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L'art. 841 c.c. recita:
Il proprietario può chiudere in qualunque tempo il fondo.
In sostanza il codice civile riconosce il diritto di recintare la proprietà senza limite alcuno.
Gli unici limiti stanno nelle modalità di esecuzione: rispetto dei confini edivieto di compiere atti emulativi.
Il proprietario del terreno che intenda chiuderlo, quindi, dovrà avere rispetto delle norme che disciplinano le distanze dal confine o soddisfare l'eventuale richiesta di comunione del muro, così come di non innalzarlo oltre modo con l'unico scopo di togliere luce ed aria la fondo confinante.
L'attività edilizia finalizzata alla recinzione del fondo è attività libera o sottoposta a particolari vincoli concessori o autorizzatori?
Sebbene la giurisprudenza sia orientata nel senso di non riconoscere agli eventuali vincoli imposti dai piani regolatori la facoltà di limitare il diritto di recingere il proprio fondo, allo stesso modo non può ritenersi che tale operazione sia completamente libera da vincoli amministrativi di sorta.
In tal senso il T.A.R. di Brescia ha specificato che la posa di una recinzione, anche in muratura, da parte del proprietario, è diretta a far valere lo ius excludendi alios che costituisce contenuto tipico del diritto di proprietà e - per pacifica giurisprudenza - anche la presenza di un vincolo di P.R.G. non può incidere di per sé negativamente sulla potestà del dominus di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo ai sensi dell'art. 841 c.c., la quale non può esercitarsi senza la costruzione di una recinzione.
La facoltà del proprietario di recintare il fondo è legittimamente sacrificabile solamente quando ricorrano le condizioni previste dall'ordinamento in funzione di superiori interessi pubblici, dei quali va dato conto nella motivazione attraverso il loro bilanciamento con le opposte ragioni di cui sono portatori i soggetti privati coinvolti (ad esempio individuando particolari modalità costruttive da adottare e disponendo l'uso di specifici materiali). (T.A.R. Brescia 5 febbraio 2008 n. 40 in Foro amm. TAR 2008, 2, 398).
In sostanza, andrà valutato volta per volta, in relazione allo stato dei luoghi ed alla normativa regionale e comunale, se e come sia necessario agire.
Un caso che molto spesso è in grado di generare contenzioso è quello dell'apposizione di recinzioni o cancelli su fondi gravati da servitù di passaggio.
È lecita una simile condotta? Se si in che limiti?
Ai sensi dell'art. 1064, secondo comma, c.c.:
Se il fondo viene chiuso, il proprietario deve lasciarne libero e comodo l'ingresso a chi ha un diritto di servitù che renda necessario il passaggio per il fondo stesso.
È chiaro che la norma è stata dettata per contemperare due interessi:
a)da un lato il diritto alla sicurezza che il proprietario del fondo servente legittimamente può invocare ed esercitare;
b)dall'altro il diritto all'esercizio del diritto reale di godimenti su cosa altrui del titolare del fondo dominante.
La Corte di Cassazione, con la propria opera interpretativa, ha chiarito il significato dell'articolo in questione specificando a chi ed in che modo è rimessa la valutazione sul bilanciamento degli opposti interessi.
In una sentenza datata dicembre 2001 i Supremi giudici hanno avuto modo di specificare che l'esercizio da parte del proprietario della facoltà che gli deriva dall'articolo 841 c.c. di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo per proteggerlo dall'ingerenza di terzi, è consentito anche nell'ipotesi che lo stesso sia gravato da una servitù di passaggio purché non ne derivi limitazione al contenuto della servitù e siano adottati mezzi idonei a consentire al titolare di essa la libera e comoda esplicazione, salvo un minimo e trascurabile disagio, del suo diritto.
Stabilire se i mezzi impiegati in concreto siano adatti a contemperare i due diritti è compito del giudice del merito che tale compatibilità deve accertare in relazione al contenuto specifico della servitù, alle precedenti modalità del suo esercizio, allo stato e configurazione dei luoghi.
Pertanto l'apposizione di un cancello alla strada su cui la servitù si esplica, ancorché accompagnata dalla dazione delle chiavi al proprietario del fondo dominante, non comporta sempre, per quest'ultimo, un minimo e perciò ammissibile sacrificio, potendo quel rimedio (la dazione delle chiavi) rivelarsi insufficiente nelle specifiche circostanze del caso concreto a consentire il libero o comodo passaggio di tutte le persone che, a piedi o con veicoli, debbono servirsi della strada per accedere al fondo dominante e, quindi, ad escludere che l'esercizio della facoltà di cui all'articolo 841 c.c. si traduca in una limitazione sostanziale del contenuto della servitù.
Si deve in sostanza accertare se la modificazione dello stato dei luoghi si risolva, anche con riferimento alle diverse modalità di esercizio della servitù, in un pregiudizio effettivo per il proprietario del fondo dominante, cioè in un danno in termini apprezzabili (così Cass. 18 dicembre 2001 n. 15977).
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