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La ristrutturazione di una abitazione comporta una serie di interventi, i quali hanno come obiettivo la realizzazione di un alloggio sicuro e funzionale.
La sicurezza si concretizza mediante la realizzazione di impianti adeguati e rispettosi delle normative vigenti, mentre la funzionalità viene realizzata attraverso una razionale organizzazione degli spazi interni, in modo da soddisfare le esigenze degli occupanti, cercando di utilizzare anche il più piccolo spazio disponibile.
Nell'effettuare quest'ultima operazione, proprio per cercare di ridurre all'osso gli sprechi di spazio, si commettono spesso degli errori di valutazione, non tenendo nella giusta considerazione le specifiche norme che regolano l'organizzazione degli spazi interni di una abitazione, la normativa ancora vigente da rispettare è quella contenuta nel D.M. 5 luglio 1975.
Occorre subito precisare che coloro i quali possiedono una abitazione realizzata precedentemente alla data di entrata in vigore del citato decreto, pur se realizzata con spazi differenti da quelli richiesti nel Decreto del 75, in caso di ristrutturazione, non possono mantenere tali dimensioni, ma occorre adeguarle alle norme vigenti.
In ogni caso è bene sapere che l'ultima parola spetta comunque al regolamento edilizio adottato dalle amministrazioni locali, il quale può prevedere parametri differenti rispetto alla normativa nazionale.
Tale aspetto è molto importante per poter realizzare degli ambienti a norma e non incorrere in sanzioni di vario genere.
Pertanto, prima di pensare a effettuare delle modifiche nella propria abitazione, è utile informarsi presso il comune ove è situata l'abitazione, al fine di esaminare i parametri da rispettare.
In Italia ogni Regione, pur mantenendo inalterato nella sostanza la maggior parte dei contenuti del decreto Nazionale, ha apportato delle modifiche, anche lievi, le quali possono influire in maniera sensibile sulla fattibilità dell'idea progettuale.
Tra le norme di riferimento relative ai vari ambienti di un'abitazione, voglio richiamare l'attenzione del lettore, su quelle che regolano il dimensionamento delle camere da letto.
Le norme Nazionali, nello specifico, indicano in 9 mq. lo spazio utile per realizzare una camera da letto per 1 persona e in 14 mq. quello necessario per una camera matrimoniale.
Ebbene, in tali ambienti, di frequente si pensa di inserire oltre ai mobili necessari più comuni come contenitori, letti, complementi d'arredo, anche la cabina armadio in sostituzione del classico armadio.
Tale scelta, pur sembrando rispettosa delle norme citate, in pratica presenta delle criticità in merito a come tale cabina armadio viene realizzata.
Infatti, se si esamina la modalità più frequente con cui tale opera viene realizzata, ci si rende conto che nella maggior parte dei casi essa è costruita impiegando dei blocchi di laterizio successivamente intonacati e predisponendo un controtelaio per l'inserimento di una porta, oppure impiegando altri materiali come cartongesso, calcestruzzo cellulare, ecc.
La realizzazione mediante i materiali sopracitati, in effetti pur realizzando in pratica un ambiente dedicato al contenimento di abiti, ecc., di fatto definisce un nuovo spazio, la cui superficie va sottratta a quella utile dell'intera camera da letto.
La questione, in apparenza sembrerebbe facilmente superabile e comunque non di tale importanza da pregiudicare l'intero intervento di ristrutturazione, ma nella realtà così non è.
Generalmente nessuno pensa a demolire tale opera, considerando che ai sensi del DPR380/2001, l'articolo 22 nei commi 1 e 2 recita:
la realizzazione di interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.
Pertanto, ritenendo che tale intervento possa essere sanzionato con il minimo previsto dalla norma citata, in rapporto al costo della demolizione dell'opera, si ritiene vantaggioso pagare la sanzione e conservare quanto realizzato.
Ma giuridicamente, la realizzazione di una cabina armadio realizzata in muratura o nelle altre modalità già descritte, rappresenta una difformità a quanto previsto dal D.M.5 luglio 1975, con la conseguenza di violare una norma fondamentale per l'igiene e l'agibilità dell'immobile ristrutturato.
Tale situazione, ampiamente dibattuta in diverse occasioni, porta alla conclusione che la realizzazione di una cabina armadio in muratura è equivalente alla realizzazione di un ripostiglio, pertanto la sua superficie, avente destinazione d'uso differente da quella della camera da letto, va sottratta da quella totale.
Il problema, quindi, risiede nella natura della modifica effettuata, non suscettibile di cambiamento. Giusto per capirci meglio, se venisse realizzato un armadio in legno con le dimensioni identiche a quelle della cabina armadio in muratura, ciò non costituirebbe una inosservanza a quanto disposto nel D.M.5 luglio 1975, in quanto l'armadio non costituisce un nuovo vano.
Alla luce di quanto esposto, vediamo quindi come è possibile realizzare una cabina armadio senza incorrere nell'inosservanza delle leggi citate.
A tal fine, di seguito, illustro un intervento realizzato da pochi mesi, relativo a una ristrutturazione di una abitazione costruita nel 1985, pertanto nel rispetto del D.M. 5 luglio 1975.
La ristrutturazione è scaturita dall'esigenza di realizzare una nuova organizzazione degli spazi interni, in rapporto alle esigenze di una giovane coppia, la quale ha richiesto la creazione di un secondo bagno da sistemare nella futura camera matrimoniale, unitamente ad una cabina armadio.
Il piccolo bagno realizzato in camera, è stato progettato con la dotazione del lavabo e del solo bidet provvisto di doccetta laterale per gli usi igienici, per non sottrarre altro spazio alla camera da letto e anche grazie alla presenza di altro bagno, nel rispetto dell'articolo 7 del D.M. del 1975.
La cabina armadio, è stata progettata sfruttando lo spazio libero restante tra le pareti perimetrali della stanza e quella di minor profondità del bagno, impiegando semplicemente una grande parete scorrevole a tutta altezza, sistemata senza la realizzazione di alcuna opera edilizia accessoria e pertanto senza costituire così un vano a se stante con diversa destinazione d'uso.
L'intera struttura della cabina armadio, è stata realizzata impiegando profili metallici leggeri e pannellature in legno, provviste di guide adeguate per sostenere mensole e quant'altro per riporre abiti, ecc. In tal modo l'intera struttura, completamente amovibile, non costituendo un nuovo vano non riduce la superficie destinata ad a zona notte.
In merito a quanto esposto, il sottoscritto, pur operando attualmente nel rispetto delle normative vigenti, ritiene che sia giunto il momento di rivedere in maniera strutturale il disposto del D.M. del 5 luglio 1975, in rapporto alle mutate condizioni abitative odierne.
Basta dare uno sguardo agli annunci immobiliari, per rendersi conto della tipologia di alloggi disponibili sul mercato costituiti da spazi minimi, che per poter essere sistemati in maniera funzionale avrebbero bisogno di nuove norme in materia di agibilità, al fine del rilascio da parte del Comune, dell'attestazione di agibilità.
Difficilmente, infatti, almeno nella pratica, una stanza da letto di 9 mq viene utilizzata da un solo ragazzo come prevedono le norme attuali, e ciò a sostegno di quanto affermato.
Va inoltre tenuto conto della necessità di contenere il consumo energetico, il che richiede frequentemente di coibentare dall'interno gli spazi abitati, oltre a realizzare impianti di riscaldamento a pavimento o a soffitto, riducendo così i già minimali spazi esistenti.
Un primo segnale di cambiamento in tal senso è stato dato con il Decreto del 26 giugno 2015, che consente in caso di ristrutturazioni, comprensive di installazione di impianti termici dotati di pannelli radianti a pavimento o a soffitto o nel caso di isolamento interno, la riduzione dell'altezza interna fino a 10 cm. in deroga a quella di 2.70 m., prevista dal D.M. del 5 luglio 1975.
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