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Ai fini della definizione di condominio minimo, occorre fare riferimento al numero di partecipanti alla comunione forzosa.
Per costituire un condominio minimo vi devono essere da 2 a 4 partecipanti.
In tale senso, i condomini minimi si differenziano dai condomini piccoli che, invece, sono formati da 4 a un massimo di 8 partecipanti.
Vi è condominio minino anche allorquando sia eventualmente formato da condomini non aventi diritti di comproprietà paritari sulle parti comuni condominio.
Ciò che rileva è che i soggetti che possono vantare un diritto reale sugli immobili siano almeno due, poiché, in caso contrario, ovverosia in caso di un solo soggetto non si instaura alcuna comunione e, di conseguenza, non vi è condominio.
La costituzione condominio minimo non è espressamente disciplinata dal Legislatore, ma occorre fare riferimento alla normativa codicistica, prevista per il condominio nella sua forma “ordinaria”, ovverosia formato da almeno 8 partecipanti.
Come da sempre insegna la giurisprudenza nazionale, nel momento in cui la titolarità delle unità immobiliari che compongono l’edificio non è più riconducibile a un unico proprietario si determina automaticamente un condominio.
In altri più specifici termini, non vi è necessità, dunque, di alcun “atto costitutivo” da parte dei condomini, del costruttore né tantomeno da parte dell’amministrazione condominiale.
Tale situazione si verifica in forza di una presunzione legale di comunione indivisa delle parti comuni, di cui ai sensi dell’art. 1117 c.c., per effetto della prima vendita o della assegnazione delle unità immobiliari a proprietari diversi.
Al fine di configurare una comunione condominiale, oltre a un numero minimo di partecipanti, è necessario altresì che le parti comuni siano funzionalmente asservite al godimento agli immobili privati.
Nell’ambito di tale classificazione, si annovera l’impianto centralizzato di riscaldamento allorquando non abbia un’autonoma utilità ma serve a riscaldare gli appartamenti.
Anche in merito allo svolgimento della vita e della gestione del condominio minimo, non si ravvisano specifiche disposizioni normative.
La giurisprudenza è oggi concorde nel ritenere che, salvo specifiche deroghe previste in ragione del ristretto numero di partecipanti, la disciplina, dettata dal codice civile, per il condominio di edifici formato da più di 8 partecipanti trova applicazione anche in caso di condominio minimo (Corte di Cassazione n. 2046/2006).
Pur non essendo espressamente previsto un obbligo normativo in tale senso, la predisposizione di un regolamento condominiale è tuttavia consigliabile.
A medesime conclusioni in merito alla nomina di un amministratore valgono con riferimento a un condominio minimo.
In tali contesti, non sussiste un preciso obbligo di nomina di un amministratore di condominio.
Dal mancato obbligo di nomina dell’amministratore condominiale, discende la speculare facoltà (e non l’obbligo) di chiedere l’attribuzione di un codice fiscale condominio minimo o di aprire un conto corrente condominiale.
Solitamente un partecipante alla comunione assume la qualifica di referente, che consiste nell’accettazione di impegni, obblighi e doveri che l’art. 1130 c.c. attribuisce all’amministratore di condominio.
Tale soggetto dovrà occuparsi, qualora deliberato dai partecipanti, di chiedere l’attribuzione di un codice fiscale condominiale e dell’apertura di un conto corrente, nonché della rendicontazione delle spese e del pagamento delle bollette, della gestione della pulizia delle parti comuni e, al contempo, del versamento delle ritenute d’acconto in qualità di sostituto d’imposta e di tutti gli altri adempimenti fiscali previsti dalla legge.
Il Legislatore, con riferimento al condominio minimo, consente di fruire di una ampia libertà, in virtù della quale è anche possibile che non sia nominato un referente condominiale.
Ciò tuttavia comporta che per lo svolgimento e il compimento dei principali adempimenti occorre di volta in volta convocare l’assemblea e assumere singole delibere.
La non obbligatorietà in merito all’apertura di conto corrente o all’attribuzione di un codice fiscale comporta che nei casi in cui si deliberi la realizzazione di interventi rientranti nei bonus edilizi le relative pratiche e adempimenti devono essere eseguiti dal referente (a esempio Cilas condominio minimo nel caso di superbonus condominio minimo).
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 3/2016 e con la circolare n. 24/2020, con specifico riferimento al superbonus 110 condominio minimo o in assenza del codice fiscale del condominio minimo, stabilisce che i contribuenti, per beneficiare della detrazione per gli interventi edilizi (superbonus 110 condominio, condominio minimo ecobonus) e per gli interventi di riqualificazione energetica realizzati su parti comuni di un condominio minimo, per la quota di spettanza, possono inserire nei modelli di dichiarazione le spese sostenute, utilizzando il codice fiscale del condomino che ha effettuato il relativo bonifico.
Il condominio minimo, in considerazione del ridotto numero di partecipanti, pone problematiche di non poco conto con riferimento all’adozione delle delibere condominiali.
Come noto, in ordinari contesti condominiali, a seconda delle decisioni da assumere, occorre il rispetto di un quorum costitutivo e del quorum dichiarativo.
Nel condominio minimo la situazione è diversa, in ragione del ristretto numero di partecipanti alla comunione: è previsto, infatti, che la decisione dei partecipanti debba essere assunta all’unanimità.
Nelle ipotesi in cui non sia possibile raggiungere tale unanimità, è necessario adire l’autorità giudiziaria nelle forme della volontaria giurisdizione in base al disposto di cui all’art. 1105 c.c.
Altra tematica che solleva difficoltà in contesti condominiali ristretti è rappresentata dalla ripartizione delle spese. La divisione delle spese, nei condomini minimi, segue le regole stabilite per il condominio ordinario con almeno otto partecipanti.
Ciò significa che, salvo diversa pattuizione prevista in sede di regolamento condominiale, le spese sostenute per la manutenzione e/o riparazione delle parti comuni o per la corresponsione dei fornitori (servizi di pulizia ecc.) saranno suddivise in base ai millesimi di proprietà, in misura proporzionale.
Ai sensi dell'art. 1134 c.c., la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, nel senso della assoluta indifferibilità.
In tali ipotesi è consentito l'intervento diretto del condomino, senza l'autorizzazione degli organi condominiali e anche senza azionare lo strumento previsto dall'art. 1105 c.c., per rimediare all'inerzia/opposizione da parte da parte dell'altro condomino.
In caso di condominio minimo, come rilevato, l'intervento del singolo senza preventiva autorizzazione degli altri partecipanti alla comunione è legittimo solo in caso di carattere dell'urgenza, con la conseguenza che deve ritenersi esclusa in tutti quei casi in cui i tempi di esecuzione dell'opera siano compatibili con l'obbligo di chiedere la preventiva autorizzazione e la prova dell'urgenza per pacifica giurisprudenza da parte dell'attore deve essere rigorosa (Tribunale Vibo Valentia, Sent., 16 marzo 2023).
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