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È arrivato il giorno X, la famigerata data a partire dalla quale tutte le controversie riguardanti i condomini, prima di giungere nelle aule di giustizia, devono passare da un organismo di conciliazione.
Per amor di verità non proprio tutte.
Dal calderone delle controversie da conciliare, infatti, restano fuori i famigerati decreti ingiuntivi condominiali, quelli disciplinati dall'art. 63 disp. att. c.c. (ma solamente fino all'udienza che decide sulla sospensione della provvisoria esecuzione).
Al pari dell'azione monitoria, il d.lgs n. 28/10 (quello che disciplina il tentativo di conciliazione) non riguarda i procedimenti di nomina e revoca giudiziale dell'amministratore, in quanto di natura cautelare.
Che cosa dice esattamente la legge?Ai sensi dell'articolo 5 del succitato decreto legislativo n. 28, chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, [...], è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.
L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6.
Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
Come si dice nel gergo tecnico: il procedimento di mediaconciliazione rappresenta una condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
In poche parole: se non si tenta la conciliazione non si può iniziare una causa in materia di condominio.
Il così detto tentativo di conciliazione dev'essere tenuto presso un organismo riconosciuto dal Ministero della giustizia.
Il costo della procedura varia a seconda del valore della controversia: a tali costi, previsti da un apposita tabella ministeriale, devono essere aggiunti quelli per la rappresentanza da parte di un legale.
Quest'ultima, è bene evidenziarlo, non è figura obbligatoria nel procedimento.
Abbiamo visto per quali materie sono escluse dall'obbligo di sottostare al tentativo di conciliazione.
Vediamo, quindi, per concludere e per sommi capi, quali, invece, devono ritenersi sottoposte a questa procedura:
a) impugnazione delibera assembleare;
b) rispetto regolamento condominio;
c) modalità d'uso dei beni comuni;
d) provvedimenti dell'amministratore.
La legale rappresentanza del condominio, in questi casi, è sempre posta in capo all'amministratore; egli ha potere di transigere nelle stesse modalità e con gli stessi limiti previsti nei casi di azione giudiziaria.
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