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Con la sentenza n. 19744 del 19 settembre 2014, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della questione del danno (questa volta mortale) al conduttore e delle responsabilità del proprietario.
Due genitori convenivano in giudizio il proprietario dell'immobile loro locato come abitazione per chiedere il risarcimento dei danni dovuti al decesso del loro figliolo avvenuto nel minuscolo bagno dell'immobile a causa delle esalazioni di monossido di carbonio mentre questi faceva la doccia.
Gli attori asserivano che la causa dell'evento era da attribuirsi al fatto che lo scaldabagno non era stato installato a regola d'arte per insufficienza sia della capienza del bagno, che del sistema di conduttura dei fumi: spiegavano infatti che il condotto di esalazione – che pure era stato in seguito interrotto in maniera del tutto anomala per lavori di soggetti terzi ai piani superiori - era risultato irregolare sin dall'origine perché non collegato ad un apposito cavedio tecnico ma alla canna di deflusso dei fumi delle cucine e senza lo sfiato di riserva.
Di conseguenza sostenevano che la causa necessaria e sufficiente di quanto accaduto era da rinvenirsi nel comportamento negligente del locatore.
Al contrario, il convenuto affermava che la causa preminente di quanto successo, come affermato nella perizia espletata nel processo penale, era stata l'interruzione del condotto di esalazione in corrispondenza del quarto piano da parte di terzi e che tale interruzione e il conseguente impedimento alla fuoriuscita dei prodotti della combustione era una condizione di per sè sufficiente al crearsi delle condizioni di causa del decesso, mentre l'irregolare posizionamento dello scaldabagno non poteva necessariamente aver creato una condizione di pericolosità tale da determinare l'evento.
Il Tribunale rigettava la domanda affermando che, nonostante fosse emerso dalle perizie d'ufficio effettuate nell'ambito del processo penale che il boiler non era stato installato in maniera conforme alla normativa di sicurezza allora in vigore ed il bagno era privo di una presa d'aria, tuttavia, stante l'avvenuta anomala e imprevedibile chiusura della canna fumaria ad opera di soggetti terzi, non era risultato provato che il suo operato fosse causalmente collegato al decesso del figlio degli attori.
Successivamente, la Corte di appello in parziale accoglimento dell'appello, dichiarava invece la responsabilità del locatore nella misura di un terzo.
Avverso la sentenza della Corte di merito entrambe le parti hanno proposto ricorso (principale ed incidentale) per Cassazione.
I motivi dell'appello del conduttore (quelli che la Corte ha ritenuto ammissibili) sono incentrati nel contestare sostanzialmente la ripartizione della responsabilità tra conduttore e locatore (almeno non in quelle percentuali), oltre che nell'insistere sulla riconducibilità del sinistro interamente all'irregolare posizionamento della canna da parte del locatore: se questa fosse stata apposta fuori dall'immobile, affermavano, nulla sarebbe accaduto.
In appello il locatore era stato ritenuto solo parzialmente responsabile, nella misura di un terzo, appunto. La sentenza del terzo grado riforma parzialmente la sentenza di appello ritenendo totalmente reponsabile il locatore così motivando: invero questa Corte ha affermato che la responsabilità del locatore per i danni derivanti dall'esistenza dei vizi sussiste anche in relazione a vizi preesistenti la consegna ma manifestatisi successivamente ad essa nel caso in cui il locatore poteva conoscere, usando l'ordinaria diligenza, i vizi secondo la disciplina di cui all'art. 1578 c.c. (Cass. 9 luglio 2008, n. 18854 e Cass. 10 agosto 1991, n. 8729).
La circostanza che in sede penale la consulenza tecnica individui altrove la causa, non libera in sede civile il locatore, obbligato ai sensi dell'art. 1578 c.c.
Va da sè che la questione concreta da cui è originato il caso (posizionamento e collegamento dello scaldabagno) deve volta per volta essere valutata secondo le norme tecniche del momento e del luogo.
La sentenza in commento afferma un altro importante motivo di accoglimento della domanda: e cioè che il locatore è tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato quand'anche tali condizioni fossero note al conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità (Cass. 3 febbraio 1999, n. 915).
A sostegno di ciò la sentenza richiama un'altra pronuncia della stessa Corte, per la quale è indiscutibile che la tutela della salute... deve operare anche nei rapporti interprivati di locazione, come peraltro è anche prescritto dall'art. 1580 c.c., che conferisce al conduttore l'azione di risoluzione, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualsiasi rinuncia (Cass. n. 915/1999).
Dunque, il diritto alla salute, diritto fondamentale e costituzionale (artt. 2 e 32, Cost.) deve essere tutelato pienamente anche nei rapporti di locazione tra privati e non rileva la conoscenza da parte del conduttore dell'eventuale vizio; d'altronde, è quanto stabilisce il codice all'art. 1580 c.c.
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