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Non è detto che chi desidera un intonaco in argilla per la propria casa debba per forza comprare il materiale che andrà ad applicare sulle pareti. Trattandosi tutto sommato di terra, può essere conveniente riutilizzare la terra scavata all'interno del proprio cantiere, accumulata per esempio in seguito alla realizzazione di un vespaio.
Oppure si può chiedere di utilizzare la terra di un cantiere nei paraggi che in cambio eviterebbe i costi per rimuovere la terra scavata e smaltirla.
Le condizioni sono ovviamente che ci si trovi in campagna o comunque in una zona non molto urbanizzata e soprattutto che la terra non sia contaminata.
Partecipare all'autocostruzione edilizia della propria casa è un'esperienza che chi ha avuto modo di vivere ricorda sempre con piacere e orgoglio. Certo le difficoltà sono molte per chi non è del mestiere; con l'autocostruzione i tempi sono lunghi e altrettanti i sacrifici, ma generalmente la dedizione e la tenacia hanno la meglio.
La terra scavata di recupero da impiegare per la realizzazione degli intonaci dovrà essere accuratamente selezionata e setacciata, perciò se si vogliono contenere i costi l'unica soluzione è occuparsi personalmente del lavoro manuale con l'autocostruzione.
Pagare delle persone perché setaccino la terra da utilizzare separandola dalle pietre risulterebbe infatti più caro che comprare qualche big bag di terra, venendo meno a questo punto la sostenibilità economica dell'operazione.
Durante l'esecuzione degli intonaci l'aspetto del cantiere cambia radicalmente, si passa infatti dall'aspetto rustico dei tavolati in mattoni a muri con un aspetto omogeneo e senza più le tracce degli impianti visibili.
Riguardo alla resa estetica, un intonaco realizzato in terra cruda ha un aspetto generalmente più morbido e imperfetto rispetto a un intonaco tradizionale realizzato con stagge su guide metalliche.
Gli spigoli sono arrotondati e gli angoli non perfettamente squadrati, ma questa è la sua bellezza.
Prima di procedere con la realizzazione della miscela degli intonaci bisogna verificare se la terra disponibile si presta allo scopo, in maniera tale da determinare con prove empiriche la quantità di argilla presente.
Un esperimento può essere quello della tazza. Una volta impastata della terra con poca acqua bisogna creare una piccola tazza e riempirla d'acqua. Con questo esperimento è possibile valutare la presenza o meno di argilla e bentonite nella terra, valutando la quantità di acqua che la tazza è in grado di assorbire prima di rompersi.
Altra prova è quella del sigaro e serve per valutare il grado di plasticità della terra, tuttavia la presenza di una percentuale di limo potrebbe trarre in inganno quindi è meglio eseguire più tipi di prove.
L'argilla fa da colloide perché ha granuli piccolissimi (diametro meno di 3,9 micrometri), il limo invece si trova in una posizione intermedia tra sabbia e argilla, quindi favorisce la plasticità ma non incolla.
Una volta effettuate queste e ulteriori prove, come la sedimentazione e, per i meno schizzinosi, la prova del morso, si può procedere a preparare diverse miscele di argilla, sabbia e paglia, in maniera tale da determinare la composizione ideale specifica per quel tipo di terra.
La sabbia dovrà essere preferibilmente di fiume, con granelli fini e stondati, in quanto gli spigoli potrebbero rendere difficoltosa la lavorazione con il frattazzo, mentre l'impasto dovrà essere fatto a secco aggiungendo l'acqua poco per volta.
Per prima cosa bisogna preparare il supporto: un buon modo è quello di diluire in molta acqua un po' di terra fino a ottenere ciò che si chiama barbottina e spruzzarla con un pennello sul muro da intonacare.
La barbottina aiuterà l'aggrappo dell'intonaco per evitare che in un secondo momento questo si possa staccare dalla parete.
Una volta asciutta la barbottina si comincia con le prove, creando una griglia e aggiungendo di volta in volta sabbia o paglia a seconda che ci si muova in orizzontale o in verticale lungo la griglia.
È consigliabile iniziare con la paglia, in quanto impiega più tempo ad asciugare, dopodichè si proverà con la sabbia e infine si scenderà in diagonale con sabbia più paglia.
Queste prove servono a determinare quante parti di sabbia e quante di paglia sono necessarie affinchè l'intonaco non crepi e si mantenga uniforme.
Ovviamente per la base dell'intonaco si dovranno utilizzare delle sabbie più grosse, lasciando le granulometrie più fini per lo strato di finitura.
All'interno dello strato di riempimento di base è consigliabile annegare nell'impasto una retina di yuta lasciando sporgere qualche chiodino, questa fungerà da struttura assieme alla paglia e garantirà che l'intonaco non si stacchi dalla parete.
Lo strato di finitura è sicuramente la fase più divertente e artistica, potendo aggiungere le cariche a secondo del gusto e dell'effetto che si vuole ottenere.
Si definisce carica tutto ciò che si aggiunge per impreziosire l'apetto estetico dell'intonaco, come gli ossidi colorati o i frammenti di madreperla o di paglia, che una volta sul muro sembrano scaglie dorate quando illuminate.
Quale luogo migliore per imparare a realizzare e applicare un intonaco in argilla con terra scavata se non in un cantiere in aperta campagna.
L'associazione Bioecoservizi opera tra Milano e Reggio Emilia e organizza wokshop nei cantieri per i quali offre servizi di consulenza e dove è possibile imparare a realizzare un intonaco con una terra veramente a chilometro zero. Le fotografie presenti nell'articolo sono state scattate in occasione di un seminario organizzato dall'associazione.
In alternativa ci si può informare sulle attività proposte dagli ecovillaggi sparsi in tutta Italia, come ad esempio il villaggio ecologico di Granara. Generalmente i corsi che riguardano la terra cruda si accompagnano a quelli dedicati alla costruzione in paglia, l'importante è avere la volontà di sporcarsi le mani e sperimentare con creatività.
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