In tema di gestione di un edificio in condominio, l'amministratore che non si oppone al decreto ingiuntivo, se sussitono fondate ragioni, può essere revocato dal giudice.
Amministratore di condominio
L'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza: con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato, parola di Cassazione (SS.UU. n. 9148/08).
Questa la definizione, forgiata dalle Sezioni Unite nell'aprile del 2008, alla quale il legislatore della riforma del condominio ha sostanzialmente deciso di riportarsi.
L'attuale art. 1129, quindicesimo comma, c.c., infatti, specifica che per quanto da esso non previsto bisogna fare riferimento alle norme dettate in materia di mandato.
Quale mandatario, quindi, l'amministratore condominiale al momento dell'assunzione dell'incarico diviene legale rappresentante del condominio e si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dei propri rappresentati (cfr. art. 1703 c.c.).
L'esempio più ricorrente è quello del pagamento delle bollette, ma esso finisce per svilire il ruolo dell'amministratore; il mandatario della compagine, infatti, è investito di una serie di responsabilità in relazione alla manutenzione degli impianti, alla conservazione delle parti comuni, ecc.
Può accadere (non è raro) che l'assemblea condominiale si disinteressi dell'operato dell'amministratore o che, comunque, non vi sia univocità di vedute in relazione ad esso.
Per ovviare a questi inconvenienti, la legge ha previsto un procedimento di revoca per via giudiziale.
Se ne occupa l'art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c. e l'art. 64 disp. att. c.c.
Revoca giudiziale dell'amministratore condominiale
Ai sensi dell'art. 1129, undicesimo comma, c.c. ciascun condomino può ricorrere al giudice (leggasi Tribunale del luogo in cui è ubicato l'immobile) per chiedere la revoca del proprio amministratore, quando:
a) non ha presentato all'assemblea il rendiconto di gestione nei tempi stabiliti dalla legge (cioè 180 giorni dalla chiusura dell'esercizio);
b) quando non ha avvisato l'assemblea di provvedimenti giudiziali e/o amministrativi esulanti dalle sue competenze;
c) quando ha commesso gravi irregolarità fiscali o non ha aperto e non utilizza il conto corrente condominiale (in questo caso previo tentativo di revoca assembleare);
d) quando ha commesso gravi irregolarità nella gestione della compagine.
Prima dell'entrata in vigore della legge n. 220/2012, il codice civile faceva riferimento a fondati sospetti di gravi irregolarità che, secondo la giurisprudenza, dovevano essere elementi precisi e concordanti che facessero prevedere un imminente pregiudizio per il condominio (così Trib. Napoli 18 novembre 1994).
Il nuovo art. 1129, dodicesimo comma, c.c. contiene un'elencazione esemplificativa delle gravi irregolarità nella gestione del condominio.
Tra di essi citiamo l'omessa convocazione dell'assemblea nei casi previsti dalla legge, l'aver trascurato le procedure di esazione dei crediti da parte del condomino ed ancora la mancata esecuzione delle delibere o l'omessa regolare tenuta dei registri condominiali.
La norma, si diceva, ha carattere esemplificativo; in buona sostanza le ipotesi di gravi irregolarità nella gestione possono essere anche diverse da quelle indicate nel codice.
Così è successo in un caso risolto dal Tribunale di Palermo il 30 aprile del 2014; nel caso di specie dei condomini chiedevano la revoca del proprio mandatario per varie ragioni.
Questi, ad esempio, non aveva presentato il rendiconto di gestione e non s'era opposto ad un decreto ingiuntivo spiccato contro il condominio a seguito del ricorso d'impresa edile.
Secondo i condomini, l'opposizione era doverosa in quanto il direttore dei lavori aveva evidenziato delle lacune nell'esecuzione delle opere rispetto alle quali la ditta reclamava il pagamento. Come dire: opponendosi al decreto ingiuntivo si poteva aprire un contenzioso sulla regolarità dei lavori.
L'amministratore, però, non aveva fatto nulla di tutto, rendendo definitivo l'ordine di pagamento emanato dal giudice.
Secondo il Tribunale di Palermo la mancata proposizione dell'opposizione al decreto ingiuntivo appare scelta sicuramente errata e censurabile soprattutto in ragione della contestazione del direttore dei lavori riguardante l'esecuzione non a regola d'arte di buona parte dei lavori (Trib. Palermo 30 maggio 2014).
Questo fatto, ha chiosato il giudice, unito alle altre rimostranze ha sicuramente rappresentato una grave irregolarità comportante la revoca giudiziale dell'amministratore condominiale.
Rispetto a questo procedimento è utile che ai sensi dell'art. 64 disp att. c.c.
Sulla revoca dell'amministratore, nei casi indicati dall'undicesimo comma dell'articolo 1129 e dal quarto comma dell'articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l'amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.
Nel procedimento di revoca giudiziale è possibile addivenire alla condanna al rimborso delle spese legali (cfr. Cass. SS.UU. n. 20957/04).