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In tema di condominio negli edifici e di opere edificatorie da parte di uno dei comproprietari riguardanti le parti comuni, l'amministrazione comunale, che è legittimata a rilasciare il titolo abilitativo per interventi edilizi (nel caso di specie un permesso di costruire), è tenuta a domandare al richiedente il deposito dell'assenso degli altri condomini.
Non sempre, aggiungiamo noi, ma il caso con il quale il T.A.R. Campania sezione distaccata di Salerno ha risolto una vertenza sul tema, lascia adito a pochi dubbi: l'atto di assenso degli altri interessati è necessario a maggior ragione se gli stessi hanno espresso le proprie perplessità nell'ambito del procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del permesso.
Vale la pena vedere più da vicino perché s'è arrivati a concludere in tal modo.
Nel caso risolto dal Tribunale amministrativo regionale campano, la vicenda riguardava un condominio minimo.
In breve: il proprietario del primo piano aveva chiesto ed ottenuto un permesso di costruire per ristrutturazione della propria unità immobiliare che avrebbe interessato anche le parti comuni dell'edificio, in particolare con delle opere comportanti l'innalzamento del tetto.
Sul fatto che al condominio minimo, ossia a quello cui partecipano due sole persone, si applichi la disciplina di cui agli artt. 1117 e ss. c.c. non vi sono dubbi (cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 2046/06 e art. 1117-bis c.c.).
Il vicino del richiedente non voleva saperne di questi lavori e quindi impugnava la concessione edilizia: a suo modo di vedere l'atto amministrativo era da considerarsi illegittimo in quanto l'ente locale avrebbe dovuto, prima di emettere il provvedimento, acquisire il suo consenso quale comproprietario della copertura dell'edificio.
Solitamente si dice che gli atti amministrativi, e tra essi quelli riguardanti l'attività edilizia, sono rilasciati salvo diritti dei terzi.
Detta banalmente: l'amministrazione verifica solamente se chi ha chiesto poteva farlo, se ciò che ha chiesto è lecito e rilascia l'ok, lasciando però ad eventuali terzi interessati il diritto di difendersi nelle sedi competenti.
Ad esempio attraverso azioni civili o anche amministrative.
In tal caso, però, l'altro interessato non era un terzo qualunque ma il comproprietario, che per giunta aveva già fatto sentire la propria voce nell'ambito del procedimento concessorio.
In questo contesto, afferma il T.A.R. Campania, sebbene la rilevanza giuridica del permesso di costruire si esaurisca, per comune intendimento, nell'ambito del rapporto pubblicistico tra Comune e privato richiedente, senza estendersi ai rapporti tra privati, vi sono dei casi in cui la l'amministrazione non può esimersi dal conoscere anche dei rapporti privatistici: l'ipotesi più importante è, appunto, quella che trae origine dalla verifica del titolo a costruire in capo al soggetto che chiede il rilascio del permesso edilizio. Infatti l'art. 11 DPR 380/01 (e prima ancora l'art. 4 L. 28 gennaio 1977 n. 10) prevede che il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo (T.A.R. Campania Sez. dist. di Salerno 28 gennaio 2013 n. 210).
Ciò però, prosegue il Tribunale, senza che l'istruttoria amministrativa svolta dagli enti locali abbia il fine di risolvere contrasti tra privati in merito alla titolarità dell'area, ma con il solo fine di accertare il requisito della legittimazione soggettiva del richiedente.
Insomma non è il T.A.R. a dover dire se un pezzo di terra è di proprietà di Tizio o di Caio, dovendo quel giudice limitarsi a verificare se Tizio e/o Caio abbiano i requisiti di legge per il rilascio dei permessi richiesti.
In questo contesto, si sottolinea in giurisprudenza (da ultimo, ex permultis, TAR Campania, Napoli, sez. II, 31 luglio 2012, n. 3666) che l'affermazione del potere di verifica del titolo di proprietà non significa affatto che l'amministrazione abbia l'obbligo incondizionato di effettuare complessi e laboriosi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti l'immobile considerato (ché, anzi, il principio generale del divieto di aggravamento del procedimento consente di semplificare ed accelerare tutte le attività di verifica, valorizzando gli elementi documentali forniti dalla parte interessata) (T.A.R. Campania Sez. dist. di Salerno 28 gennaio 2013 n. 210).
Come sempre, però, esistono delle eccezioni; per dirla fuori dal linguaggio giuridico, l'amministrazione competente al rilascio del permesso non può girarsi dall'altra parte ignorando una realtà di fatto che le s'è orami palesata.
In buona sostanza, qualora l'amministrazione sia portata a conoscenza dell'esistenza di diritti vantati da terzi soggetti sull'immobile, non potrà esimersi dal verificare la situazione. Così, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari, è legittimo (ed anzi doveroso) esigere il consenso degli stessi e negare il rilascio del permesso qualora vi sia un conclamato dissidio.
Su tali basi, si ritiene perciò che, se normalmente l'amministrazione non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza della richiesta edificatoria prodotta da un condomino, al contrario, qualora uno o più degli altri condomini si attivino per denunciare il proprio dissenso rispetto al rilascio del titolo edificatorio, il Comune deve verificare se l'istante abbia l'effettiva disponibilità del bene oggetto dell'intervento edificatorio; in altri termini il Comune verifica il rispetto dei limiti privatistici, purché siano immediatamente conoscibili, effettivamente e legittimamente conosciuti nonché incontestati, di guisa che il controllo si traduca in una semplice presa d'atto (T.A.R. Campania Sez. dist. di Salerno 28 gennaio 2013 n. 210).
Come dire: se nulla emerge nulla dev'essere domandato ma se si sa, perché i fatti emergono dalle carte del procedimento che si sta intervenendo su beni anche in parte altrui, non può non domandarsi il consenso di queste persone.
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