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La riforma del Catasto, entrata in vigore lo scorso 27 marzo, richiederà per diventare effettivamente operativa, oltre che tempo, anche una serie di decreti attuativi.
Lo scorso venerdì 20 giugno 2014, il Consiglio dei Ministri ha varato la bozza del primo di tali decreti, riguardante la composizione, il funzionamento e le attribuzioni delle commissioni censuarie, che, di fatto, dà l'avvio all'attuazione della riforma.
I principi e i criteri di riorganizzazione delle commissioni erano stati dettati per delega dall'art. 2 della legge di delega fiscale, la n. 23/14.
Le commissioni censuarie attualmente sono regolate dal D.P.R. n. 650/1972 ed hanno un ruolo centrale per la determinazione delle tariffe d'estimo.
Esse avranno quindi il compito di stimare le nuove rendite catastali e i nuovi valori immobiliari.
Lo scopo è quello di avvicinare le rendite catastali ai reali valori di mercato degli immobili, senza però aumentare la pressione fiscale sui proprietari.
Il sistema prevede, come stabilito dall'art. 1, l'articolazione in una commissione censuaria centrale, con sede a Roma, e una serie di commissioni censuarie locali, che avranno delle diverse sezioni nelle città capoluogo di regione, individuate da una tabella allegata al decreto.
Il decreto stabilisce, oltre che il numero dei componenti, la durata dell'incarico, che non potrà essere superiore a 5 anni.
Dal punto di vista delle incompatibilità non potranno fare parte di queste commissioni i membri del Parlamento nazionale ed europeo, i consiglieri degli enti locali, i dirigenti di partito, i Prefetti, gli appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza, forze armate e di polizia, i consulenti che esercitino abitualmente attività di assistenza e per controversie di natura tributaria o tecnico amministrativa.
Le sezioni delle commissioni censuarie locali passano da due a tre, ed avranno rispettivamente compiti in materia di catasto dei terreni, catasto urbano e revisione del sistema estimativo.
Il numero di sezioni di ogni commissione censuaria potrà essere modificato con un apposito decreto del Ministero dell'Economia.
Ogni sezione sarà formata da 6 componenti, scelti in questo modo:
- 2 tra quelli proposti dalla sede territorialmente competente dell'Agenzia delle Entrate;
- 1 tra quelli proposti dall'ANCI (associazione nazionale dei comuni italiani);
- 3 nominati dal prefetto su indicazione degli ordini professionali e delle associazioni di categoria del settore immobiliare.
Il presidente di ogni commissione sarà nominato dal presidente del tribunale della circoscrizione in cui essa ha sede, scegliendolo tra magistrati ordinari o amministrativi o tra presidenti di sezione delle commissioni tributarie provinciali diverse da quella di competenza.
La commissione censuaria centrale sarà formata da 25 componenti e, nella sezione riguardante la riforma del sistema estimativo, ci saranno componenti scelti tra docenti universitari nominati dal Ministero dell'Istruzione, su indicazione delle associazioni di categoria.
Il ruolo di presidente sarà riservato a un magistrato ordinario o amministrativo, con qualifica almeno equivalente a magistrato di cassazione.
Il decreto così come impostato ha suscitato le critiche delle associazioni di categoria.
Tra queste, Confedilizia ritiene che il testo non rispetti le indicazioni contenute nella Legge Delega Fiscale, da cui deriva.
In particolare non è chiaro a chi debba rivolgersi un cittadino che intenda far rivedere la stima catastale del proprio immobile.
Tuttavia, poiché i testi dei decreti legislativi vengono sottoposti al parere delle commissioni di Camera e Senato competenti in materia, è plausibile che possano essere suggeriti modifiche e cambiamenti al testo proposto.
Confedilizia, nella persona del suo presidente Corrado Sforza Fogliani, considera invece quale elemento positivo il fatto che il decreto approvato dal Consiglio dei Ministri affidi funzioni importanti ai Presidenti di Tribunali e ai Prefetti, che sono considerati istituzioni di garanzia e godono di fiducia presso i cittadini.
L'associazione ha infine sottolineato che, se lo schema di decreto fosse stato sottoposto a pubblica consultazione, come si è soliti fare in altre amministrazioni, anziché essere portato direttamente in Consiglio dei Ministri, probabilmente si poteva accelerare l'iter di approvazione.
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