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Nell'ambito delle locazioni abitative, lo sfratto per morosità con contestuale risoluzione del contratto per inadempimento non rappresentano conseguenza immediata e diretta dell'iniziale morosità, se nelle more del giudizio è intervenuto il pagamento anche di non tutto l'importo dovuto.
Questo, in massima sintesi, il contenuto della sentenza n. 6902 resa dal Tribunale di Milano il 16 maggio 2013.
La vertenza riguardava uno sfratto per morosità e una richiesta di risoluzione del contratto per un immobile destinato ad attività commerciale.
Le norme di riferimento per questo genere di locazioni, che si differenziano e non poco dalle locazioni destinate a uso diverso da quello abitativo, sono quelle contenute negli articoli 1 e seguenti dalle legge n. 392/78 (la così detta legge sull'equo canone).
Un solo inadempimento non porta alla risoluzione, ma dal mancato pagamento di due mensilità, come stabilito dell'art. 5 della legge n. 392/78, però, discende l'automatica risoluzione.
Se, poi, tra richiesta di sfratto e udienza interviene il pagamento, allora, sicuramente non può esserci risoluzione.
In tal senso il Tribunale di Milano, nella sentenza succitata, ha ricordato che per quanto la morosità del conduttore fosse rilevante e tale da fondare la pronuncia di risoluzione del contratto di locazione, ai sensi dell'art. 5 L. 392/78 (Cass. 8628/2006: In tema di locazione di immobili, con riferimento all'inadempimento del conduttore al pagamento del canone, l'articolo 5 della legge 27 luglio 1978 n.392 il quale stabilisce che il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 cod. civ., fissa un criterio di predeterminazione legale della gravità dell'inadempimento, che come tale non consente al giudice del merito di svolgere altri accertamenti su questo presupposto dell'inadempimento; tale criterio trova applicazione solo alle locazioni ad uso abitativo e non a quello ad uso diverso da quello abitativo.
Ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori), la sanatoria della morosità in data successiva alla notificazione dell'intimazione di sfratto, ha comportato il venire meno della morosità e di conseguenza del presupposto per la convalida dello sfratto, trattandosi di locazione ad uso abitativo alla quale si applica il disposto di cui all'art. 55 L 392/78, che consente, in deroga al generale disposto di cui all'art. 1453 ultimo comma c.c. - che preclude l'adempimento dopo la proposizione della domanda di risoluzione - la sanatoria della morosità in prima udienza o entro il termine di grazia concesso dal giudice.
Per quanto nella fattispecie che ci occupa non vi sia stata da parte del conduttore una sanatoria della morosità nei termini previsti dalla richiamata disposizione normativa - non avendo il conduttore corrisposto gli interessi e le spese processuali - tuttavia la morosità residua non era tale da giustificare la pronuncia di risoluzione del contratto, a norma dell'art. 5 della L 392/78.
Dunque, la morosità del conduttore preesisteva alla proposizione della domanda giudiziale - condizione necessaria per la pronuncia di risoluzione del contratto di locazione - e, per quanto ridotta ai soli interessi sui canoni di locazione, a seguito del pagamento intervenuto in data 5.4.2011, si è aggravata in corso di causa, posto che già all'udienza fissata per la convalida dello sfratto era maturato il canone relativo al V trimestre 2011, che il conduttore non ha pagato, sospendendo il pagamento di ogni corrispettivo locatizio da quel momento in poi (Trib. Milano 16 maggio 2013 n. 6902).
Insomma se il conduttore paga prima dell'udienza di convalida dello sfratto e poi riprende a non pagare, lo sfratto non può essere concesso all'udienza di cui sopra ma ciò non vuol dire che il contratto non possa essere risolto al termine della causa.
Tutto dipende dall'importanza dell'inadempimento; tale valutazione è rimessa al giudice di merito.
Come si legge nella sentenza, infatti, la valutazione della morosità del conduttore, ai fini della determinazione della gravità dell'inadempimento contrattuale e della conseguente pronuncia di risoluzione del contratto, deve essere unitaria, vale a dire riferita all'intero rapporto contrattuale, avuto riguardo alle successive omissioni di pagamento dei canoni scaduti nel corso del giudizio.
Invero, nelle obbligazioni ad esecuzione periodica, come la locazione, un inadempimento iniziale di scarso rilievo può rivestire caratteri della serietà e della gravità di cui all'art. 1455 c.c. , se si protrae nel tempo e se persiste ostinatamente malgrado il ricorso alle vie giudiziali (cfr Cass. 8076/2002: L'inadempimento successivo alla domanda può consistere nella persistenza durante il processo dell'inadempimento originario posto a fondamento della richiesta di risoluzione del contratto, ovvero nell'omesso adempimento di obbligazioni ulteriori. Sulla protrazione dell'inadempimento originario nei contratti di durata, è stato costantemente affermato - con enunciazione che va anche in quest'occasione confermata che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1455 cod. civ. (alla cui stregua va apprezzato l'inadempimento del conduttore nelle locazioni non abitative), deve essere unitaria, in relazione al complessivo comportamento del debitore, desumibile dalla durata della mora e dall'eventuale suo protrarsi in corso di causa,... con la conseguenza che anche un inadempimento iniziale di scarso rilievo può successivamente evidenziarsi come grave, per la sua durata e persistenza, malgrado il ricorso del creditore alle vie giudiziarie (Cass., 8 marzo 1988, n. 2346); e che ai fini della determinazione della gravità dell'inadempimento, quale presupposto essenziale per la risoluzione del contratto a norma dell'art. 1455 c.c., deve effettuarsi un'indagine unitaria coinvolgente tutto il comportamento del debitore, desumibile dalla durata della mora e dal suo eventuale protrarsi, nonché una valutazione oggettiva della ritardata o mancata prestazione con riferimento all'interesse dell'altra parte all'esatto adempimento (Cass., n. 2879 del 1989).
Nello stesso senso si erano espresse anche Cass., nn. 1708/72, 2987/77, 639/78, 1991/81, 4715/82, 7194/83, 2869/84, 2327/86, 20187) (Trib. Milano 16 maggio 2013 n. 6902).
Nel caso di specie il Tribunale ha valutato come grave l'inadempimento, che è permaso anche in corso di causa, e perciò ha dichiarato risolto il contratto di locazione.
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