installazione non richiede la costruzione di opere edilizie vengono equiparate a semplici elementi di arredo che non richiedono il rispetto delle distanze legali o il rilascio di titoli edilizi.
Rientrano in queste categorie le piscinette gonfiabili per bambini e le piscine in kit di montaggio che si acquistano nei negozi di hobbystica, fai da te e articoli per il giardinaggio, con le seguenti caratteristiche:
Questa interpretazione sembra trovare un preciso riscontro anche a livello normativo.
L'articolo 137 della Legge Regionale della Toscana 137/2014 afferma infatti che:
sono privi di rilevanza urbanistico edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sulle risorse del territorio, per i loro oggettivi caratteri di precarietà costruttiva e facile amovibilità o in ragione della temporaneità di installazione.
Naturalmente, tutto ciò è valido solo se l'installazione di una piscina smontabile non si accompagna all'esecuzione di vere e proprie opere edilizie, perché in questo caso si ricadrebbe nella costruzione di opere permanenti soggette sia al rispetto delle distanze previste, sia al rilascio di un permesso edilizio.
Le piscine fisse, generalmente in muratura, sono invece equiparate a vere e proprie costruzioni e richiedono dunque il rispetto delle distanze minime previste dal Codice Civile (tre metri) o dagli strumenti comunali, se più restrittivi.
La giurisprudenza considera infatti costruzioni non solo i veri e propri edifici, ma qualsiasi manufatto non completamente interrato con caratteri di solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo, anche se realizzara mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente. Tale assunto è ribadito dalla sentenza n. 13389/2011 della Corte di Cassazione.
E le piscine sulle coperture, il patio o un cavedio interno di edifici già esistenti, ad esempio un condominio?
A mio parere in questo caso il rispetto delle distanze non è previsto, perché la piscina, facendo parte integrante di un edificio, non si configura come opera a se stante.
Chi volesse costruire una piscina interrata o fuori terra dovrebbe perciò incaricare un proprio tecnico di fiducia, perché il percorso da seguire prevede numerose fasi:
1) Studio di fattibilità preliminare consistente nell'esame del Regolamento Edilizio e degli strumenti di pianificazione urbanistica: tali strumenti possono infatti prescrivere il rispetto di distanze maggiori o condizioni più restrittive come ad esempio dimensioni massime, materiali o accorgimenti costruttivi particolari. Questa condizione è anzi esplicitamente prevista dall'articolo 873 del Codice Civile, che recita:
le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.
2) La verifica dei vincoli: in zone con vincolo paesaggistico la costruzione di una piscina può infatti essere esclusa.
3) La stesura di un progetto conforme alle prescrizioni di cui al punto 1.
4) La richiesta del titolo edilizio abilitativo: la costruzione di una piscina, interrata o fuori terra, in base alle norme di ciascun comune richiede normalmente la presentazione di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) o il rilascio di un Permesso di Costruire.
Se si ricade in zona di vincolo paesaggistico occorre inoltre la Richiesta di Autorizzazione Paesaggistica presso la Soprintendenza locale.
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