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La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.
Questa la definizione di locazione fornita dall'art. 1571 c.c.
Due le parti: il locatore ed il conduttore.
Il contratto in esame, si dice, è a prestazioni corrispettive in quanto da un lato il locatore concede il bene e dall'altro il conduttore si obbliga a versare il corrispettivo nei modi e nei termini pattuiti.
Con l'accordo locatizio si costituisce un diritto personale di godimento su un bene, solitamente un'unità immobiliare.
Il contratto di locazione può avere due finalità:
a) soddisfare esigenze di natura abitativa;
b) soddisfare esigenze differenti dalle prime (si pensi ai depositi, alle attività commerciali, ecc.).
Il contratto di locazione finalizzato a soddisfare esigenze di carattere abitativo ha delle durate predeterminate dalla legge. Esso può avere:
a) durata quadriennale con rinnovo automatico, per uguale periodo, alla prima scadenza (così detto contratto 4+4) ed è a canone libero;
b) durata triennale con rinnovo automatico di due anni (così detto contratto 3+2) per il quale è previsto un canone vincolato a determinati parametri normativi;
c) natura transitoria (con un minimo di un mese ed un massimo di diciotto con particolare durata per quelli universitari) anche qui con un canone parzialmente vincolato.
Le norme di riferimento sono rappresentate dalla legge n. 431/98, dal d.m. 30 dicembre 2002 e dai vari accordi locali tra comuni e associazioni di proprietari ed inquilini.
La legge n. 431 del 1998 e già prima la l. n. 392 del 1978 prevedono una particolare forma di recesso dal contratto di locazione per gli immobili destinati ad uso abitativo.
Ai sensi del sesto comma art. 3 legge n. 431/98:
Il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.
Che cosa deve intendersi per gravi motivi legittimanti l'esercizio unilaterale del diritto di recesso?
Secondo la Suprema Corte di Cassazione è ormai jus receptum (Cass. Sez. 3^, n. 15620 del 2005) che i gravi motivi in presenza dei quali la L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, u.c., indipendentemente dalle previsioni contrattuali, consente in qualsiasi momento il recesso del conduttore dal contratto di locazione devono collegarsi a fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto (così Cass. 11 marzo 2011 n. 5911).
Il conduttore viene trasferito per motivi di lavoro da una città all'altra? Sussistono i gravi motivi per recedere dal contratto nei modi indicati dalla legge.
L'inquilino viene colpito da problemi di salute permanenti o comunque duraturi a tal punto da rendere l'unità immobiliare non conforme agli usi? Idem.
La famiglia degli affittuari si allarga a tal punto da rendere la casa troppo piccola? Si tratta allo stesso modo di grave motivo.
La giurisprudenza di merito e di legittimità è concorde nel ritenere che i gravi motivi debbano essere menzionati precisamente nella disdetta (ossia facendo riferimento allo specifico motivo a sostegno della comunicazione di recesso), a pena di inefficacia della comunicazione stessa (cfr. Trib. Trani 3 marzo 2009 n. 1297).
Se il proprietario dell'immobile dovesse avanzare dei dubbi in merito alla reale sussistenza della motivazione di recesso e decidesse di portare in giudizio il conduttore per l'esecuzione dell'intero periodo restante di contratto, allora spetterebbe a quest'ultimo il dovere di dimostrare la reale fondatezza della gravità dei motivi.
Chiaramente la successiva locazione del bene farebbe venire meno il diritto al risarcimento dal momento della stipula del nuovo contratto di locazione.
Le controversie relative alla sussistenza dei gravi motivi di recesso dal contratto sono soggette al tentativo obbligatorio di mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, d.lgs n. 28/2010.
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