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Condominio, se una parte è comune c'è poco da discutere!

Una volta accertato che la parte è comune, nessun condomino può impedirvi l'accesso; così ha deciso recentemente la Corte di Cassazione con sentenza n. 22192/2014.
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Accertamento circa la natura di parte comune


Un condominio conveniva in giudizio alcuni condomini, proprietari in via esclusiva della terrazza posta all'ultimo piano dell'edificio, asserendo che il locale macchine dell'ascensore, presente sin dalla costruzione del palazzo, era posto sul lastrico solare, sulla sommità del vano scale; ad esso vi si accedeva percorrendo prima la scala condominiale fino alla terrazza dei convenuti, poi la terrazza medesima per salire sulla scaletta che conduceva sopra la gabbia scale; che i convenuti avevano apposto un cancello lungo la scala condominiale; il cancello era già stato rimosso in esecuzione di un provvedimento d'urgenza.

CondominioL'attore chiedeva dunque che fosse dichiarata la natura condominiale della scala di accesso e che fosse accertata la servitù di passaggio sulla terrazza dei convenuti, costituita per destinazione del padre di famiglia.

La domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado.

In particolare, in appello veniva accertata la natura di parte comune del locale dove sono posti i motori dell'impianto di elevazione ai sensi dell'art. 1117 n. 3 c.c.; infatti, per l'art. 1117, n. 3, c.c., anche nella nuova versione, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, in mancanza di titolo contrario devono presumersi comuni.

Osservava inoltre il giudice dell'appello che la situazione dei luoghi, inalterata fin dal progetto dell'edificio evidenziava il vincolo di servizio tra le due proprietà (condominiali) attualmente divise; la scaletta collocata sulla terrazza era opera che garantiva l'accessibilità al vano motori e che il pianerottolo dell'ultimo piano, così come la terrazza di sua copertura e l'area soprastante non potevano considerarsi di proprietà esclusiva trattandosi di parti che, per obiettive caratteristiche strutturali erano permanentemente destinate all'uso e al godimento comune e quindi di contitolarità necessaria a meno di un atto di natura negoziale che ne disponga un diverso regime.
Niente di nuovo sotto il sole per quanto riguarda l'individuazione delle parti comuni: in assenza di titolo contrario, sono parti comuni quelle collegate ai beni dei singoli da una relazione di accessorietà funzionale e strutturale (tra tante, v. Cass. 27145/2007).

L'opposta tesi della ricorrente in Cassazione (sent. n. 22192 del 20 ottobre 2014) si poggia sulla considerazione che dal momento che la gabbia ove è ubicato il locale macchine è stata costruita sulla terrazza di proprietà esclusiva, la stessa gabbia è, ai sensi dell'art. 934 c.c., proprietà esclusiva; che il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo ai sensi dell'art. 841, c.c.; di non avere mai impedito ad alcuno in modo assoluto l'accesso al locale macchine, ma che intende consentirlo solo in caso di necessità, proprio come prescritto dall'art. 843, c.c.; che la Corte di Appello avrebbe violato proprio tale norma imponendo di lasciare aperta la proprietà sempre a tutti.

Edificio in condominioInvece, la sentenza di terzo grado dà ragione ancora al condominio, ritenendo innazitutto che la gabbia ove è ubicato il locale macchine non risulta costruita sulla parte di terrazza di proprietà esclusiva; al contrario, dalla motivazione della sentenza di appello, non specificamente impugnata sul punto, si evince che la costruzione insiste su una parte condominiale; soprattutto, la sentenza conclude asserendo in ogni caso risulta che la situazione dei luoghi era tale sin dal progetto così che nella vendita dell'area scoperta costituente la terrazza non poteva essere ricompresa la costruzione che alloggiava le macchine, sicuramente destinata all'uso comune.

La presunzione di proprietà, salvo contrarietà del titolo di cui all'art. 934 è qui superata dalla presunzione di parte comune, salvo contrarietà del titolo di cui all'art. 1117 c.c.

Il carattere speciale della normativa in materia condominiale deroga alle altre norme di diritto civile comune.


Proprietà e servitù


Prosegue la Corte, il proprietario non può chiudere in qualunque tempo il fondo, come potrebbe, normalmente, ai sensi dell'art. 841 c.c., perché il suo diritto è limitato dalla servitù accertata in appello.

Nè egli può giustificare l'uso del cancelletto con l'obbligo del proprietario di consentire l'accesso nella sua proprietà ai sensi dell'art. 843 c.c. Non è possibile tale giustificazione perché nel caso di servitù il diritto di proprietà non può esercitarsi pienamente, ma è limitato dalla presenza, appunto, della servitù, la quale non può essere aggravata o diminuita (art. 1067) e se il fondo viene chiuso, il proprietario deve lasciare libero e comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che richieda il passaggio sul fondo stesso (art. 1064).

Infine, anche il riferimento all'indiscriminato accesso di tutti alla terrazza di proprietà esclusiva è del tutto fuori luogo perché la servitù atipica accertata ha come contenuto il rapporto di asservimento a carico di una unità in proprietà esclusiva al fine di consentire l'accesso all'impianto comune e quindi consente l'accesso a quello servente non in via indiscriminata, ma nei casi di specifiche esigenze correlate alla manutenzione del bene comune.

Nel caso deciso dalla sentenza in commento (n. 22192/2014), in conclusione, il condomino aveva voluto cautelarsi a priori, se così si può dire, da qualunque ingerenza di altri, ritenendosi pieno proprietario in casa propria. Ed invece è stato deciso che, acclarata la natura di parte comune del bene che insiste nella sua proprietà, egli non può ostacolare in alcun modo l'utilizzo del detto bene da parte degli altri condomini.

Certo, se un giorno dovesse esservi un utilizzo non consono al diritto di servitù o comunque una lesione del suo diritto di proprietà non giustificata dalla servitù, egli potrà farsi valere attaverso le azioni giudiziarie a tutela della proprietà.

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