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In materia civile chi è titolare di un diritto e ha necessità di farlo valere verso chi non lo rispetta ha a disposizione un certo periodo di tempo (v. art. 2934 c.c.).
Ciò vuol dire che egli non può rimanere inerte per un tempo indefinito e poi un bel giorno alzare la voce: la legge, per salvaguardare la necessità di certezza nei rapporti giuridici, prevede un termine, al di là del quale la questione, nell'inerzia del titolare, viene definita dalla legge, senza che egli possa far più nulla.
Viene cioè formalizzato il comportamento sostanziale che ha avuto il titolare del diritto per un certo periodo di tempo: in questo modo, dunque, il diritto si può in un certo senso perdere. Il diritto, in sostanza, salvo quelli imprescrittibili, ci è dato dall'ordinamento perché venga utilizzato: la collettività deve potersi affidare all'apparenza, se detta apparenza perdura per un tempo determinato (dalla legge).
In realtà, però il diritto viene negato solo se la controparte lo eccepisce: il giudice non può rilevare la prescrizione, lo può fare solo la controparte, per cui se non c'è tale eccezione, il diritto verrà riconosciuto. Ecco perché secondo molti impropriamente può parlarsi di estinzione del diritto.
La prescrizione non vale però per i diritti cosiddetti indisponibili, cioè per quei diritti di cui nemmeno il titolare può disporre, come ad esempio i diritti della personalità (che cioè si riferiscono alla tutela della persona, come il diritto alla vita o alla salute, etc.) o anche quei diritti legati alle situazioni familiari (come lo status di figlio) (v. art. 2934 c.c.).
La prescrizione non vale poi per quegli altri diritti indicati dalla legge (v. art. 2934 c.c.), come ad esempio il diritto di proprietà (per espressa previsione dell'imprescrittibilità dell'azione posta a sua difesa di cui all'art. 948 c.c.): è bene chiarire però che la legge riconosce anche, per effetto del trascorrere del tempo, del possesso di altri e dell'inerzia del titolare, l'acquisizione della proprietà con l'usucapione (v. art. 1158 e ss. c.c.): è ovvio che se qualcuno l'acquisisce, vuol dire che qualcun altro la perde.
La prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui può essere fatta valere (v. art. 2935 c.c.).
Cioè dal momento in cui può essere fatto valere un diritto: ma, quando ciò avviene?
Quando vi è la possibilità giuridica (e non materiale) di farlo valere: decorre cioè dal momento in cui la legge lo consente, anche se il titolare non sa di esserlo, salvo che il debito non sia stato dolosamente occultato dal debitore (caso di sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c.).
Non è possibile derogare con un patto alle norme sulla prescrizione (v. art. 2936 c.c.) come non è possibile rinunziarvi, se non dopo che si sia compiuta; la rinuncia può essere effettuata solo da chi può validamente disporre del diritto e può risultare da un atto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione (v. art. 2937 c.c.).
La prescrizione può essere comunque eccepita da terzi che vi abbaino interesse, qualora il titolare non la faccia valere, e può essere opposta anche se il titolare vi ha rinunciato (v. art. 2939 c.c.).
Se si paga un credito prescritto non si può pretenderne la restituzione (v. art. 2940 c.c.).
La prescrizione si interrompe per effetto della notifica di un atto introduttivo di un giudizio (di cognizione, conservativo o esecutivo), o anche da una domanda proposta durante un giudizio e comunque e soprattutto da qualunque che valga a costituire in mora il debitore (v. art. 2943 c.c.).
Inoltre l'interruzione si ottiene anche con l'atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri (v. art. 2943 c.c.).
In particolare, dunque, chi vuol far valere un proprio diritto, prima ancora del giudizio, e prima ancora di essersi rivolto a un avvocato, per evitare che il diritto si prescriva, fa bene a inviare alla controparte una comunicazione scritta che valga anche come costituzione in mora: dovrà, cioè, scrivere una lettera che abbia i requisiti prescritti dall'art. 1219 c.c.: si tratterà di inviare una comunicazione scritta, senza necessità di formule solenni, da cui si evinca chiaramente la volontà del titolare di far valere il proprio diritto nei confronti del destinatario.
L'invio della lettera di costituzione in mora, oltre che necessario nei casi prescritti dalla legge, ha quindi l'utilità di interrompere la decorrenza della prescrizione.
Il decorso della prescrizione si sospende al verificarsi di determinate condizioni previste dalla legge, per poi ricominciare a decorrere al venire meno dell'ipotesi di sospensione; i casi in cui la prescrizione può sospendersi sono previsti espressamente dalla legge, in particolare agli artt. 2941 c.c. e 2942 c.c. e riguardano i rapporti tra le parti (es. finchè sono sposate, o finchè il debitore cela dolosamente al creditore l'esistenza del credito) o le condizioni del titolare (es. se minore o interdetto finchè è senza rappresentante legale).
A differenza della interruzione, che avviene per impulso del titolare del diritto (o anche per effetto del riconoscimento del diritto da parte della controparte, ex art. 2944 c.c.), la sospensione si verifica al verificarsi delle condizioni previste dalla legge.
Altra differenza sostanziale tra le due è che mentre con l'interruzione il tempo a disposizione ricomincia a decorrere sin dall'inizio (es. se sono due anni, due anni riprendono a decorrere) con la sospensione il tempo ricomincia a decorrere da dove si era fermato: e se sono due anni, ma erano già trascorsi sei mesi, una volta cessata la sospensione, la prescrizione riprenderà dal settimo.
La prescrizione ordinaria è decennale, ma vi è una serie di eccezioni previste dalla legge, cioè le prescrizioni brevi (v. artt. 2946-2953 c.c.).
Ci sono poi le prescrizioni presuntive (v. artt. 2954-2961 c.c.) che però indicano il lasso di tempo decorso il quale si presume sia avvenuto il pagamento, anche se la presunzione può essere vinta dalla prova contraria).
Dalla prescrizione si differenzia la decadenza: anche la decadenza ricollega il venire meno del diritto al trascorrere del tempo, ma per motivi differenti: se la legge o il contratto assegnano un tempo breve per l'esercizio del diritto a pena di decadenza, in tal caso il decorso del tempo non può essere nè interrotto nè sospeso: non valgono insomma nè le norme sull'interruzione, nè quelle sulla sospensione (salvo che sia disposto altrimenti) della prescrizione (v. art. 2964 c.c.).
Non è ammissibile la modifica della disciplina legale della decadenza, come non è ammissibile la rinuncia alla decadenza, se si tratta di materia sottratta alla disponibilità delle parti (v. art. 2968 c.c.).
Una volta impedita la decadenza, il diritto rimane soggetto alle norme sulla prescrizione (v. art. 2967 c.c.).
La decadenza è impedita solo dall'atto previsto dalla legge o dal contratto, anche se, in caso di diritti disponibili, può essere impedita anche dal riconoscimento del diritto da parte della persona contro cui il diritto si fa valere (v. art. 1966 c.c.).
Un esempio di termine previsto a pena di decadenza è quello del termine di un anno per avviare l'azione legale per denunzia di nuova opera (v. art. 1171 c.c.).
È nullo il patto con cui vengono stabiliti termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto (v. art. 2965 c.c.).
Infine, a differenza della prescrizione, la decadenza può essere rilevata dal giudice, ma solo se trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, egli debba rilevare le cause d'improponibilità dell'azione (v. art. 2969 c.c.).
Ad esempio, è stato deciso che la decadenza dal diritto di impugnare la delibera condominiale per superamento dei trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c. non può essere rilevata dal giudice, non trattandosi di materia sottratta allla disponibilità delle parti (v. Cass. n. 15131/2001).
In conclusione, il tecnicismo della materia richiede l'intervento di un giurista, ma la parte che teme che il suo diritto possa prescriversi e nel frattempo non si è ancora rivolta a un avvocato può effettuare la comunicazione scritta di cui sopra da cui si evinca chiaramente la volontà di fare valere il proprio diritto.
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