|
Che cosa accade se, per le caratteristiche strutturali di un edificio, gli impianti condominiali sono ubicati in parti dello stabile di proprietà esclusiva di un solo condomino?
Risposta: il condomino dovrà sopportare una servitù di passaggio per tutti gli interventi necessari alla conservazione dei beni comuni.
A fornire questa soluzione, sostanzialmente ineccepibile, è stata la Corte di Cassazione con una sentenza, la n. 20218 resa il 16 novembre 2012.
Come si costituisce quella servitù?
Se le parti, o l'originario unico proprietario non hanno stabilito nulla, essa può essere costituita per destinazione del padre di famiglia ai sensi dell'art. 1062 c.c.
In linea generale è utile ricordare che, ai sensi dell'art. 1027 c.c., la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.
Il successivo art. 1028 c.c. specifica che tale utilità, detta anche utilitas, può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante e può anche avere a che fare con la destinazione industriale del fondo.
Un aspetto è fondamentale e imprescindibile e quindi bisogna sempre tenerlo ben presente: l'utilità deve sempre riguardare il fondo e di riflesso il suo proprietario e mai il contrario.
Come tradurre in termini pratici questa affermazione?
Un esempio, come spesso accade, sarà utile per chiarire il concetto.
La servitù di passaggio riguarda il fondo perché permette di utilizzarlo nel modo migliore o, nel caso di fondo chiuso, permette più semplicemente di accedervi. Il parcheggio, invece, riguarda solamente il proprietario e la possibilità, per lui, e non per il fondo, di avere una maggiore comodità.
Questo diritto di godimento su cosa altrui (questo è la servitù) può essere costituito per volontà delle parti (contratto, testamento), per legge, per usucapione e per destinazione del padre di famiglia.
In questi ultimi due casi la servitù dev'essere apparente, vale a dire devono esistere opere stabilmente e chiaramente destinate all'esercizio di quel diritto.
Con specifico riferimento alla destinazione del padre di famiglia, il codice civile chiarisce che si ha una servitù per destinazione del padre di famiglia quando due fondi, originariamente appartenuti al medesimo proprietario sono stati da esso lasciati nello stato dal quale risulta la servitù reclamata.
In questo contesto, specifica il secondo comma dell'art. 1062 c.c. quando i due fondi cessarono di appartenere allo stesso proprietario, senza alcuna disposizione relativa alla servitù, la servitù s'intende stabilita attivamente e passivamente a favore e sopra ciascuno dei fondi separati.
Questa modalità di costituzione non richiede alcun atto volitivo, ma al massimo una sentenza di accertamento nell'ipotesi di contrasto sulla sua esistenza o estensione.
La servitù per destinazione del padre di famiglia è la chiave di volta per comprendere quali siano diritti e doveri dei condòmini e della compagine rispetto agli impianti, o parti di essi, che sono allocati o attraversano unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Avete presenti i tubi della fognatura che attraversano i box?
Quello può apparire come il riferimento visivo più efficace per comprendere di che cosa stiamo parlando e come operi la servitù per destinazione del padre di famiglia in condominio.
In un simili contesto, a dircelo è la Cassazione, nell'ipotesi in cui, in un edificio in condominio, alcuni degli impianti comuni (si pensi tra i vari alla centrale termica, all'autoclave o all'impianto di sollevamento delle acque luride) si trovino installati in parti di proprietà esclusiva del singolo condomino – siano esse aperte, come ad esempio un piazzale o chiuse, quali per ipotesi un locale – in relazione alle obbligatorie verifiche periodiche degli impianti o comunque quando si renda necessario l'accesso per la manutenzione e riparazione degli stessi, tale diritto è considerabile una servitù con i caratteri della apparenza, suscettibile di costituzione per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell'art. 1062 cod. civ..
Unica condizione: quella che tale era la situazione di fatto posta o lasciata dall'unico proprietario dell'edificio (costruttore o comunque originario unico proprietario) quando con la vendita frazionata della prima unità immobiliare ubicata nell'edificio, è sorto il condominio (cfr. in tal senso Cass. 16 novembre 2012 n. 20218).
Insomma se il singolo non volesse riconoscere questo stato di cose, gli altri condomini potrebbero agire in giudizio per ottenere l'accertamento del diritto di servitù.
È bene ricordare che l'azione per il riconoscimento della servitù è un'azione di accertamento mero, in quanto il giudice non costituisce alcun diritto ma si limita a riconoscerne l'esistenza.
In questo contesto, pertanto, può essere la stessa assemblea, ai sensi dell'art. 1136, quarto comma, c.c. a deliberare la lite per giungere a tale risultato.
Le controversie in materia di diritti reali (e quindi di servitù) devono essere precedute da un tentativo obbligatorio di mediazione, per cui l'assemblea dev'essere chiamata a decidere in merito all'attivazione di tale procedura prim'ancora di iniziare la causa (cfr. art. 71-quater disp. att. c.c. e d.lgs. n. 5/2010).
|
||