Casa in comproprietà tra fratelli: si può affittare senza il consenso degli altri

Nel caso in cui più fratelli siano comproprietari di un appartamento, il contratto di locazione può essere stipulato anche da uno solo di essi.
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Affittare una casa in comproprietà tra fratelli senza il consenso di tutti


Se una casa in comproprietà tra fratelli viene data in locazione da uno solo dei comproprietari, il contratto di locazione è valido, ovvero, ogni comproprietario ha il diritto di stipulare un contratto di affitto senza bisogno di avere prima il consenso degli altri comproprietari, secondo quanto affermato dalla Sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.11135 del 2012,

Tuttavia, l'unico soggetto che può ricevere il pagamento del canone è colui che nel contratto figura come locatore.

Affitto da un comproprietario - Getty ImagesAffitto da un comproprietario - Getty Images

È possibile, infatti, che la casa oggetto del contratto di locazione appartenga a più persone. Questo vuol dire che si tratta di un immobile in comproprietà, ovvero un immobile sul quale vi è la titolarità di più soggetti.

Può accadere che più persone abbiano volutamente acquistato un immobile insieme oppure che l'abbiano ereditato, ad esempio due fratelli.

In tale evenienza può comunque accadere che una sola di esse assuma l'iniziativa, senza interpellare gli altri partecipanti alla comunione, di stipulare un contratto di locazione ad uso abitativo avente ad oggetto l'immobile comune.


Un solo fratello può stipulare un contratto di locazione per una casa in comproprietà


Qualora un contratto di locazione sia stato stipulato da uno dei due fratelli e successivamente si viene a scoprire che l'immobile appartiene in comproprietà a più soggetti può venire il dubbio che il comproprietario che non figura nel contratto possa non riconoscere come valida la locazione da lui non sottoscritta e pretendere il rilascio dell'immobile.

L'inquilino, in tali casi, si chiede lecitamente se il comproprietario non coinvolto possa vantare dei diritti nei suoi confronti e invalidare il contratto.

Ebbene, sulla base della legge e degli orientamenti giurisprudenziali in merito, l'inquilino può dormire sonni tranquilli poiché la locazione è validamente conclusa.

Come amministrare un bene in comune


Prendiamo come punto di riferimento quanto stabilisce il codice civile in materia di comunione all'articolo 1105 intitolato "amministrazione", in base al quale tutti i comproprietari hanno diritto di partecipare all'amministrazione del bene comune.

La norma, in particolare, prende in considerazione il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. Secondo tale disposizione gli atti di ordinaria amministrazione devono essere assunti previa delibera approvata a maggioranza semplice dei partecipanti alla comunione, calcolata secondo il valore delle loro quote.

La delibera così approvata è obbligatoria nei confronti della minoranza dei partecipanti.

Gli atti di straordinaria amministrazione, come disposto dall'articolo 1108 del codice civile, si possono compiere invece se sono oggetto di una delibera approvata con la maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune.

Il tutto sempre che tali atti non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti.

Non per tutti gli atti di amministrazione è sufficiente una maggioranza; è necessario infatti il consenso di tutti i partecipanti alla comunione per gli atti di alienazione (vendita, donazione), di costituzione di diritti reali sul fondo comune (usufrutto, servitù, ecc.) e per le locazioni di durata superiore ai nove anni.

Dunque, a seconda della tipologia di atto da compiere sarà necessaria una maggioranza semplice, qualificata o l'unanimità.

In sintesi, e come supportato dalla giurisprudenza della Cassazione, in caso di locazioni di durata ordinaria (non superiore ai nove anni) la stipula del contratto può essere oggetto di delibera approvata a maggioranza e non è pertanto necessario il consenso degli altri comproprietari in quanto ci troviamo di fronte a un atto di ordinaria amministrazione che non lede il patrimonio comune.


Stipula del contratto di locazione senza il consenso di tutti i comproprietari


Quanto detto finora presuppone che il comproprietario abbia quanto meno avvisato gli altri della propria volontà di affittare l'immobile per metterli in condizione di esprimere la propria volontà in merito.

Ma che succede nel caso in cui egli sottoscriva il contratto di affitto senza mettere gli altri comproprietari a conoscenza?

Non coinvolgendo gli altri partecipanti nella decisione di affittare casa si viola un loro diritto?

Affitto casa comproprietà - Getty ImagesAffitto casa comproprietà - Getty Images

A queste domande ha risposto la Corte di Cassazione fornendo un'interpretazione della questione piuttosto pragmatica. Sugli immobili in comproprietà, ciascun titolare ha pari poteri di gestione sulla cosa.

Se uno solo di essi compie un atto di ordinaria amministrazione senza interpellare gli altri si presume che agisca con il consenso degli altri partecipanti, a meno che non si provi una espressa e chiara volontà contraria da parte degli altri comproprietari.

Questo fa sì che l'atto compiuto produttivo di effetti e l'inquilino sarà al riparo da qualsiasi forma di opposizione manifestata da chi non è entrato formalmente a far parte del contratto.

È evidente l'intento di agevolare la circolazione dei beni e la disposizione giuridica degli stessi, anche quando appartengano a più persone, al fine di evitare che tale circostanza possa costituire un impedimento alla libertà di gestione degli stessi.

Viene tutelato così l'affidamento dei terzi e in questo caso dell'inquilino.

Il contratto è valido ed efficace e un eventuale dissenso degli altri manifestato successivamente non influisce sulla sua capacità di produrre effetti.

L'inquilino potrà continuare a godere dell'immobile senza temere di essere mandato via.


Casa in comproprietà e gestione di affari altrui


Nel dare il via libera alla stipula del contratto di locazione da parte di un solo comproprietario, la Corte di Cassazione afferma inoltre che nella fattispecie ci si trova di fronte ad un caso di gestione di affari altrui, disciplinato dall'articolo 2032 del codice civile.

Essa sussiste quando taluno, pur non essendo obbligato in forza di legge, compie atti di amministrazione di beni di cui altri hanno la titolarità, procurando a essi un vantaggio con il suo operato.

Con l'affitto della casa senza consenso altrui si pone in essere un atto di gestione dell'immobile in comproprietà dal quale anche chi non è stato direttamente coinvolto trae un beneficio a seguito della percezione della sua quota di canone.

Tutti i comproprietari godono degli stessi poteri di gestione e possono pertanto operare anche senza il consenso degli altri, agendo nell'interesse di tutti.


Canone di locazione per una casa in comproprietà


Il canone percepito dal comproprietario firmatario del contratto spetterà anche agli altri comproprietari e dovrà essere diviso in base alle rispettive quote. Ai sensi di quanto statuito dall'articolo 1101 codice civile ogni partecipante concorre nelle spese ma anche nei vantaggi, sempre in misura proporzionale alla quota spettante.

Ratifica contratto di locazione - foto Getty ImagesRatifica contratto di locazione - Getty Images

Quanto detto non significa che l'inquilino possa pagare nelle mani di uno qualsiasi dei comproprietari. Sul punto è pertanto necessario prestare particolare attenzione.

L'affitto deve essere versato unicamente al locatore il quale, in un secondo momento provvederà a ripartirlo in base alle quote degli altri proprietari.


Ratifica della locazione per la casa in comproprietà tra fratelli


Una possibilità riconosciuta ai comproprietari non firmatari dell'affitto, secondo quanto affermato dai Giudici Supremi nella citata sentenza a Sezioni unite del 2012 è quella di ratificare il contratto di locazione cui non hanno preso parte.

Tale facoltà conferisce loro il potere di riscuotere direttamente il canone di locazione, possibilità altrimenti a loro non riconosciuta. In mancanza di ratifica unico soggetto legittimato a incassare il canone è chi figura come locatore, il quale sarà il solo creditore.

Soltanto pagando all'effettivo creditore l'obbligazione di pagamento a carico dell'inquilino potrà dirsi estinta. Diversamente egli avrà male adempiuto.
Pagando nelle mani altrui non si è liberati dall'obbligazione.

La ratifica non richiede formalità particolari tanto che può essere manifestata verbalmente oppure tramite dichiarazione scritta.

A prescindere dalla ratifica, qualora gli altri comproprietari ritengano di aver subito un pregiudizio a seguito della sottoscrizione della locazione, resta fermo il diritto di ciascuno di chiedere il risarcimento dei danni subiti.

Ciò che è certo è che nessuno dei comproprietari può avviare azioni legali nei confronti dell'inquilino e per l'interruzione del rapporto di locazione, il contratto deve essere rispettato in ogni sua clausola.

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Casa in comproprietà tra fratelli: come funziona l'affitto
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  • Tarantino
    Tarantino
    Sabato 15 Giugno 2024, alle ore 15:38
    E se un gratello affitta la casa in comproprietà ad un suo figlio, magari con un canone di favore? È valido lo stesso?
    rispondi al commento
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