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Non è raro che un condomino non paghi le spese condominiali; spesso è conseguenza di tale malcostume che gli altri condomini ci rimettano letteralmente di tasca propria per evitare disagi e disservizi nel godimento dei beni e servizi comuni.
Alle volte per noncuranza delle questioni condominiali, altre volte per effettive difficoltà finanziarie ed in qualche caso sfruttando la retorica connessa alla crisi economica, sta di fatto che è usuale trovarsi a gestire condomini o a vivere in compagini nelle quali le casse vuote rischiano di creare notevoli problemi.
In tali ipotesi, sovente, accade che al fine di evitare ripercussioni negative per la collettività dipendenti dalle inadempienze del singolo condomino (o di più di uno di essi), tutti gli altri condomini anticipino quanto necessario per evitare blocchi delle utenze e dei servizi nell'ottica di ottenere il rimoborso di queste anticipazioni una volta conclusa la procedura di recupero del credito.
Stiamo parlando, seppur non tecnicamente, della famigerata solidarietà condominiale.
Che cos'è?
Quando si applica?
Che cosa succede se non si è d'accordo?
Queste le principali domande.
Affrontiamo le questioni punto per punto in modo da chiarire precisamente qual è, ad oggi, lo stato dell'arte.
Punto primo: la Cassazione, con l'arcinota sentenza delle Sezioni Unite n. 9148/08, ha escluso categoricamente che alle obbligazioni condominiali si applicassero le norme previste in materia di solidarietà delle obbligazioni (artt. 1292 e ss c.c.).
Detto in breve: nei condomini ognuno paga per sè e le azioni giudiziarie di recupero del credito possono essere indirizzate solamente contro gli inadempienti.
La sentenza succitata è stata fin da subito oggetto di critiche perché, si diceva, la parcellizzazione dei crediti non faceva altro che allungare enormemente i tempi di recupero delle somme da parte dei creditori della compagine.
La così detta riforma del condominio, ha leggermente modificato la situazione.
In sostanza attualmente, ai sensi dell'art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., è prevista la solidarietà con beneficio di escussione del condomino moroso; in pratica prima di agire contro i comproprietari in regola con i pagamenti i creditori della compagine devono provare a recuperare quanto a loro spettante da chi non è in regola con i pagamenti.
Se si tiene conto che un condomino ha sempre un bene aggredibile (leggasi l'unità immobiliare) e se si consedera l'arcinota lunga durata delle procedure esecutive immobiliari, è agevole comprendere che questo meccanismo non si sottrae a critiche da parte di chi, invece, ha la necessità (sacrosanta) di recuperare velocemente quanto gli è giustamente dovuto.
Non è chiaro, poi, stando alla lettera della norma, se i condomini morosi (e dopo la loro escussione quelli in regola) debbano rispondere per l'intero debito oppure solamente pro quota; insomma non è dato capire con chiarezza (salvo interpretazioni al momento tutte pienamente legittime ed altrettanto opinabili) se la legge n. 220/12 (la riforma) abbia spazzato via del tutto la parziarietà delle obbligazioni, oppure ne abbia solamente mitigato l'applicazione.
In questo contesto è bene ricordare che ai sensi dell'art. 1129, nono comma, c.c. l'amministratore è tenuto ad agire legalmente, entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, per recuperare le somme dovute dai condomini morosi.
Il risultato paradossale, se creditore del condominio e compagine non si mettono d'accordo, potrebbe essere quello di una duplicazione di azioni; una del condominio contro il moroso e l'altra del creditore contro il condominio; una bella confusione, non c'è che dire!
Diritto e pratica quotidiana, come spesso accade, paiono essere fenomeni distanti quando invece, il primo dovrebbe regolare la seconda, per garantire certezza nei rapporti.
Proviamo, con un esempio, a chiarire queste osservazioni di carattere generale.
Si pensi ai servizi forniti da imprese di grandi dimensioni (illuminazione, gas, ascensore ecc. anche in considerazione del fatto che a livello contrattuale l'utenza è unica); in tali ipotesi non sempre è possibile giungere ad un accordo di pagamento parziale fino al recupero della quota del condomino moroso.
In molti casi, nel pieno rispetto della legge, il pagamento parziale è considerato un inadempimento a tal punto da poter portare al distacco delle utenze.
Proprio per ovviare a questa situazione in molti condomini si sceglie di mettere una pezza deliberando di coprire le spese del moroso, nell'attesa di vedersi rimoborsati al termine dell'azione giudiziaria contro il malpagatore.
Per essere vincolante una decisione del genere deve essere assunta all'unanimità?
Non per forza.
Le soluzioni che i condomini hanno davanti a loro, per evitare distacchi di utenze e sospensioni di servizi generalizzate sono due:
a) tutti i condomini (ed eccezione del moroso) possono sottoscrivere un accordo (anche nella forma del verbale assembleare votato da tutti) che preveda l'istituzione di un fondo straordinario finalizzato ad anticipare le somme dovute dal moroso fino a quando la situazione non verrà risolta;
b) l'assemblea a maggioranza può decidere di deliberare l'anticipazione di specifiche poste di spese, accollandole momentaneamente a tutti i condomini in regola con i pagamenti, per scongiurare distacchi di utenze o comunque pregiudizi chiaramente individuabili e non altrimenti evitabili (cfr. Cass. 18 aprile 2014 n. 9083).
In tale ultima ipotesi la delibera è regolarmente assunta se:
a) in prima convocazione è adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno 500 millesimi;
b) in seconda convocazione è adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti un terzo del valore millesimale dell'edificio.
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