In tema di certificazioni di conformità degli impianti non tutte le imprese possono rilasciare tale documento. Come riconoscerle? Che fare per ottenerlo senza problemi?
Certificazioni di conformità e rispondenza
Il decreto ministeriale n. 37 del 2008 (d'ora in poi anche d.m. 37/08) prevede che rispetto ad una serie d'impianti l'installazione e la manutenzione debba essere eseguita da imprese specificamente abilitate.
Quali sono questi impianti?
Il d.m. n. 37/08 (art. 1, secondo comma) fa riferimento ad una serie d'impianti che vanno da quelli di produzione, trasformazione ed utilizzazione dell'energia elettrica, agli impianti radiotelevisivi, a quelli di protezione antincendio.
L'installazione e la manutenzione, si diceva in precedenza, può essere effettuata solamente da ditte iscritte nel registro delle imprese (cfr. D.P.R 7 dicembre 1995, n. 581 e successive modificazioni) o nell'albo delle imprese artigiane (cfr. legge 8 agosto 1985, n. 443) purché l'imprenditore o il legale rappresentante oppure ancora il responsabile tecnico da essi preposto con atto formale, sia in possesso di determinati requisiti professionali (art. 3 d.m. n. 37/08).
I requisiti sono stabiliti dall'art. 4 del d.m. n. 37/08. Il titolare dell'impresa (o il responsabile tecnico) deve alternativamente possedere un titolo di studio adeguato (laurea tecnica) oppure un diploma tecnico con annesse esperienza professionale di un anno, oppure ancora un'esperienza lavorativa o di formazione professionale variabile a seconda delle differenti tipologie d'impianto cui è riferita la specializzazione.
Eseguiti gli interventi che le sono stati commissionati (salvo i casi di manutenzione ordinaria), l'impresa è tenuta a rilasciare un certificato di conformità degli impianti che devono essere realizzati secondo la buona regola dell'arte e comunque in conformità alla normativa vigente ed alle regole UNI, CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea (cfr. art. 6 d.m. n. 37/08).
Che cosa accade se la certificazione di conformità non è prodotta o non è più reperibile? In tali casi è possibile sostituirla con una dichiarazione di rispondenza redatta da un tecnico abilitato in possesso di determinati requisiti (cfr. art. 7 d.m. n. 37/08), il quale previo sopralluogo attesta la rispondenza degli impianti alle norme vigenti.
Non possedere le certificazioni di conformità o rispondenza può comportare l'applicazione della sanzione da € 100,00 ad € 1.000,00 (cfr. art. 15, primo comma, d.m. 37/08).
Problematiche connesse al rilascio delle certificazioni
Accade sovente che i committenti degli interventi sugli impianti abbiano problemi a ottenere il rilascio delle certificazioni di conformità al termine dei lavori.
Che cosa fare in questi casi?
Partiamo dal principio, perché anche in questo campo vale il detto prevenire è meglio che curare.
Innanzitutto è bene tenere presente che i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione straordinaria degli impianti indicati nel d.m. 37/08 devono essere affidati ad imprese abilitate ai sensi dell'articolo 3 del decreto medesimo (cfr. art. 8, primo comma, d.m. n. 37/08).
Ciò vuol dire che è diritto, meglio è compito del committente verificare che l'impresa prescelta abbia i giusti requisiti per l'esecuzione degli impianti. È bene, pertanto, richiedere copia del certificato d'iscrizione al registro delle imprese o all'albo delle imprese artigiane.
Non solo: secondo il decreto ministeriale in esame devono essere considerati nulli i contratti stipulati da imprese che non sono in possesso dei requisiti, restando salvo il diritto al risarcimento del danno (cfr. art. 15, settimo comma, d.m. n. 37/08).
Come dire: se un'impresa furbamente carpisce la nostra buona fede e realizza un impianto non potendolo fare, non solo il contratto sulla base del quale è stato commissionato il lavoro è nullo e quindi l'impresa non ha diritto al compenso (e quindi deve restituire gli eventuali acconti), ma il committente mantiene il diritto al risarcimento del danno eventualmente subito.
E se invece l'impresa non rilascia la certificazione perché siamo rimasti indietro con i pagamenti? Si badi: è bene sempre fare in modo di riconoscere interamente il lavoro altrui se non altro perché, solitamente, così pretendiamo sia fatto con il nostro. Ad ogni buon conto può capitare una situazione di difficoltà.
In nessun caso, però, l'impresa può rifiutarsi di certificare quanto fatto perché non è stata pagata.
Esiste un principio di diritto inserito nel codice civile riassunto nel brocardo inadimplenti non est adimplendum (letteralmente all'inadempiente non è dovuto l'inadempimento), che può essere così esplicato: non ti do qualcosa perché tu non mi ha dato quanto mi spetta per averlo.
Questo principio vale per i contratti a prestazioni corrispettive, ma non per quanto è avulso dalla corrispettività (cfr. tra le tante Cass. 3 dicembre 1999 n. 13504) ed il rilascio del certificato non è il corrispettivo di un qualcosa, ma un obbligo imposto dalla legge.
In buona sostanza l'impresa può rifiutarsi di eseguire i lavori (o di proseguirli) se il contratto prevedeva dei corrispettivi in acconto, ma non può rifiutarsi di certificare l'impianto perché non è stato saldato il lavoro svolto.
Qualora l'impresa dovesse perseverare nel rifiuto di consegnare il certificato di conformità o rispondenza, il consumatore potrebbe agire chiedendo formalmente tale documento, segnalando il fatto alla Camera di Commercio, deputata a tenere aggiornato l'elenco delle imprese abilitate.
Laddove la reticenza nella consegna fosse collegata all'assenza dei requisiti per poter certificare, si consiglia una valutazione complessiva della questione al fine di valutare l'eventuale esperimento dell'azione in sede penale.