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È lecito che il conduttoreospiti qualcuno anche per lunghi periodi nell'appartamento che conduce in locazione?
Di questi tempi di crisi lo spirito di soccorso ai bisogni dei nostri simili si manifesta anche per tale via, ospitandoli cioè a casa.
Il fenomeno non è certo raro ed effettivamente alle volte può assumere dimensioni evidenti.
E non stiamo qui a parlare solo dei racconti di chi afferma di aver locato il proprio appartamento a una sola persona e di essersi poi ritrovato dentro (l'appartamento) l'intera famiglia fino alla settima generazione!
Spesso si ospitano amici che perdono la casa o che per alcuni periodi non hanno dove stare.
E comunque, al di là della crisi, la domanda in generale che ci poniamo oggi è: può il conduttore liberamente ospitare qualcuno nella casa locata?
O da tale punto di vista l'utilizzo dell'immobile è - diciamo - limitato dalla legge o limitabile a contratto?
Ebbene, cosa dicono le norme sul contratto di locazione in proposito?
Diciamo subito che la legge non si esprime affatto sulla questione: non esiste alcuna norma in proposito. Resta da vedere se a contratto le parti possono vietarla.
Mentre la legge nulla dice a proposito dell'ospitalità, si esprime invece in maniera chiara sulla sublocazione.
Vediamo allora cosa prevedono le norme del contratto di locazione a proposito di sublocazione.
In generale, l'art. 1594 del codice civile prevede al co.1 che il conduttore può sublocare la cosa locata (nel nostro caso, l'abitazione); al contempo la stessa norma prevede però che le parti possono statuire diversamente.
Quanto in particolare alla locazione dell'immobile ad uso abitativo, l'art. 2 della L. n. 392 del 1978 (intitolata «Disciplina delle locazioni di immobili urbani») stabilisce, per quanto qui interessa, che la sublocazione totale dell'immobile può avvenire solo con il consenso del locatore; mentre quella parziale è, salvo patto contrario, nella facoltà del conduttore, il quale ha comunque l'onere di comunicare al locatore con raccomandata chi è il subconduttore, la durata del contratto e i vani sublocati.
Ricordiamo che la norma, essendo inserita nel capo dedicato agli immobili adibiti ad uso abitativo riguarda solo questi ultimi.
L'ospitalità, invece, secondo la più recente giurisprudenza di Legittimità, va sempre ammessa: le clausole che eventualmente prevedano il contrario sono nulle e dunque non vanno applicate.
Esse sono nulle in quanto non rispettano il principio di solidarietà sociale, avente rango costituzionale.
L'art. 2 della Costituzione tutela infatti i diritti inviolabili della persona e prevede «i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
Le leggi ordinarie, cioè nella specie quelle che regolano la locazione, vanno interpretare alla stregua di quanto stabiliscono le superiori norme di rango costituzionale; perciò, mentre è ammessa la clausola che vieta la sublocazione, non lo è quella che vieta l'«ospitalità non temporanea di persone estranee al nucleo anagrafico».
In tal senso ha deciso nell'anno 2009 la sentenza n. 14343 della Corte di Cassazione: in tale giudizio, dopo avere visto le proprie ragioni respinte nei due precedenti gradi, il conduttore si vedeva invece vittorioso in Cassazione.
La clausola controversa vietava al conduttore, per quanto qui interessa, di ospitare non temporaneamente persone che fossero estranee al nucleo familiare anagrafico, per come risultava essere indicato nel contratto.
La sentenza impugnata riteneva la clausola, in sintesi, come connaturale alla locazione, essendo questa un rapporto basato sulla fiducia tra persone e che un'ospitalità protrattasi per lungo periodo finiva per essere in sostanza una sublocazione, che nel caso di specie era stata vietata a contratto e che se non parziale, è comunque vietata dalla legge.
La Corte di Cassazione nella citata sentenza esclude l'equivalenza tra ospitalità protratta e sublocazione.
Essa invece conclude che l'autonomia negoziale delle parti incontra nel caso in esame per un verso il limite della solidarietà sociale sancito dall'art. 2 della cost. e della tutela della famiglia fondata sul matrimonio, come di quella di fatto ma anche dei rapporti di amicizia.
Per un altro verso, sempre alla luce del cit. art. 2, l'autonomia negoziale incontra altresì il limite del rispetto della personalità del conduttore e dunque della sua libertà all'interno delle mura domestiche.
Nello stesso senso ha deciso la sentenza della stessa Corte n. 9931 nel 2012; in più quest'ultima ricorda che la sublocazione è, sì presunta, nel caso in cui l'immobile sia «occupato da persone che non sono al servizio del conduttore o che non sono a questo legale da vincoli di parentela o di affinità entro il quarto grado, salvo che si tratti di ospiti con carattere transitorio»e che detta presunzione non vale per le persone che si trasferiscono nell'immoblie insieme al conduttore (v. art. 21, L. n. 253/1950).
Ma, si tratta, specifica la sentenza, solo di una presunzione, cioè un'inversione dell'onere della prova a favore del locatore, data la generale difficoltà di provare la sublocazione.
Ricordiamo che l'art. 59, n. 7, L. n. 39/1978 citata, consente il recesso da parte del locatore se il conduttore, avendo sublocato parzialmente l'immobile, non lo occupa nemmeno in parte, con continuità; inoltre la norma ribadisce i casi di presunzione della sublocazione (già previsti dal detto art. 21 cit.).
Aggiunge la sentenza che se l'ospitalità anche se protratta nel tempo non integra un caso di presunzione di sublocazione e se nemmeno è possibile avere prova di una detenzione autonoma dell'immobile, data da un contratto di comodato, la semplice durata della permanenza non è di per sè prova della presenza di un contratto comodato tra le parti.
Diversamente, ad esempio, nel 1988 con la sentenzan. 4972, la stessa Corte aveva ritenuto che la presunzione di sublocazione può essere superata solo con la prova del carattere transitorio dell'ospitalità (dunque implicitamente non consentendo un'ospitalità a carattere non transitorio).
Peraltro, prosegue la sentenzan. 9931 del 2012 cit., la sentenza impugnata era carente per avere «assunto a base del preteso comodato a favore della sorella e del nipote della B. la sola durata dell'accertata ospitalità» e non avere nemmeno accertato «se la detenzione derivante dal comodato abbia riguardato la totalità dell'immobile, per avvenuto abbandono del conduttore, ovvero una parte soltanto di esso, del quale il conduttore abbia continuato ad abitare la restante parte».
Bisogna precisare che quanto detto si riferisce solo ad un aspetto della questione, quello relativo al contratto di locazione; vi sono poi altri aspetti, tra cui, ad es. quelli relativi all'obbligo di comunicazione della residenza e del trasferimento (v. art. 2, L. n. 1228/1954), all'obbligo di comunicazione dell'ospitalità di un extracomunitario (v. art. 7, L. n. 286/1998), al pignoramento dei beni di chi risiede nell'abitazione.
Infatti, a tale ultimo proposito, se il nostro ospite è un debitore inseguito dai creditori che lo scovano con l'ufficiale giudiziario nel nostro appartamento, in virtù di una presunzione non facilmente vincibile (bisogna dimostrare la nostra e non l'altrui proprietà) è possibile che vengano pignorati i nostri stessi beni: in astratto è sempre possibile esperire opposizione per via giudiziale, ma tra costi, tempi e incognite della prova della proprietà e del giudizio.
Quindi, liceità delle clausole contrattuali a parte, occhio a sapere chi ci mettiamo in casa, come si dice!
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