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Il proprietario di un edificio, o i suoi proprietari nel caso di condominio, è tenuto a mantenerlo in stato tale da evitare che lo stesso possa risultare pericoloso.
Questa regola, desumibile dai principi di carattere generale, è anche scritta in modo chiaro, oltre che solitamente nei regolamenti edilizi locali, anche nel codice penale.
Ai sensi dell'art. 677 c.p.:
Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 154 a euro 929.
La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.
Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a euro 309.
L'articolo in esame prevede una responsabilità penale rispetto alla quale può essere chiamato a rispondere anche l'amministratore di condominio.
È evidente che sebbene la norma faccia riferimento a delle situazioni di degrado e pericolo non può non evidenziarsi che da questa particolare fattispecie discenda l'obbligo di manutenzione finalizzato ad evitare la deriva patologica penalmente rilevante.
In questo contesto, non è solamente il codice penale a prevedere delle sanzioni per l'incuria nella manutenzione degli edifici.
Prima di arrivare nelle aule di Tribunale, ci sono (come si suole dire) altri enti preposti alla vigilanza sulla buona tenuta degli edifici, legittimati ad impartire ordini perentori al tal fine.
È il caso delle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti, previste dall'art. 54, quarto comma, d.lgs n. 267/00 (detto anche testo unico degli enti locali), il quale recita:
Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono tempestivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.
Non osservare l'ordinanza sindacale comporta la denuncia per il reato di cui all'art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell'autorità); insomma in un modo o nell'altro disinteressarsi del proprio immobile può comunque portare delle conseguenze di carattere penale.
Chiunque può segnalare al Comune competente situazioni di degrado in cui versano degli immobili al fine di vedere adottati i provvedimenti più opportuni in relazione allo specifico caso.
Tra di essi ne citiamo alcuni a puro titolo di esempio:
- ordinanza di eliminazione del pericolo;
- ordinanza con la quale l'amministrazione dichiara l'inagibilità dei locali;
- ordine di apposizione di cartelli di segnalazione del pericolo e contestuale intimazione a chiudere determinati accessi;
- ordine di puntellamento di parte dell'edificio.
Sebbene tutti possano segnalare situazioni di pericolo, l'amministrazione comunale, solitamente, emette ordinanze del genere solamente a seguito di sopralluoghi o comunque di relazioni tecniche che evidenzino chiaramente la sussistenza dei requisiti per poter ordinare l'intervento manutentivo.
Come qualunque provvedimento dell'Autorità amministrativa, anche le ordinanze sindacali adottate ai sensi dell'art. 54 d.lgs n. 54/2000 possono essere contestare attraverso la loro impugnazione davanti al Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) competente.
Le ordinanze, infatti, devono riguardare situazioni realmente pericolose (da qui le necessità di un'istruttoria tecnica che individui con certezza problemi e rimedi) e soprattutto debbono essere indirizzate contro chi è realmente legittimato ad eseguire le opere necessarie ed infine le opere ingiunte devono essere realmente risolutive del problema.
Il giudizio amministrativo, vale la pena ricordarlo, serve quale controllo di legalità dell'azione della pubblica amministrazione; in sostanza il T.A.R. (in primo grado) verifica se l'amministrazione ha applicato correttamente la legge.
In un caso risolto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5213 del 22 ottobre 2014, si litigava in merito ad un'ordinanza emessa da un Comune e notificata ad un condominio, il quale l'aveva impugnata davanti al T.A.R. perché a suo dire esso non era il soggetto legittimato a ricevere l'ordine dell'amministrazione e comunque perché l'ordinanza non conteneva ordini in grado di risolvere realmente la situazione di pericolo.
Le ragioni della compagine erano state accolte in prima istanza per tutte le ragioni appena esposte e la sentenza, impugnata dall'amministrazione comunale, è stata confermata dai Giudici del Consiglio di Stato.
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