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Complice la crisi economica e la difficoltà nel pagamento mensile del canone di locazione non è del tutto infrequente che il proprietario di un immobile concesso in locazione non incassi il corrispettivo mensile dovuto dal suo inquilino.
Ha comunque sempre l'obbligo di dichiarare i canoni di locazione indipendentemente dall'effettiva percezione, al fine di pagare l'IRPEF dovuta sulla locazione.
Questo almeno fino a quando non interviene il giudice che adotta un provvedimento di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Ora però l'Agenzia delle Entrate cambia posizione prevedendo che il contribuente proprietario dell'immobile per non pagare l'IRPEF dovuta sul canone di locazione e le relative addizionali, non dovrà per forza aspettare la convalida di sfratto. Ma andiamo per ordine.
In base all'articolo 26 del Tuir, i canoni di locazione di immobili con destinazione di tipo abitativo devono necessariamente essere dichiarati dal proprietario, a prescindere dalla loro effettiva percezione.
Almeno fino a quando non si ottiene il provvedimento di convalida di sfratto per morosità del conduttore da parte dell'autorità giudiziaria.
Solo da quel momento, infatti, potrà non dichiarare i canoni di locazione non incassati e quindi non versare l'IRPEF con le relative addizionali dovute sui canoni stessi.
In sostanza, è prevista l'esclusione dei canoni non riscossi dal reddito complessivo in presenza delle seguenti condizioni:
-l'immobile risulta locato a uso abitativo;
- il conduttore dell'immobile risulta moroso rispetto ai canoni locativi;
- si è concluso il procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto.
Il Tuir prevede, inoltre, che per le imposte sui canoni di locazione venuti a scadenza e non percepiti, come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, è riconosciuto un credito di imposta di pari ammontare.
In pratica si può recuperare l'IRPEF pagata sui canoni non percepiti effettivamente dopo il provvedimento di convalida di sfratto, tramite il credito di imposta, usando cioè l'imposta pagata in eccesso per pagare altre imposte dovute.
Come far valere questo credito di imposta?
Si distingue a seconda se le parti si sono avvalse o meno del regime facoltativo della cedolare secca sugli affitti.
Nel primo caso, l'importo dell'IRPEF versata sarà determinato nella misura pari al 21% e spetterà di conseguenza un credito di imposta di uguale misura.
Se invece le parti non si sono avvalse del regime della cedolare secca, il proprietario deve procedere alla riliquidazione delle imposte versate effettuando una seconda dichiarazione senza tener conto però dei canoni di locazione che non ha incassato.
In particolare il credito può essere utilizzato in queste modalità:
- scomputandolo dall'lRPEF (o dall'lRES) dovuta in base alla medesima dichiarazione, compresi gli acconti. L'eventuale eccedenza può, inoltre, essere utilizzata in compensazione con il Mod. F24 ovvero può essere chiesta a rimborso;
- presentando agli uffici finanziari dell'agenzia delle entrate competenti, un'apposita istanza di rimborso per l'intero ammontare.
In una nota indirizzata ai suoi uffici periferici lo scorso luglio 2015, l'Agenzia delle entrate cambia la propria posizione in merito.
In particolare, l'Amministrazione finanziaria ora prevede che se il contribuente proprietario dell'immobile concesso in locazione, che non ha effettivamente percepito i canoni, riesca a dimostrare che il contratto di locazione è stato risolto e non ha percepito i canoni, l'Amministrazione finanziaria considererà corretta la sola dichiarazione della rendita catastale.
La prova dell'avvenuta risoluzione del contratto di locazione e della mancata percezione dei canoni può essere data ad esempio producendo una copia del provvedimento di convalida di sfratto per morosità.
Se invece la risoluzione del contratto avviene per una clausola risolutiva inserita nel contratto (ad esempio per mancato pagamento anche di un solo canone mensile), il proprietario non deve ricorrere all'autorità giudiziaria ma basterà produrre all'Agenzia delle entrate competente per territorio una raccomandata con ricevuta di ritorno con cui contesta l'inadempimento e manifesta la sua volontà di avvalersi della predetta clausola risolutiva.
In questo caso allora il contratto di locazione può dirsi concluso e il proprietario può non dichiarare, e non pagare, la relativa IRPEF insieme alle addizionali.
Occorre però prestare attenzione al dato temporale.
L'obbligo di dichiarare il canone di locazione viene meno dalla data del verbale di rilascio dell'immobile, ma se i canoni che il proprietario non ha incassato sono precedenti alla risoluzione del contratto di locazione continua ad applicarsi la possibilità di recupero tramite il credito di imposta spiegato poc'anzi.
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