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Che cosa bisogna fare se per eseguire interventi di manutenzione del proprio edificio è necessario occupare l'altrui proprietà?
Detta diversamente: è possibile, nel caso di esecuzione di interventi di manutenzione provvedere all'occupazione di suolo privato altrui?
Se sì, a quali condizioni?
È classico l'esempio del bisogno d'installare l'impalcatura nel giardino di proprietà esclusiva di chi abita al piano terra di un edificio per permettere il rifacimento della facciata dello stesso.
Tra le altre ipotesi, notevolmente frequenti, si faccia riferimento ai casi di palazzi aderenti e aventi altezza differente.
In tali circostanze, laddove sorgesse l'esigenza di intervenire sul prospetto laterale dello stabile più alto, sarebbe indispensabile ottenere il permesso del vicino per installare i ponteggi sul suo lastrico solare.
Il codice civile disciplina questa particolare fattispecie all'art. 843 dedicato al così detto accesso al fondo.
A mente di tale disposizione il proprietario di un fondo deve consentire l'accesso e il passaggio nella sua proprietà, purché ne venga riconosciuta la necessità, per consentire di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune.
Nel caso in cui tale accesso dovesse cagionare un danno, è dovuta un'adeguata indennità.
La norma consente:
a) il semplice passaggio;
b) la vera e propria occupazione di suolo privato.
In entrambi i casi, tuttavia, è necessario che sia accertata la necessità dell'occupazione e/o del passaggio.
Si badi: la norma dispone, afferma la dottrina, una obbligazione propter rem (ossia connessa alla proprietà del fondo) e nella sostanza specifica le condizioni della sua applicazione.
Nulla vieta, naturalmente, che le parti possano mettersi d'accordo per l'occupazione del suolo privato (tecnicamente accesso al fondo altrui) anche se non v'è la necessità di operare in questo modo perché, ad esempio, le opere possono essere eseguite in altro modo.
Esempio:
Tizio deve eseguire lavori di manutenzione del proprio balcone e Caio non gli dà l'autorizzazione a installare i ponteggi in quanto le opere possono tranquillamente essere eseguite con un cestello elevatore.
Quando l'alternativa diventa troppo complicata da far sorgere la necessità?
È utile, quindi, comprendere che cosa debba intendersi per necessità.
L'accezione comune del termine può essere diversa da quella giuridica in ragione di un particolare utilizzo di quel termine.
Nel caso della necessità di occupazione di suolo privato la Corte di Cassazione, nell'interpretare il termine contenuto nell'art. 843 c.c. dedicato all'accesso al fondo, ha affermato che per il suo riconoscimento è indispensabile che il giudice del merito investito della questione proceda a una valutazione complessiva e articolata dello stato dei luoghi, poiché la norma richiede di verificare se la soluzione prescelta (occupazione di suolo privato o passaggio su di esso) sia l'unica possibile oppure se pur essendovi altre possibilità essa rappresenti l'unica che consente di raggiungere lo scopo (riparazione o costruzione) con minor sacrificio per tutte le parti interessate (Cass. n. 3494/75).
Si capisce, quindi, come gli esempi generici di occupazione di suolo privato non possano essere poi così tanti se non partendo da situazioni standardizzate che non possono tenere conto delle specificità di ogni situazione reale.
È questa, pertanto, la situazione che laddove non si riesca a trovare un accordo per l'accesso al fondo si deve tenere presente: il giudice deve considerare ogni aspetto e tenere sempre ben presenti tutti gli interessi in gioco.
Più complessa è la questione relativa all'indennità.
Quando e come chi accede al fondo altrui (per la sua occupazione o per il semplice passaggio) deve corrispondere un'indennità al proprietario di questo fondo?
Parliamo delle ipotesi in cui le parti non abbiano trovato un accordo, perché in tale ipotesi non vi sarebbero problemi di sorta: l'occupante pagherebbe quanto richiesto dal proprietario dell'immobile.
L'art. 843 c.c. fa riferimento a un'indennità dovuta nel caso di danni.
Ciò vuol dire che se non vi sono danni non vi è diritto ad alcun ristoro economico?
La situazione, stando alle pronunce giurisprudenziali sull'argomento, non è affatto chiara.
Due, nella sostanza, gli orientamenti in merito al concetto di indennità per l'accesso al fondo:
a) a mente del primo orientamento si ritiene il diritto all'indennizzo sorga solamente nel caso di danni.
Ciò perché dall'occupazione di suolo privato (leggasi nelle sentenze e nei manuali di diritto accesso al fondo del vicino), al fine di eseguire un'opera, emerge in modo implicito che a tale occupazione si accompagni il deposito di materiali e strumentazione necessaria per l'esecuzione dell'opera.
In questo contesto chi deposita i materiali deve provvedere, poi, a sua cura e spese, al ripristino dello status quo ante ivi compresi gli ulteriori danni rilevabili;
b) per un altro orientamento, l'indennità dovrebbe essere preventivamente liquidata, evidentemente a discrezione del giudice sulla base degli accertamenti di fatto eseguiti e comunque delle richieste del proprietario del suolo occupato e dell'occupante.
In questo contesto d'incertezza, nei più recenti pronunciamenti sull'argomento si legge che siccome la dottrina dominante considera l'obbligo del proprietario di consentire l'accesso o il passaggio del vicino come espressione di un'obbligazione propter rem, appare più confacente alla lettera della legge, considerare l'espressione indennità in riferimento ad un danno provocato da liquidarsi in via equitativa, fermo restante l'obbligo del vicino di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita (così Cass. 27 gennaio 2009 n. 1908).
Le decisioni inerenti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di un edificio condominiale rappresentano quelle deliberazioni alle quali si arriva quasi sempre dopo un iter abbastanza articolato: le ragioni sono per lo più di carattere economico. In pratica si tende a risparmiare fin quando l'intervento da utile o consigliabile diviene improcrastinabile.
Vale la pena ricordare che, in seconda convocazione, i lavori straordinari necessitano delle seguenti maggioranze:
a) per interventi normali è necessario e sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea e di almeno 333 millesimi;
b) per interventi di notevole entità (economica) il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea e di almeno 500 millesimi.
Le spese per il rifacimento della facciata, fatto salvo il diverso accordo tra tutti i condomini (art. 1123, primo comma, c.c.) e fermo restando quanto previsto dal terzo comma dell'art. 1123 c.c. (relativo alle spese nel così detto condominio parziale) devono essere ripartite tra tutti i condomini in ragione dei millesimi di proprietà.
Che cosa succede se per eseguire dei lavori di ristrutturazione di un edificio condominiale è necessario accedere nella proprietà privata altrui?
Al riguardo vale quanto detto in linea generale: il condominio che intenda occupare l'altrui suolo privato per l'esecuzione di opere edili di manutenzione delle parti comuni deve chiedere il permesso che sarà obbligatorio concedere solamente per l'ipotesi di necessità di accesso al fondo nei termini sopra indicati (cfr. in tal senso anche Trib. Catanzaro 20 luglio 2014).
Tale disciplina si applica quando è il condominio a dover eseguire i lavori, sia il suolo da occupare suolo di un terzo estraneo alla compagine o bene in proprietà esclusiva di un condomino (es. giardino o terrazzo a livello).
Qualora a eseguire i lavori sia un condomino, non è necessaria la richiesta di occupazione di suolo privato (accesso al fondo) se tale occupazione riguarda le parti comuni che possono essere utilizzate da tutti i comproprietari per le proprie esigenze, pur nei limiti individuati dall'art. 1102 c.c.
È sempre consigliabile, per i condòmini, consultare il regolamento condominiale che, specie se di natura contrattuale, può contenere indicazioni in merito a queste fattispecie.
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