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Il d.lgs n. 28 del 2010 aveva sancito, per una serie di controversie civili, la necessità di esperire un tentativo di conciliazione prima dell'inizio della causa davanti al giudice competente.
Il mancato esperimento di questo tentativo, insomma non rivolgersi ad un organismo di mediazione, poneva in capo al giudice (d'ufficio o su istanza della controparte) il potere di dichiarare la domanda improcedibile.
Come dire: siccome non hai provato a mediare non puoi proseguire nell'azione giudiriziaria.
Quanto abbiamo appena stringatamente sintetizzato sta scritto nell'articolo 5 del d.lgs n. 28 del 2010.
Recita la norma:
Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
La norma, senza troppi sotterfugi, era stata pensata anche per snellire il carico giudiziario: svuotare i tribunali attraverso il ricorso ad un organismo creato ad hoc, il cui compito non era quello di decidere come un giudice ma di aiutare le parti a trovare un accordo sulla vicenda al di là delle specifiche ragioni giuridiche a sostegno delle proprie tesi.
La legge ha previsto un'entrata in vigore scaglionata a seconda delle materie
Solo lo scorso 21 marzo il tentativo di conciliazione era divenuto obbligatorio per le controversie in materia di condominio e risarcimento per la circolazione dei veicoli.
Si tratta di una modalità di risoluzione alternativa delle controversie (così detta ADR) molto in voga nei paesi anglosassoni.
Ancor prima di entrare in vigore il decreto legislativo è stato fortemente criticato.
La prima e più ricorrente doglianza riguardava l'obbligatorietà della procedura.
In sostanza ci si domandava: può essere considerato costituzionalmente legittimo imporre una sorta di sbarramento all'accesso alla giustizia?
In effetti fino a qualche giorno fa se due condomini o due vicini, o due automobilisti litigavano, prima di rivolgersi ad un giudice dovevano promuovere un tentativo di mediazione con spese a loro carico (salvo a causa finita una condanna della controparte al pagamento di tutte le spese).
Tanto invocato alla fine è arrivato l'intervento del giudice delle leggi a porre, almeno per ora, la parola fine alla controversa querelle relativa all'obbligatorietà della mediazione civile.
Con uno scarno comunicato diffuso lo scorso 24 ottobre l'ufficio stampa di Palazzo della Consulta ha affermato che:
La Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.
In sostanza, per quello che si legge, l'obbligatorietà è illegittima in quanto il governo, cui il Parlamento aveva delegato la potestà legislativa sulla materia, è andato oltre la stessa delega conferitagli; ad ogni buon conto è bene attendere le motivazioni della pronuncia per comprenderla appieno.
Insomma l'istituto della mediazione è salvo ma non la necessità di rivolgersi ad un organismo abilitato prima di iniziare una causa.
Per dirla diversamente: la Corte ha spostato indietro nel tempo le lancette.
Tutto torna come a prima del 21 marzo 2011 (o 2012 per condomini ed Rc auto): le parti, nelle materie indicate dall'art. 5 succitato, possono andare direttamente in Tribunale.
Che ne sarà dei tanti organismi di mediazione sorti in quest'anno e mezzo?
Come si suol dire, adesso che manca l'obbligatorietà di rivolgersi a loro, saranno il mercato e la sensibilità degli addetti ai lavori a determinarne le sorti.
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